lunedì 19 dicembre 2022

Pinocchio, Del Toro e il senso della vita

    Ci sono state e ci saranno sempre versioni cinematografiche di Pinocchio.
Così, a memoria e sinteticamente, ricordiamo lo sceneggiato televisivo di Comencini, con Nino Manfredi che inventa un Geppetto da pelle d’oca, Benigni con la sua strana commedia con i bambini interpretati da attori adulti, Disney con una indimenticabile versione a cartoni animati recentemente rifatta in un live action abbastanza inutile, Garrone con un film visivamente incredibile, dove stavolta Benigni è attore, è Geppetto, vero protagonista del film, favola sull’amore genitoriale . E “OcchioPinocchio” di Francesco Nuti, ambizioso progetto cinematografico dalla storia molto travagliata. Persino A.I. di Spielberg, basato su un progetto di Stanley Kubrick e soggetto di Ian Watson su un’opera di Brian Aldiss, è un’altra versione della fiaba di Collodi. E vi sono molte altre opere e personaggi ispirati al “Burattino senza fili”: il concept album di Edoardo Bennato, il film animato di Enzo D’Alò. E  lo straordinario libro “Contro Mastro Ciliegia”, un libro di teologia che capitolo dopo capitolo segue le avventure del burattino più famoso del mondo.
     Pinocchio fa parte della memoria collettiva, della cultura universale, in Italia e nel mondo. 
Ogni rilettura vuole descrivere il cammino  dell’ uomo verso il poter essere più umano, nel senso di dignità collegato a questo aggettivo e alla meraviglia che suscita l’esperienza umana. Forse anche l’ uomo del bicentenario di Asimov è un po’ Pinocchio. E Data, l’ androide di Star Trek Next Generation, quando parla delle sue aspirazioni col Comandante Riker, questi non può non appellarlo “Pinocchio”, per il suo desiderio di crescita, così simile a quel pezzo di legno che voleva diventare un “bambino vero”. 
Questo articolo vuole soffermarsi sull’ ultima versione cinematografica ispirata alla favola  di Collodi. Un capolavoro assoluto. A partire dalla  tecnica usata per realizzarlo fino alla storia del tutto sorprendente per essere ispirata a una fiaba che tutti conosciamo quasi a memoria.
   
Parliamo di Pinocchio di Guillermo del Toro (Guillermo del Toro's Pinocchio), un film d'animazione del 2022, diretto da Guillermo del Toro e Mark Gustafson, e  realizzato con la tecnica della stop-motion. 
    Per chi non lo sapesse , la  tecnica “stop-motion”, detta anche “animazione a passo  uno” o “frame by frame”  è una modalità di ripresa cinematografica e di animazione che “sfrutta una particolare cinepresa che impressiona un fotogramma alla volta, azionata dall'operatore/animatore. Con questo processo è possibile produrre cartoni animati, riprendendo composizioni di fogli lucidi oppure servendosi di pupazzi (fissi, snodabili, di plastilina, eccetera), (...); affinché la ripresa risulti fluida all'osservatore, sono necessarie molte pose; (...). Largamente utilizzato per la realizzazione degli effetti speciali nel cinema, a partire dal film Jurassic Park del 1993 è stato ormai quasi completamente sostituito dalla grafica computerizzata” (fonte:  Wikipedia  )Vuol dire che tutto ciò  che  vediamo  in questo film sono veri set, veri oggetti, e pupazzi.  Burattini senza fili come Pinocchio. Legno, silicone, cartone, mosso fotogramma per fotogramma (per un secondo di  film ci vogliono decine di fotogrammi) da animatori specializzati in questo lavoro. 
    Il film ha richiesto 15 anni per essere realizzato.  Guillermo Del Toro ha 
annunciato di voler realizzare una personale versione della favola di Pinocchio nel 2008, e il progetto ha subito rallentamenti (anche a causa dell’alto costo  di  realizzazione di un film  girato in stop-motion che concretizzasse ciò che aveva in mente il regista) fino ad essere abbandonato 5 anni  fa. Ma a mettere il  lieto  fine alla storia di questa opera d’arte ci ha pensato Netflix, che  nel 2018 ha acquistato i diritti del film, e oggi possiamo vederlo e  rivederlo sulla piattaforma di streaming. 

    Diciamolo adesso, per poi abbandonare l’argomento “immagine” riguardante quest’ opera. Il film, fotogramma per fotogramma è straordinario, eccezionale, mai visto, incredibile,  magnifico, favoloso, impressionante.  Luci, fotografia,  realismo delle scene pur fantastiche, fluidità  delle sequenze, sono quelle  alle quali Guillermo Del  Toro ci ha abituato, e non  c’è fotogramma che non porti il marchio del regista. Come avviene con Burton, Lasseter, Federico Fellini, Chaplin, Kubrick:  il fotogramma è il regista. Come quando la  tavola di  un fumetto è inconfondibilmente di un autore . 
     Ma qui lui si è spinto ancor di più, perché nella stop-motion, pur essendo  una  strada  più complicata della tecnica digitale, puoi veramente far sì che le cose e i personaggi siano come li immagini. Il passaggio dalla sceneggiatura allo storyboard fino alla realizzazione delle scene genera qualcosa che si può toccare, il rapporto tra animatore e pupazzo (o oggetto) è fisico.
    Ma in cosa questo film è innovativo? Perché  dovreste  andare a vedere l’  ennesimo Pinocchio  ?  Per una trama  rinnovata in maniera marcata rispetto al libro, per le nuove tematiche che  il film affronta, per  le nuove ambientazioni  storico-geografiche  (è ambientato nell’ Italia fascista tra le 2 guerre) che  creano un film formativo, per come narra i conflitti tra l’anima e la ragione elaborando la crescita dei protagonisti. Pinocchio, un incerto bambino che non conosce nulla del mondo, Geppetto un uomo che affonda la sua disperazione nell’ alcol, Spazzatura, una scimmia serva dell’ avido burattinaio Volpe. E il grillo parlante, Sebastian. Tutti cambieranno, e a cambiarli sarà Pinocchio. Un pezzo di legno trasformerà creature di carne, li renderà migliori all’  interno del cambiamento favorevole che la sua crescita comporta. 
    Come possa nascere  un film del genere lo troviamo nelle parole del regista: 
«Lui e Frankenstein sono i santi patroni della mia vita. L’ho ambientato negli Anni 30 del Fascismo: tutti marionette e lui no» . Che questo Pinocchio fosse la storia di genitori e di figli imperfetti e un percorso penetrante sul senso della vita e della morte, lo si comprende sin dalla prima scena: Geppetto piange la morte  del figlio Carlo (sì, si chiama come Collodi), e in un flashback vediamo come le bombe della grande guerra lo uccidono un giorno nel quale il figlio aiutava il padre nel suo lavoro, intagliare un Cristo di legno che dominava l’altare della Chiesa del paese. Passano anni di dolore immenso, Geppetto si lascia consumare dalla tristezza, e passano molti anni. L’arbusto accanto alla tomba di Carlo diviene un pino molto alto, Geppetto in un giorno di rabbia lo abbatte e lo porta a casa e inizia a creare in modo  imperfetto, asimmetrico (è ubriaco) un burattino di legno. 
    Tutto il film è narrato da un personaggio che conosciamo, il grillo parlante. Che in questo film è uno  scrittore che, dopo aver lavorato presso un avvocato ed avuto altri incarichi connessi allo scrivere, sceglie di metter su casa in un  anfratto tranquillo per poter scrivere le proprie memorie. Ma si imbatte in Geppetto, e assiste alla sua disperazione, e scorge anche una fata che gli affida il burattino, che lei sta rendendo vivo per pietà per Geppetto, ma esige che il grillo provveda a vigilare sul piccolo accompagnandolo nella crescita intellettuale e morale.
    Del Toro vuole collocare Pinocchio quasi come terzo capitolo di un'ideale trilogia iniziata con  La spina del diavolo e Il labirinto del Fauno, ambientati durante il franchismo, e usa come ambientazione  della favola il periodo fascista in Italia . Del  Toro dichiara, in una intervista al C. della sera, di aver voluto <<ricollocare la favola durante il momento storico del fascismo. È una storia di padri e figli, uno dei perni del fascismo è la figura paterna, il paternalismo come forma di dominio ed educazione all’uniformità e al conformismo. La nostra storia è costellata di padri e figli: Gesù Cristo in chiesa è figlio di un figlio che non vuole deludere il padre e che per questo viene crocifisso. Geppetto e Pinocchio, certo. E il personaggio del Podestà, il padre di Lucignolo. Diverse rappresentazioni di paternità, tenera e anche terribile. Per me era importante portare la vicenda in un momento della storia d’Italia in cui il potere pretendeva obbedienza assoluta. Sui muri c’era scritto Credere obbedire combattere ».
    E il burattino, nel film, lontano da certi Pinocchi disneyani sempre un po’ bravi ragazzi, è l’ emblema della disobbedienza . È l’anarchia contrapposta alla dittatura, ma è anche una creatura che fa un percorso dove inizia a comprendere il bene e il male, distinguere la libertà dalla schiavitù, e drammaticamente maturare il senso di giustizia.  Suggestivo è il viaggio della carovana dei burattini: Geppetto segue la tournée lungo tutta l’ Italia senza mai raggiungere Pinocchio. L’ ultima tappa è Catania, ma c’è di mezzo il mare; Geppetto chiede un passaggio per attraversare lo stretto di Messina a un tipo strano che ci  ricorda molto qualcuno (ma questa è un’altra storia), e viene inghiottito da un pescecane.
    La storia, quella vera, ci narra che nell’ agosto del 1937 Benito  Mussolini arrivò a Catania. Ma i libri non raccontano  che  il Duce era un appassionato del teatro dei burattini, e  in questo film  si fa accompagnare a vedere lo spettacolo di Pinocchio. L'’ irriverente burattino, divenuto allergico all’autorità per come il burattinaio tratta i suoi sottoposti e i burattini, allestisce uno spettacolino ad hoc per i fascisti, in particolare per Benito Mussolini. Lui e il fascismo vengono più volte accostati ad escrementi in una coreografia buffa e perfetta, una satira ferocissima diretta ai “fascisti di merda”. Attenzione: se fate parte di questa centenaria categoria ( i F.d.M., intendo) non andate a vedere il film, potreste rimanere offesi. Come di fatto si offende il Duce, ma non vi narrerò di più. E non pensate che vi abbia narrato troppo:  il film ha decine di cose  meravigliose: le figure simboliche della vita e della morte sono quelle che mi sono piaciute di più.

Concludo con le parole che pronuncia Guillermo Del Toro nel documentario sul backstage del film: “Quando ho iniziato a lavorare a Pinocchio, sapevo di volerne fare la mia versione, Non volevo realizzare un mero adattamento, volevo parlare di cose che mi toccavano profondamente. Molti miei film, in un modo o nell’altro, riguardano me  e mio padre  e questo non fa eccezione .(...) Di norma Pinocchio parla di  ciò  che il burattino impara, per poi  diventare buono e quindi un bambino vero. Il nostro Pinocchio non è così, lui cambia tutti grazie alla  sua  purezza. (...) Cambia tutti. E capisce chi è come essere umano. Il film ha superato le  mie  aspettative. È un film che avrei voluto vedere da bambino. È un film che vorrei vedere da adulto, è un film di cui vorrei parlare con la famiglia, con la possibilità di vederlo quando voglio dopo la prima volta, perchè si crea un legame intimo  tra lo spettatore e il film. Ogni volta che lo guardo mi piace  di più e spero sia così anche per il pubblico”


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