giovedì 13 giugno 2024

L' obsolescenza della ruota

 

    Il seguente racconto, vincitore del Premio OmegaShort 2023, è contenuto nella Antologia "Omega Short & Graphics 2", che contiene molti racconti fantastici e diverse opere grafiche. Potete acquistarla ai seguenti LINK: https://www.ultimoavamposto.com/omega-short-graphics-volume-2.html             http://www.stic.it/edit/stic_editoriale.html  .

    Aldo ripensava a quella mattina di un anno fa, quando si stava recando all’ appuntamento col direttore della sua azienda meditando, come al solito, sul suo continuare a non capire come ragionassero gli altri.  Era il responsabile informatico di una azienda che gestiva il noleggio dei monopattini della sua città, in particolare si occupava della App che gli utenti usavano per noleggiare i monopattini Frusk. Lui stesso aveva creato l’ applicazione, che era molto apprezzata; infatti la maggioranza dei clienti preferiva usare i monopattini Frusk piuttosto che quelli delle due società concorrenti perché era semplicissimo prelevare il mezzo, registrare quando lo si lasciava, pagare l’ utilizzo, sia con carta di credito che con addebito sul conto telefonico.

Non uscendo quasi mai la sera, Aldo aveva passato il tempo fuori dall’ orario di lavoro a perfezionare la sua App per i monopattini Frusk, che si trovavano a migliaia sparsi per la città. E, a quel tempo, migliaia erano i clienti con FruskApp installata nello smartphone, ma la concorrenza era forte. Ruote più grandi, freni sempre migliori, prezzi bassi, non si sapeva più cosa inventare per far preferire il noleggio di un monopattino Frusk, e il continuo miglioramento tecnologico dei mezzi e la manutenzione degli stessi era sempre più oneroso per l’ azienda. Fu così che, sera dopo sera, notte dopo notte, Aldo aveva elaborato la sua idea. Ci aveva messo quasi un anno, e quando la nuova App era pronta e collaudata, aveva chiesto un appuntamento al Dottor Chiacchinanni, il capo della Frusk .

“Mi dica, carissimo… carissimo… Ceci in scatola.”

“Aldo Piserchia”

“Piserchia carissimo, come va? Grande è la sommossa.”

Ambrogio Chiacchinanni, uomo alto ed elegante dagli occhi color indaco, era un uomo intelligente e capace,ma soffriva di un tic terribile, noto a tutti i suoi collaboratori, oltre che ai suoi familiari: dopo ogni frase pronunciata, proferiva un’ altra frase a caso. Bastava saperlo e la conversazione filava tranquillamente.

“Dottor Chiacchinanni, ho un upgrade notevole per la FruskApp. Ma stavolta volevo parlarne con lei perchè si tratta di qualcosa che cambierebbe molto l’azienda. Come minimo”.

“E che sarà  mai, Piserchia! La rosa punge.”

“Ha presente il meccanismo attraverso il quale il nostro cliente usa il monopattino? Inquadra il QR code del mezzo, e attraverso la geolocalizzazione…”

“Piserchia, venga al sodo, so benissimo tutto il processo. Arriva il momento della prova costume.”

“Ecco, dottore. La faccio breve. Col mio upgrade non c’ è più bisogno di monopattino”

“In che senso? Ballo sulle punte.”

“Il cliente apre l’App, si geolocalizza, imposta la destinazione, un punto qualsiasi della città, e viene trasportato istantaneamente nel punto dove voleva arrivare”. 

"Trasportato come? Rita si spoglia.”

“Trasportato attraverso un'onda che porta l'informazione in esso contenuta, in questo caso l’informazione è la massa corporea del cliente, per ricomporre la massa nel punto di arrivo”.

“Non ho capito. Il cognato ruba una sciarpa.”

“La App è connessa a un computer quantistico, le informazioni vengono…”

“Piserchia, ho visto anch'io il film dell’ esperimento del dottor K, pure il remake, La Mosca, e poi pure Star Trek. Lei sta parlando di teletrasporto. Il pompelmo rosa è solo una varietà del pompelmo giallo.”

“Sì, in effetti è quello: teletrasporto. Ma, per paura che interrompesse la conversazione, non l’ ho chiamato così”.

“Ma no, a questo punto la voglio sentire tutta, per farci due risate. Pongo arancione”.

“Il cliente avvia l’ App, imposta la destinazione…”

“Piserchia! Come è possibile? Mi sta prendendo in giro? Cade anche il pennarello.”

“Il computer quantistico costerebbe quanto una trentina di monopattini. Basta con l’acquistare, riparare, ricaricare monopattini. Sarà sufficiente aprire l’ App, impostare la destinazione…” 

“Lei mi sta prendendo in giro. Se è uno scherzo, ne ho abbastanza. Flipper rumoroso.”

“Non mi crede, vero? Allora scelga, o fa come si fa normalmente di fronte a storie incredibili, cioè restare increduli per lungo tempo o forse per sempre, o come si fa nelle narrazioni: i dubbi durano parecchie pagine nei romanzi, diversi minuti nelle serie televisive, alcuni secondi nei film, poche righe nei racconti. Ma io non voglio passare il mio tempo a cercare di convincerla, se la cosa le interessa ne parliamo seriamente, se no, davvero, faccia conto che era uno scherzo e non ne parliamo più”. 

“Me lo dimostri, Piserchia, ha l’ App del teletrasporto installata sul suo cellulare? Tagliatelle a colazione."

“Sì, ma il computer collegato è quello che ho a casa, non mi può spostare più di cento metri”

“Bastano, si teletrasporti dalla sedia dove sta seduto a quella poltrona in fondo, quella verde. Il vento spettina.”

“Troppo vicino, l’ App genera un trasporto minimo di cinquantasei metri. Per ora.

“Andiamo nell’ autorimessa, a quest’ora potrebbe non esserci nessuno. Zucchero sul mento.”

Fu nell’ autorimessa che Aldo dimostrò a Chiacchinanni cosa poteva fare la sua APP. Sì, in effetti era una smaterializzazione da un punto A con rimaterializzazione in un punto B impostato sull’ App.

“Come le è venuto in mente? Tintarella sicura.”

“Da tempo lavoravo a un apparecchio che eliminasse le macchine in doppia fila e, soprattutto, quelle parcheggiate sul passo carrabile del viottolo che conduce al mio garage. Il sistema prevede che, individuata l’ automobile da spostare, venga fatta una scansione attorno ad essa, nessuno (tranne me) deve osservarla in quel momento, esattamente nessuno deve osservarla da almeno otto secondi. Poi… PUF… l’automobile viene teletrasportata sul fondo del mare, in aperta campagna, dentro il sole…”

“Dentro il sole? Prato falciato.”

“Beh… in effetti questo era un sogno. Più che altro immaginavo queste cose per addormentarmi contento. In pratica spostavo le macchine anche di 90-95 metri. E dal garage mio fino al mare ci sono 40 metri, ci sono un po’ di auto, là sotto, a una cinquantina di metri dalla riva, dove l’acqua è profonda…”

“Profonda quanto? Geranio fucsia.”

“Non lo so. 35? 40?”

“Tutte quelle automobili che spariscono in città è opera sua? Quattro di quadri.”

“La maggior parte vengono ritrovate in campagna, nel boschetto dietro la ferrovia, anch’ esso a poche decine di metri dal mio garage. Ma sposto anche le macchine in doppia fila nelle altre parti della città, e le ritrovano in capannoni abbandonati, in fondo a un burrone, ma accade sempre meno…”

“Come mai? Combattiamo sul monte.”

“La gente rispetta i passi carrabili, sempre di più. Quasi nessuno lascia la macchina in doppia fila, ormai. Si è sparsa la voce che un ladro velocissimo sottragga in un baleno le macchine ipnotizzando i passanti.”

“E invece è lei con un suo apparecchio… Lauretta in lambretta.”

“A un certo punto ho capito che costruire un apparecchio ad altissima tecnologia solo per la mia soddisfazione di punire chi mi bloccava il passo carrabile o  rallentava la circolazione era una cosa da egoisti. Iniziai a lavorare a un'App capace di teletrasportare istantaneamente le persone da un luogo all'altro della città. Era una cosa piuttosto eccitante, era bellissimo lavorarci. Perciò iniziai a integrare i miei studi sul teletrasporto di autoveicoli a quello di esseri viventi che si spostano, che è appunto FruskApp. Solo che noi offriamo lo spostamento senza bisogno di monopattino.”

“E la gente non avrà paura di smaterializzarsi ? Di finire in una serie di calcoli, dove per una frazione di secondo non si è né alla partenza né all'arrivo, semplicemente non si è. Cacio e siepe.”

“La gente si abitua presto a salire su aerei che volano in aria, auto che sfrecciano come proiettili, vedrà che vorranno tutti la nostra APP. Cambieremo il modo di spostarsi nella nostra città.”

“Piserchia, lei potrebbe cambiare il mondo intero con questa sua invenzione. Sigaro toscano."

    Era bastato un anno e tutto non era più come prima. E lui, Aldo, era l’uomo che aveva rivoluzionato la vita del pianeta.

   No, nessuno si teletrasportava ancora con la Nuova App di Piserchia. La gente usava ancora  il monopattino usando la vecchia APP. Perché l’uso del teletrasporto alla portata di tutti era ancora impensabile a livello di sicurezza, era una rivoluzione non gestibile senza conseguenze imprevedibili. Come e quando usare questa tecnologia era al vaglio delle Nazioni. Con innumerevoli squadre di tecnici che studiavano versioni della stessa app con controlli migliori sul suo utilizzo.Ma il problema era che il mondo sapeva già tutto. Chiacchinanni, per avere più abbonamenti alla sua Frusk, aveva diffuso filmati e immagini che propagandavano l’arrivo della nuova tecnologia. E Piserchia era popolarissimo. Albert Einstein, Bill Gates, Steve Jobs, Elon Musk, Mark Zuckerberg, Aldo Piserchia.

    Essere popolari non significa essere universalmente amati. Moltissime persone aspettavano di poter usare la sua App, ma una parte dell’ umanità temeva i cambiamenti che questa avrebbe portato. Non vi era angolo del mondo dove non si discutesse di questa innovazione. Aldo non era pronto per questa popolarità, non sapeva come gestirla, in fondo lui voleva solo migliorare il modo di spostarsi in città e voleva ottimizzare i costi aziendali. “Sono solo un ragazzo normale che ama il suo gatto e programmava per hobby!”.

Ma dappertutto si descriveva un mondo stravolto, con compagnie di trasporto alla rovina, milioni di persone che perdevano il loro lavoro. Altro che monopattino!  Il futuro dell’automobile, del treno, persino dell’aereo era incerto. Che fare? 

          Aldo intraprese un  viaggio in incognito. Del resto, la sua ragazza lo aveva lasciato perché era divenuto intrattabile. E così cominciò a parlare con la gente, attraverso vari luoghi dove incontrava diverse persone influenzate dall’ idea che presto sarebbe stata disponibile a tutti la sua app. C’era chi vedeva nella App un modo per realizzare i propri sogni, Piserchia non immaginava quante vite erano tristi solo per un motivo: la distanza. Tra luogo di lavoro e casa. Tra genitori e figli emigrati. Tra innamorati residenti in città diverse. Ma c'era chi vedeva nella sua App la perdita del proprio lavoro nel mondo dei trasporti. E chi temeva che, così come sarebbe divenuto facile viaggiare, sarebbe divenuto facile sparire dopo aver commesso una cattiva azione. “Cavolo, io sono un inventore: significa che devo aiutare le persone che, come me, stanno cercando di realizzare qualcosa, ma che si trovano in difficoltà a causa delle loro carenze o della mancanza di conoscenze o di esperienza. Devo fare qualcosa! Devo migliorare questa App! Così non va!”

    E passò così un altro anno , Mentre programmava per migliorare l’App e renderla meno problematica, si era reso conto che l'App poteva fare molto di più che teletrasportare istantaneamente le persone da un luogo all'altro della città. Poteva anche teletrasportare le persone da un luogo e da un'ora a un'altra ora, e a un'altra ora ancora in un posto diverso, oltre a teletrasportarle da qui a lì, semplicemente. Era sempre stato affascinato dai viaggi nel tempo.

Condivise la sua idea con i suoi amici e a loro piacque molto! Avrebbero potuto viaggiare nel tempo a loro piacimento! Iniziarono a fare progetti e a discutere le possibilità di ciò che avrebbero fatto una volta arrivati a destinazione. 

Aldo era entusiasta di tutte le nuove possibilità offerte dalla sua idea: viaggiare nel tempo e incontrare persone di epoche diverse, ma poi accadde qualcosa.

    Era un giorno normale in città. Normale rispetto al giorno prima, ma non proprio tranquillo. Da mesi, oramai, due anni dopo il colloquio tra Aldo e Chiacchinanni, il teletrasporto cittadino era una realtà. Piccoli spostamenti, proprio come i monopattini. Qualunque altro tipo di spostamento era ancora appannaggio di auto, treni, pullman, elicotteri… Ma ancora una volta il mondo sapeva che presto ci si sarebbe potuti spostare per lunghe distanze. E anche che ci si poteva trasportare nel tempo… più esattamente nel passato e ritorno, non nel futuro. Questo perché Aldo, che non aveva idea di come i social fossero pericolosi, per cercare di conquistare l’affetto di chi lo detestava per aver inventato il teletrasporto, aveva annunciato come miglioramento della sua app il viaggio attraverso il tempo. Ciò aveva fatto letteralmente impazzire il pianeta. 

Aldo era seduto alla sua scrivania e stava lavorando a un'App per un cliente che voleva teletrasportare istantaneamente le persone da un luogo all'altro della storia organizzando tour guidati nei momenti topici del passato . Ma all'improvviso sentì qualcosa di strano: più esattamente smise di sentire qualsiasi cosa. Le sue mani avevano smesso di muoversi ed erano rimaste come congelate, come se tenessero una matita invece di scrivere codice. Era come se qualcuno si fosse impossessato del suo cervello e lo usasse per scrivere codice invece di comunicare con gli altri!

Alzò lo sguardo verso lo schermo, che si era trasformato in una schermata grigia e vuota, senza alcuna parola o grafica. Poi, all'improvviso, udì qualcuno ridere ad alta voce appena fuori dalla sua porta: qualcuno che non era presente quando aveva iniziato a lavorare al suo progetto all'inizio della giornata!

Si guardò rapidamente intorno e vide che non c'erano persone in vista: era solo lui in questo ufficio vuoto, senza nessun altro intorno! Che cosa significava? Era una specie di trucco o di scherzo? 

Ma poi lo vide: indossava una sciarpa di seta come la sua, ma il colore era rosso invece che blu. Aveva i capelli lunghi che gli ricadevano sulla schiena e un sorriso sul viso: sembrava si stesse divertendo. E quando si guardarono in faccia... beh, diciamo che fu una situazione da poter far venire un infarto. 

"Chi è?" chiese, posando la penna e dirigendosi verso la porta.

"Sono io", disse una voce alle sue spalle. "Il tuo io futuro".

"Oh!" Esclamò Aldo voltandosi di fronte al suo io futuro. "Cosa ci fai qui?".

"Sono venuto ad avvertirti di non creare applicazioni di teletrasporto", disse il suo io futuro. "Il mondo è nel caos a causa loro. Le persone sono spaventate e confuse, incerte sul da farsi. Non hanno idea di come risolvere i loro problemi e non sono nemmeno sicuri di volerci provare. I governi hanno fallito e la gente si è ripiegata su se stessa, cercando risposte in modo isolato piuttosto che insieme.Solo tu puoi impedire che questa follia continui per sempre, tu che l’hai causata”.

“Perché dovrei bloccare la mia invenzione? Tra l’altro sai benissimo che oramai è fatta, se proprio dovevi convincere il tuo te stesso del passato, dovevi andare un po’ indietro, prima che andassi da Chiacchinanni a presentargli la mia invenzione. Quando mi limitavo a far sparire qualche auto ferma sul passo carrabile…”

“Nell’ epoca dalla quale vengo i viaggi nel tempo sono limitati. Non puoi andare troppo indietro, ì governi hanno realizzato induttori di integrità modulare che inibiscono i flussi di portanza quantizzati…”

“...Usando i fasatori di intersezione commutata? La collimazione inerziale così potrebbe essere processata solo attraverso un derivatore di mantenimento reticolare!”

“Sì! È per questo che andrai tu a parlare col tuo te stesso per convincerlo a non creare l’invenzione più grandiosa della storia dell’ Universo dopo il gorgonzola!”

    Qualche tempo prima. Interno giorno. La versione più giovane di Aldo era confusa, si trovava a conversare con una versione più anziana di lui, che sosteneva di essere stata convinta da un altro se stesso ancora più vecchio , di non provare a  inventare il viaggio nel tempo e nello spazio con una App derivata dall’ applicazione per noleggiare monopattini. Così chiese maggiori informazioni. "Ma perché dici questo?", chiese. "Perché non potrebbe essere usato a fin di bene?".

"Non posso rispondere", disse la versione più anziana di Aldo. "È solo quello che mi è stato detto. Ascolta solo questo: per quanto i governi, acquistando ogni diritto su queste tecnologie, le stiano sigillando, con l’intenzione di usarle in operazioni militari top secret, prima o poi verrà fuori, perché il mondo sa già tutto.Sono te e sono orgoglioso del me che mi trovo davanti, hai in mano il modo per diventare l'uomo più importante del pianeta, ma siccome sei me, sto capendo di avere di fronte a me un uomo ben saldo ". Poi partì per parti sconosciute.

Aldo capì che era finita, la sua vita doveva prendere una non piega.

ODDIO! L’appuntamento di lavoro col Dottor Chiacchinanni, il capo della Frusk .

“Mi dica, carissimo… carissimo… Ceci in scatola.”

“Aldo Piserchia”

“Piserchia carissimo, come va? Grande è la sommossa.”

“Buongiorno, esimio dottor Chiacchinanni”.

“E allora… quali novità abbiamo per la nostra App? L’ estate non è autunno.”

“Alcuni… miglioramenti. Un timer per sapere quanto tempo durerebbe il viaggio in base alla velocità attuale e al livello della batteria. Un cicalino personalizzabile programmabile prima di partire. Una voce guida che avverte se ci sono buche e cerca di far evitare le strade non ben asfaltate”.

“Benissimo. E poi? Panifici chiusi.”

“E poi… niente. Queste cose non le piacciono?”

“Vanno benissimo, Piserchia. Le inserisca pure. Puffi e bistecche.”

“Si aspettava qualcos’ altro? Ha qualche idea che potrei sviluppare per migliorare l’ App?”

“Un bel comando per far volare il monopattino sopra le automobili… ah ah ah! Niente gravità! Mocassini fritti!”

“Ah! Ah! E magari il teletrasporto direttamente dall’ App !”

“Ah! Ah! Buona questa! I nastri squarciano l’abisso.”

    Aldo stava andando a casa ed era abbastanza triste. Aveva fatto quello che andava fatto. Più esattamente non aveva fatto ciò che un tempo pensava fosse la cosa da fare. Tutto quel lavoro sprecato. L’invenzione del secolo e non poterla divulgare! 

Vide parcheggiata sotto casa sua una grossa automobile con i vetri oscurati. Appena si avvicinò vide un signore molto elegante, molto alto, corpulento, scendere dall’ auto e avvicinarsi a lui. “Posso parlarle, signor Piserchia?”.

“Mi dica pure”

“Se sale in auto parliamo tranquillamente”

“Dove mi volete portare? Chi siete?”

“Piserchia, la faccio breve: abbiamo filmati e fotografie che dimostrano che alcune automobili si smaterializzano per ricomparire a qualche decina di metri. Accade da mesi. E nelle vicinanze c’è sempre lei che smanetta sullo smartphone”

“Ma… Ma… Chi è lei? Cosa vuole da me?”

“Non mi riconosce? Eppure non sono uno che passa inosservato…”

“Ma certo! Lei è…”

“Sì, sono io. Il ministro della difesa. Allora, sale in macchina e parliamo?”.

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Uomini che cadono sulla Terra

Questo articolo è stato pubblicato sul n.  31 di Fondazione SF Magazine (Novembre 2023) .

   
    L’uscita del telefilm L’uomo che cadde sulla Terra, l’anno scorso, su una piattaforma di
streaming, ci porta a porgere l’attenzione su questa storia magnifica che ha avuto diverse
incarnazioni. Da letteraria a cinematografica e televisiva, ma anche, come vedremo, teatrale-musicale.
    
    Il telefilm, che, a prima vista, dal titolo potrebbe sembrare l’ennesima versione allungata di
una storia già raccontata al cinema, come è frequente per le serie televisive, è invece un vero
e proprio sequel, dove un nuovo alieno piomba sulla terra con la missione di continuare la missione del precedente viaggiatore.
Tutto nasce dall’opera letteraria di Walter Tevis. Questo autore statunitense ha scritto sei romanzi, tre sono divenuti dei film di successo (Lo spaccone con Paul Newman e George C. Scott, e il suo seguito Il colore dei soldi, diretto da Martin Scorsese, e L’uomo che cadde sulla Terra, con protagonista David Bowie), e, molto dopo la morte dello scrittore, avvenuta nel 1984, fu realizzata la miniserie La regina degli scacchi, andata in onda nel 2020 in una piattaforma televisiva, con grandissimo successo.
    
   
L'uomo che cadde sulla Terra (The Man Who Fell to Earth)
è un romanzo di fantascienza del 1963 scritto da un autore che non ha scritto altri romanzi di fantascienza. Vi si narra di un extraterrestre che giunge da solo, in incognito, sulla Terra, prendendo il nome di Thomas Jerome Newton, con l’intento di portarvi gli abitanti del suo pianeta, devastato dalle conseguenze di guerre a base di armi nucleari.        L’energia a disposizione del pianeta alieno era sufficiente per mandare un solo essere su una sola navicella, il suo compito sarebbe stato quello di creare la possibilità di realizzare grandi astronavi sfruttando le risorse della Terra. E per questo motivo doveva divenire ricco e potente, e il mezzo per farlo era la sua conoscenza di tecnologie a noi sconosciute, con scoperte scientifiche altamente
innovative. Newton crea quindi una società con la quale spera di raccogliere centinaia di milioni di dollari, ma incontra diverse difficoltà, a partire dalla sua struttura fisica che deve sopportare la gravità terrestre superiore a quella del suo pianeta, ai sospetti che crea la sua capacità di calcolo e la provenienza delle sue invenzioni, e, soprattutto, al farsi coinvolgere da abitudini terrestri, dall’uso di alcolici al coinvolgimento sentimentale. Finirà per essere sottoposto a esperimenti, data la sua natura fuori dal comune, e i suoi occhi verranno danneggiati da uno di questi esperimenti. La sua missione non potrà essere terminata, non gli resterà che mandare al suo pianeta, Anthea, un messaggio attraverso l’incisione di poesie recitate, sperando che un giorno la radio le trasmetta, e che sua moglie e gli abitantidi Anthea un giorno le ascoltino.

    Il film L'uomo che cadde sulla Terra diretto da Nicolas Roeg nel 1976 è un adattamento cinematografico del romanzo. La trama principale del film segue abbastanza fedelmente
quella del libro, ma il film appare più drammatico e surreale, ed è molto incentrato sulla
psicologia del personaggio e sul suo disagio dovuto alla sua “alienità”. In questo la scelta
dell’attore protagonista, la star della musica David Bowie, fu azzeccatissima. La sua presenza scenica aveva colpito il produttore esecutivo, che suggerì a Roeg di prendere in considerazione Bowie per la parte dell’alieno. Bowie era noto per il suo stile musicale e visivo rivoluzionario, l’alieno in cerca di salvezza per il suo pianeta morente era una parte perfetta per lui.

    Il libro e il film sono sicuramente dei punti di riferimento nella fantascienza. Entrambi
sollevano la problematica del rapporto col diverso, che in quegli anni era profondamente
sentito sia a livello politico e nei rapporti tra le nazioni, sia a livello della società, che stava
cambiando repentinamente. Bowie era uno dei simboli di questo cambiamento, e, quando gli venne proposto il film accettò con entusiasmo di far parte del progetto, in quanto fan del romanzo di Tevis, poiché si sentiva affine al personaggio di Newton.
    Quello del pianeta morente era un film legato ai tempi. Libro e film ci narrano di un
pianeta di provenienza devastato, ma il protagonista viene dilaniato da ciò che sulla Terra genera decadenza, inimicizia, sospetto, avidità, sete di potere. Resta un “uomo che
cadde sulla Terra” disilluso, che ha rinunciato alla sua grandiosa missione, che ha fallito lasciandosi travolgere da ciò che genera i fallimenti dei terrestri.

    Prima di trattare del telefilm, vorrei farvi sapere che esiste un altro seguito alternativo all’opera di

Tevis, ed è opera dello stesso David Bowie. Nel 2015 il grande artista adattò alcune delle sue canzoni più celebri per un’opera rock che scrisse in collaborazione con il drammaturgo irlandese Enda Walsh. Il musical Lazarus, che ci presenta il Newton bloccato sulla Terra che avevamo visto alla
fine del film, invecchiato e prigioniero dell’alcol, ma con un incontro che può dargli speranza. La prima rappresentazione di Lazarus, con lo stesso Bowie come protagonista, ha avuto luogo il 7 dicembre 2015 al New York Theatre Workshop di Manhattan: quella è anche stata l'ultima apparizione pubblica di Bowie, che sarebbe scomparso appena un mese dopo (il 10 gennaio 2016). Esiste anche una versione italiana dello spettacolo, che fu portato sulle scene da Manuel Agnelli nella parte di Newton/Bowie.
    L’ esistenza dell’opera teatrale Lazarus ci svela quanto fu importante e definente questo personaggio per il grande musicista e attore, che lo elesse così a sublime rappresentanza delle afflizioni dell’uomo moderno. Lazarus viene considerata l’opera-testamento di Bowie, il regalo d’addio di David Bowie al
mondo.

    Il protagonista del telefilm, Faraday, è, nell’ incipit, il capo di una potente multinazionale tecnologica. Ma in un flashback scopriamo il suo arrivo, il suo nascondere l’aspetto alieno, il suo modo
di procurarsi denaro (che riprende fedelmente le tecniche narrate nel libro di Tevis, come se questo fosse il protocollo standard di Anthea per iniziare ad adattarsi alla Terra). Faraday (interpretato da Chiwetel Ejifor) giunge quindi, dopo Newton, per tentare di nuovo la missione del predecessore, e per prima cosa deve cercare la scienziata Justin Falls (Naomie Harris), la quale sembra esser caduta in disgrazia dopo aver perso tutto. Faraday la trova, e le
rivela che ci sono due pianeti da salvare, Anthea e la Terra, e che lei è quella che può fare
la differenza. Incontreranno anche un invecchiato Thomas Newton (Bill Nighy), che
torna a esser parte così della missione alla quale credeva di non poter più appartenere.
    A riprova del legame creatosi tra l’opera  di Tevis e la personalità artistica del suo interprete
cinematografico, ogni titolo di puntata del telefilm è il nome di una canzone di David Bowie
collegata con la trama di ogni puntata. L’analisi che segue necessita di
un’ALLERTA SPOILER in quanto svela la trama delle puntate della serie
televisiva.
    - Hallo Spaceboy: L'episodio introduce il personaggio di Faraday, un alieno che arriva sulla
Terra con una missione segreta, proprio come nella canzone del 1995 di Bowie, in cui si parla
di un astronauta solo e disilluso. 
    - Unwashed and Somewhat Slightly Dazed: Faraday si adatta alla vita terrestre e inizia a
lavorare con un avvocato per brevettare le sue invenzioni. La trasgressiva e sconcertante
canzone del 1969 di Bowie racconta di un giovane ribelle che si sente estraneo alla società.
    - New Angels of Promise: ecco Justin Falls, una madre single e brillante scienziata che Faraday assolda per essere aiutato nel suo progetto spaziale. La canzone del 1999 di Bowie parla di una nuova generazione di eroi che sfidano il destino. “Take us to the edge of time” (Portateci al limite del tempo”) invoca Bowie, come Faraday chiede a Falls di dare una possibilità alla sua missione. Da brividi la frase “I’m a blind man and she’s my eyes” (io sono cieco e lei è i miei occhi) che si adatta perfettamente alle trame delle opere e ai personaggi coinvolti.
    - Under Pressure: Faraday e Justin affrontano le difficoltà e le minacce che ostacolano
il loro piano, mentre iniziano a provare dei sentimenti l'uno per l'altra. La canzone del
1981 di Bowie e dei Queen (la paternità del brano è discussa da anni) esprime la tensione
e l'ansia della vita moderna. “Why can’t we give love that one more chance?” (Perchè non
diamo all’amore un’altra possibilità?)
    - Moonage Daydream: Vediamo il passato di Faraday e il motivo della sua missione: salvare la sua famiglia e il suo pianeta Anthea, ormai morente. La canzone del 1971 di Bowie parla proprio di un alieno: “I’m the space invader, I’ll be a rock ‘n’ rollin’ bitch for you. Keep your mouth shut” (Sono l’invasore spaziale, sarò una puttana del rock’n’roll per te).
    - Changes: Faraday e Justin assumono false identità per sfuggire ai nemici che li inseguono, mentre cercano di completare la loro missione. La canzone del 1971 di Bowie celebra la capacità di adattamento e trasformazione dell'essere umano.
    - Cracked Actor: Ed ecco Thomas Jerome Newton, l’altro alieno arrivato sulla Terra molti anni prima. La canzone del 1973 di Bowie descrive la vita decadente e fittizia di una star del cinema.
    - The Pretty Things Are Going to Hell: Newton tradisce Faraday e lo consegna ai suoi nemici, che vogliono sfruttare la sua tecnologia per scopi malvagi. Il titolo si riferisce alla canzone del 1999 di Bowie che è una denuncia della corruzione del mondo contemporaneo.
    - As the World Falls Down: Faraday riesce a fuggire dalla cattura e a raggiungere Justin, che lo aiuta a lanciare la sua navicella spaziale verso Anthea. Il brano del 1986 di Bowie canta l'amore tra due persone in un mondo che sta crollando. “A love that will last within your heart, I’ll place the moon within your heart” (Un amore che durerà nel tuo cuore, metterò la luna nel tuo cuore).
    - The Man Who Sold the World: L'episodio finale mostra come Faraday, raggiunta Anthea, scopre che il suo pianeta è stato salvato da una misteriosa fonte di energia, mentre sulla Terra scoppia una guerra nucleare causata dalla tecnologia rubata a Newton. Il titolo si riferisce alla canzone del 1970 di Bowie, in cui si riflette sull'identità e il senso della vita.

    La strada della fantascienza si incrocia più che mai con le altre forme d’arte (cinema, TV,
teatro, musica) come in poche altre opere, nella storia inventata da Tevis. La serie non
ha attualmente la conferma per una seconda stagione, ma gli ultimi anni ci hanno insegnato che per le opere di fantasia il “mai dire mai” è d’obbligo. Attendiamo ancora gli uomini che cadono sulla Terra, e la speranza che stavolta Anthea possa salvare il nostro pianeta.
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domenica 4 febbraio 2024

I senzaSanremo

   
    Siamo in quei giorni nei quali dobbiamo assistere ai proclami di coloro che ritengono utile informare il mondo, attraverso ogni mezzo, che loro non assisteranno in TV alla trasmissione delle serate del Festival di Sanremo.
    Alcuni ci tengono a precisare che non hanno mai visto il Festival, non capiscono perché si parli del Festival, e probabilmente sono convinti di distinguersi da un popolo di mediocri (che disprezzano) che si autoinfliggono la visione di uno spettacolo infimo.
    Chi mi segue sa che, anche quando parlo di letteratura, cinema o costume, trovo sovente naturale il dover passare attraverso il testo di qualche nota canzone, ritenendo le suggestioni provocate da alcuni brani di musica leggera utili per sottolineare un concetto. E mi viene, da sempre, naturale pensare che la comune conoscenza di motivi musicali che mi piace immaginare arrivino a tanta gente, costituisca una parte non irrilevante di quella "cultura pop" che avvicini la gente alla bellezza e che tutto ciò sia la porta per la conoscenza di buona arte di ogni tipo e di ogni livello, con quell' apertura mentale necessaria a migliorare l'umana convivenza.
    Spesso sono tentato di approfondire lo straordinario potere della canzonetta e il fatto che esista una miriade di brani che dice molto al cuore dell' uomo e alla sua mente, ma non troverete in questo articolo la trattazione di ciò. Sarà (io lo spero) per un'altra volta.
    Stavolta parliamo del Festival di Sanremo, e lo facciamo a partire da quelli che non lo guardano e ci tengono a precisare di non aver dedicato mai il loro tempo a fruire della manifestazione giunta quest' anno alla 74esima edizione. Parliamo di coloro che chiameremo "I SenzaSanremo".

GIOTTINO SALVAMAIO
     Giottino crebbe senza mai aver visto il mare, grazie ai genitori che ne vollero preservare lo stato emotivo, temendo che la visione di una qualunque città costiera lo avrebbe portato a non apprezzare del tutto Perugia. Purtroppo, nonostante abbia oramai più di 50 anni,  non ha ancora visto Perugia.
    Ha recentemente affermato, commentando un post su Facebook di un raffinato intellettuale: "Non so cosa possa esserci di spensierato e allegro nel Festival di Sanremo, ma non l'ho mai visto", mentre commentava su un altro profilo di un boomer che aveva fotografato la propria colazione: "Non so come facciate a bere il caffè e dire che vi piace, ma del resto non ho mai bevuto caffè".  Giottino, purtroppo, non ha mai visto la performance di Pierangelo Bertoli a Sanremo, insieme al gruppo Tazenda, quando, nel 1991 cantarono a Sanremo il brano "Spunta la Luna dal monte". La canzone si piazzò al quinto posto della classifica finale ed è l'unione del brano sardo "Disamparados", scritto da Luigi Marielli,  con quello in italiano firmato dallo stesso Bertoli, che poi inciderà individualmente nell'album "Italia d'oro".
    Il brano, connubio mirabile di due canzoni, ricevette la "Targa Tenco", e vendette circa 1.500.000 copie.  Il testo originale è la descrizione di un paesaggio della Sardegna in cui la Luna sorge da dietro le montagne e in cui si vedono bambini poveri che giocano in un prato, i disperati, in lingua sarda "disamparados". Il testo in italiano non si discosta da questo paesaggio crepuscolare. 
     L' interpretazione di Andrea Parodi, il cantante dei Tazenda, unita alla poesia di uno dei più bei brani scritti da Bertoli, infiammò il Teatro Ariston. Qualcuno indica la standing ovation che seguì quel brano l'applauso più lungo della storia del Festival di Sanremo.

DIBBLASA LUCANZI
    Impegnata quasi ogni mattina a inoltrare informazioni false ricevute su Whatsapp, ma delle quali
intuisce l'urgente necessità di essere divulgate senza che il verificare la veridicità della notizia potesse rallentarne la diffusione, si reca al lavoro, un ufficio dove tutti sono ipocriti, cattivi e arrivisti. Come nell' ufficio prima e nell' ufficio prima ancora. Il capo, come i precedenti,  non la capisce; e i suoi colleghi, nelle pause, a febbraio, parlano del Festival di Sanremo. Questo è per lei il peggior periodo dell' anno; ascoltare commenti su cose banali come le canzonette, e su personaggi vuoti come i cantanti, gente che non ha un vero lavoro. Lei, mentre colleghi e colleghe parlano di Umberto Tozzi o Fiorella Mannoia, legge i libri sulla morale cristiana e la dottrina spirituale, consigliati da persone colte che ne raccomandano l' acquisto. Li scarica gratis da internet nei siti pirata e si premura di mandare il link per diffondere la cultura, lo studio della morale cristiana, della dottrina spirituale, e della pirateria editoriale. Purtroppo non ha mai assistito a un'altra storica standing ovation al Festival di Sanremo, quando Renato Zero si esibì, sempre nel 1991, con il brano "Spalle al muro", scritto da Mariella Nava. La canzone divenne nota anche con il titolo "Vecchio", parola più volte ripetuta nel brano, che descrive il lento declino dell'età ed in particolar modo la critica che la gioventù "moderna" fa all'anzianità. L' emozionante interpretazione di Zero, nel sottolineare con durezza la poca considerazione che si ha della persona non più giovane, è intensamente drammatica e resta uno dei punti più alti della sua carriera. 

CONGERIO FRACCAPANE
    È difficile intrattenere con Congerio una conversazione su qualunque argomento, lui ti guarda con pena per la tua non consapevolezza di saperne meno di lui e, più che una costruttiva discussione potrai ottenere un mix di slogan stantii e velato bullismo. Non ha mai visto il Festival di Sanremo e disprezza anche le canzoni che travalicano i confini della kermesse. Peccato. Ultimamente si proclama fan di Fleximan, il distruttore di Autovelox, in quanto, secondo lui, "Non si guida per trasferirsi da un posto all'altro, (prendi l'autobus), ma per provare emozioni..." e "Pensatela come volete,  il mondo è bello per questo, è una piccola guerra anche questa: stai con gli occhi sbarrati cercando o aspettando l'autovelox e appena lo superi hai una sensazione di freschezza e libertà". Ma le sensazioni di freschezza e libertà del desiderare emozioni forti fu descritta (anche se con poco successo in quel palco, la canzone in questione giunse tra gli ultimi posti) da Vasco Rossi nel brano "Vita Spericolata", presentato in gara nel 1983. Il testo era di Vasco, la musica di Tullio Ferro. 


VENANZIA VENALLIDL
    La musica , secondo Venanzia, è un mezzo per facilitare le funzioni cognitive, emozionali, fisiche, sensitive. Attraverso la musica ci si può incontrare, ma la musica deve essere quella che dice lei. Profonda, elevata. In altre parole: noiosa. E introdotta da 35 minuti di (sue) disquisizioni sul brano. Per lei il mondo ha smesso di fare belle canzoni da decenni, non ascolta mai le radio che possano trasmettere un disco recente, dove per "recente" si intende tutto ciò che è avvenuto dallo scioglimento dei Beatles. Ama parlare delle canzoni dedicate alla Madonna, ma lei non la chiama mai così: per lei è "La Gerosolimitana". Dicono che la Madonna volesse fare una sua nuova apparizione per urlarle: "Non voglio essere chiamata così! Sono la Vergine Maria! Tu sei di Chieti, vorresti che tutti ti chiamassero "La chietina?". Le canzonette di Sanremo sono l'antitesi della sua concezione di Musica, secondo lei la musica deve toccare l'anima, e a Sanremo, lei pensa, ciò non può accadere.
    Nel 2003 (ma Venanzia non può saperlo) la cantante Giuni Russo tornò al Festival di Sanremo dopo trentacinque anni, con il brano "Morirò d'amore", scritto molti anni prima con Maria Antonietta Sisini e Vania Magelli; gli archi furono scritti dal maestro Stefano Barzan, mentre l'arrangiamento era di Franco Battiato e di Roberto Colombo. Il brano si classificò al 7º posto, ricevendo il premio per il miglior arrangiamento. La cantante si esibì sul palco dell'Ariston priva di capigliatura e con il capo coperto da una bandana, segno dei trattamenti terapeutici dovuti a una  malattia.


MANLIO PILLENI.
     Sale sull' aereo per Catania tutto da solo e canta a squarciagola per tutto il volo "Alè Catania, alè Catania, Bastardo Rosanero, Alè Alè..." Ho anche il filmato girato da mia figlia, se volete. Ha quindi una concezione del legame tra il suo rozzo inno (L'espressione attraverso la canzone) e la sua grande passione, la squadra calcistica del Catania. Ciononostante, considerando che il gruppo di tifosi che frequenta usano annualmente guardare assieme la finale del Festival di Sanremo, lui si accoda, ma, durante tutta la serata, non guarda il festival, non ascolta nessuna canzone, e, nei momenti nel quale non parla di calcio, canta  (non mentalmente, purtroppo) "Alè Catania, alè Catania, Bastardo Rosanero, Alè Alè..." .  Nel 1990 Ray Charles partecipa al Festival di Sanremo insieme a Toto Cutugno con il brano Good Love Gone Bad/Gli amori. Si trattò di un'interpretazione delle più riuscite e intense, probabilmente perché unica e irripetibile: il brano, infatti, non venne mai inciso.

    Non finirebbe qui, l'articolo. I momenti memorabili della storia del Festival sono tantissimi, e i soggetti che li hanno evitati e hanno intenzione di dribblare ogni altra occasione di emozione artistica che potrebbe scaturire da quel palco sono molti di più. Vivono in mezzo a noi, vivono senza quel "Perché" indefinito che a loro non dice nulla, ma che a noi dice tanto. Non puoi spiegarlo, puoi solo scandire, con un coro che ti attraversa la mente: "Perché Sanremo è Sanremo". 
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Ogni riferimento a fatti, persone, cose realmente accaduti o esistiti è da considerarsi puramente casuale, frutto dell'immaginazione dell'autore. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali,  è del tutto casuale.
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