martedì 17 ottobre 2023

"Non dirgli mai", ovvero IL MMG & LO SPECIAL

     

    Introduzione lampo: se andate a una visita da un medico specialista (da qui in poi chiamato SPECIAL) e vi riconoscete, da pazienti, in una di queste situazioni, STATE facendo del male al vostro MMG (Medico di Medicina Generale, Medico di Assistenza Primaria, Medico di Famiglia, , è ERRATO chiamarlo Medico di base). 
    Ad esempio, se andate dal vostro MMG con le analisi o altri accertamenti di vostro marito o di vostro figlio maggiorenne che va in vari ambulatori a eseguire controlli ma poi a chiedere un parere  dal MMG ci andate solo voi, cosa impossibile da fare recandosi da uno SPECIAL,  state solo perdendo tempo. Lo fanno la stragrande maggioranza di coniugi e genitori. Il MMG non può dare consigli sullo stile di vita, spiegare che controlli bisogna fare a un parente che torna poi a casa dicendo:
 "Il dottore ha detto di non fumare e mangiare meno cibi grassi"
"MMMMhh... Mi hai portato le Marlboro? Mi fai le patate con lo speck e la tuma?"

Dal MMG.
"Pronto, Dottore, posso avere un appuntamento domattina alle 11 per farle vedere le analisi?"
"No, Signora, può venire alle 11.30, alle 11 ho un' altro appuntamento".
"Ma non posso venire prima?
"No, Signora"
"Allora vengo oggi"
"Signora, oggi ho tutto prenotato. Se non può venire domani alle 11, visto che si tratta solo di guardare le sue analisi, venga dopodomani..."
"Vengo adesso?"
"Sto visitando altre persone. Venga domani"
"Vengo domani all'apertura dello studio? Prima delle altre persone?"
Dallo SPECIAL.
"Pronto, posso avere un appuntamento col Dottore?"
"Tra quattro mesi e mezzo alle 6 e mezzo di mattina".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".

Dal MMG.
"Dottore, mi serve il Piano Terapeutico del farmaco per il diabete. Lo SPECIAL mi ha detto che può farlo anche lei"
"OK, prendiamo appuntamento per..."
"Mi serve subito, ho solo tre pillole"
"Quindi domani va bene. Mi porti le analisi?"
"Ma è in studio? Non può farmelo oggi?"
Dallo SPECIAL.
"Pronto,  mi serve il Piano Terapeutico del farmaco per il cuore, quello che può fare solo lo Special".
"I piani terapeutici li rinnoviamo un martedì sì e uno no, solo se non gioca il Milan, se nella settimana non c'è un festivo e se non piove, dalle 10.30 alle 11.45. Massimo 8 utenti. Consigliamo di venire a prendere il posto mettendosi davanti alla porta prima delle 5 di mattina".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".

Dal MMG.
"Dottore, mi serve  un certificato per avere quell'agevolazione che le dicevo.."
"OK, sono 35 euro + IVA"
"Ma come, lo devo pagare? No, la prego, non me lo faccia pagare, suvvia, dottore che le costa?
"35 euro"
Dallo SPECIAL.
"Dottore, mi serve  un certificato per avere quell'agevolazione che le dicevo.."
"Sono 100 Euro. Non posso fare oggi la fattura perché non mi funziona il comefosseantani".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".

Dal MMG.
"Dottore, mi DEVE scrivere queste analisi scritte dallo SPECIAL".
"Non c'è il nome suo o di nessuno, non c'è la diagnosi, non c'é neppure la data, non c'è il timbro, o forse c'è ma senza inchiostro... Ma cosa? Non si capisce cosa ha scritto. Greantimentemia, sfarfilosi, antartca completa, esame del vurfh, Panellitaro B e F, garretereo, multiversoland, garfagnana, bifemorismo, pastrello"
"Ah, se non vi capite tra voi dottori..."
Sempre dal MMG.
"Dottore, ha messo i codici giusti? Ha messo l'esenzione? Questi due esami, mi raccomando, in due ricette diverse. La diagnosi l' ha messa? L'esenzione dove è scritta? La diagnosi dove è scritta? L'esenzione dove è scritta? La diagnosi dove è scitta? Ha scritto tutto? Ha messo i codici giusti? L'esenzione è in tutte le richieste? La Vitamina D c'é?"

Dal MMG
"Dottore, è possibile che una persona, per parlare col proprio medico debba trovare occupato 20 minuti di seguito?"
Dallo SPECIAL.
"Siete in linea per il Sevizio Prenotazioni. Non riagganciate per non perdere la priorità acquisita. Risponderemo entro 285 minuti..."
"Grazie, grazie, grazie, ho preso la linea, che bello, grazie".

Dal MMG.
"Ecco la sua ricetta per andare dallo specialista. Mi raccomando, lo specialista fa parte del Servizio Sanitario Nazionale e deve prescrivere lui stesso gli esami da fare, gli accertamenti, i farmaci da prendere, NON deve mandarla da me per prescrivere richieste e ricette che DEVE prescrivere lui. Se le dice di andare dal MMG e le dà un elenco di cose da farmi trascrivere, sta commettendo una omissione. Chiaro?"
"Chiaro!"
Sempre dal MMG.
"Dottore, lo SPECIAL mi ha detto che mi DEVE scrivere la risonanza, la TAC, l'ecografia, la visita cardiologica con l'elettrocardiogramma, queste 59 analisi, 12 radiografie, questi accertamenti segnati con la X e una visita di controllo"
"Sono tutte cose che doveva scrivere lui, cosa le le avevo detto?"
"Sì, ma mi ha detto che le analisi non le poteva comefosseantani carta sistema computer mastanicomanito, che la risonanza tarapia tapioco con la stampante soppaltata, e tutto il resto con lo scappellamento a destra".

Dal MMG.
"Dottore, mi deve fare le ricette per queste medicine che ha scritto lo SPECIAL"
"Sono tutti integratori; li deve acquistare"
"Ma lo SPECIAL ha detto che erano farmaci mutuabili"
"E te pareva..."
"Ma allora le devo pagare? Non può fare che..."
"Non lo dica"
"Dicevo, non si potrebbe..."
"La prego. Non lo dica. Chiudiamo qui la conversazione. Vada direttamente in farmacia con la ricetta degli integratori prescritti dallo SPECIAL. Chiudiamola qui. Buongiorno:"
"Volevo solo chiederle se..."
"Non lo chieda. È una frase inutile. Me la eviti. La prego. Non la dica. Buongiorno."
"MA NON MI POTREBBE PRESCRIVERE DEI PRODOTTI MUTUABILI CHE SONO COME QUESTE COSE CHE HA PRESCRITTO LO SPECIAL?"
"AAAAAAAAAAAAHHHHH!!! L'HA DETTO!!!! L'HA DETTO!!! AAAAAAAHHHHH!"

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Dello stesso autore, e sullo stesso argomento, 
 troverete in questo BLOG :

   Radioaspirina , 

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sabato 22 luglio 2023

Il trentunesimo giorno - recensione al caldo (45° all'ombra)

   
    Il mondo della letteratura distopica, per chi la frequenta da molti anni, ha subito un cambiamento. Per chi ne scrive e per chi ne legge. Se tre anni fa ci siam trovati a dover portare un’autocertificazione per uscire di casa, se si moriva per aver stretto una mano o ascoltato un colpo di tosse, se ascoltavi un TG con numeri di morti impressionanti, a causa di qualcosa di invisibile che domani avrebbe potuto cogliere te (osservate il mio diario scritto all’alba dell’1 aprile 2020 qui), le immagini di un mondo che cambia improvvisamente a un tratto è passato dall’essere un esercizio di immaginazione collocabile nel puro fantastico, al prendere forma di una distorsione dell’esperienza. Lo era anche prima, ma adesso forse lo è di più. Il romanzo Contrappasso (qui la mia recensione del libro di Andrea Delogu) o il film Siccità (qui le mie impressioni sull’ opera di Virzì) sono narrazioni di un riadattamento della vita in base a un evento che sconvolge l’ ambiente, così come lo è il romanzo di Dario Tonani “IL TRENTUNESIMO GIORNO”, uscito poche settimane fa.
    Dario Tonani, scrittore italiano che da più di 30 anni sforna libri di forte immaginazione diffusi in molte nazioni, dopo anni dedicati alla saga fantastica di Mondo9 ( https://www.dariotonani.it/mondo9/ ), processa lo sconvolgimento globale di fronte ad eventi catastrofici e drammatici in un romanzo unico, fuori da saghe e universi già narrati. 
   La storia parte, nel prologo, da due figure in un mondo ancora apparentemente normale, piove ininterrottamente da due giorni, un’istantanea di una coppia elegante e misteriosa. I loro gesti e le loro parole saranno un riferimento importante, ma lo scopriremo andando avanti. 
  Il pianeta è afflitto da una pioggia torrenziale ininterrotta da diverse settimane, è un disastro globale. Le nubi avvolgono il mondo, alluvioni e alterazione del clima devastano tutto, milioni di persone muoiono a causa di questo diluvio, si lotta per la sopravvivenza ma… può anche andar peggio. Può accadere che al trentunesimo giorno di pioggia inizino a diradarsi le nubi, e alcune forme appaiano in cielo. Sono i cadaveri della gente morta e non seppellita da quando è iniziato il lungo nubifragio. Di fronte a tale fenomeno inspiegabile, si propagano paura, congiure, follie, violenza. E queste salme che fluttuano in cielo sono un problema gravissimo per la salute di un pianeta già afflitto da un mese di pioggia. La soluzione da adottare sarà il reclutamento di squadre addette a tirali giù, con modalità che richiederanno particolari abilità.
   La storia principale ha pochi personaggi, e i protagonisti sono due: la giovanissima Evelyne, acrobata di un circo che oramai è distrutto, e Alvaro, un uomo di mezza età con un passato di ladro. 
   Nei libri e nei film dedicati a una catastrofe la cronaca delle avventure riguarda la storia di un piccolo gruppo di persone, in questo caso assistiamo principalmente a ciò che accade a un gruppo di personaggi tra la Lombardia e luoghi ad essa non distanti. Ma spesso, guardando un disaster movie con una famiglia dove il babbo cerca di salvare moglie e figli, ci chiediamo come se la stiano cavando nel resto del pianeta. Dario Tonani inframezza l’azione principale con microracconti (scritti in corsivo) ambientati in Germania, Francia, Singapore, e diversi altri luoghi, dalla Svezia a Lampedusa. Piccoli gioielli di narrazione. Sono una delle preziosità di questo libro, segnalo la novella ambientata in un centro commerciale di Boston, dove un bimbo chiede un gelato alla mamma.
   Il libro è molto scorrevole, pieno di una sapienza dello scrivere che Tonani padroneggia, consapevole che, chiedendo al lettore una certa sospensione dell’incredulità, non può chiedere anche il destreggiarsi tra discontinuità, cose non dette, salti di narrazione. Quando il piacere della lettura deve purtroppo confrontarsi con poco tempo da dedicare ad essa, si alza l’asticella. Un libro deve intrigare, affascinare, non mettere troppa carne al fuoco, non essere difficile da affrontare come un’impresa accademica. Almeno per me, deve essere intrattenimento. E nella letteratura fantastica bisogna assolutamente evitare il “vale tutto”, che, a mio parere affligge diversi film, telefilm, narrazioni letterarie, che abbandono senza pietà perchè la vita è breve. 
   In particolare Dario Tonani in questo libro, da uno spunto fantadistopico, riesce a tirar fuori un romanzo con una vena thriller, un’altra horror, e anche azione con colpi di scena. La prima caratteristica, il thriller, forse la parte indispensabile per aggrovigliare veramente l’attenzione, è legata al fatto che in un mondo brulicante di cadaveri fluttuanti possono saltar fuori delitti e indagini da compiere. La seconda vena, l’horror, per alcuni è difficile da digerire, in quanto invischiata in una ipocrisia di fondo che vuole dimenticare quanto l’orrore faccia parte del nostro quotidiano, quanto la morte riguardi tutti, quanto i nostri corpi decadano e quanto marciscano dopo la dipartita. L’orrore è sempre parte di una narrazione onesta, a partire dall’impiccagione di Pinocchio e dal lupo che inghiotte la nonna di Cappuccetto Rosso per poi essere squartato per recuperare la vecchia, resistente ai succhi gastrici della belva. La parte più difficile, secondo me, è “l’azione”. La nostra mente è sempre più abituata a vedere le scene di lotta e combattimento, o di pericolo nel precipitare o correre per fuggire, nei film o nelle serie TV. Già composte per i nostri occhi. La lettura deve comporre queste scene a partire da ciò che lo scrittore descrive, la sua trasposizione in parole è un compito arduo per rendere fluida l’azione, veloci i colpi di scena pur dovendoli descrivere con minuzia. In questo libro ho trovato tutto questo, e ne sono grato all'autore. 
    Procuratevi questo volume, perfetto come lettura per le vacanze, ma anche per villeggiatura della mente nei giorni di fatica. Buona lettura.


giovedì 8 giugno 2023

E se il teletrasporto diventasse un' APP sullo smartphone?

         
Sabato 13 Maggio 2023, presso il Palacongressi di Bellaria,
si è svolta la premiazione del Concorso Omega Short & Graphics all’interno della StarCon Italia. Trovate tutte le informazioni in questa pagina 

dove si parla del racconto vincitore,

L'OBSOLESCENZA DELLA RUOTA, scritto dal curatore di questo Blog.
    Il racconto fanta-umoristico parla del teletrasporto e delle implicazioni della sua invenzione.
L'Antologia "Omega Short & Graphics 2" contiene molti racconti fantastici e diverse opere grafiche. Potete acquistarla ai seguenti LINK:


Siete pronti per "Omega 2024"?

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sabato 15 aprile 2023

Messina caput mundi

   
[Questo articolo è candidato al "PREMIO ITALIA 2023" come "Articolo su pubblicazione amatoriale"]

“Sarebbe come, una mattina, svegliarsi ed essere a Messina” cantava Roberto Vecchioni in una canzone del suo album del 1973 Il re non si diverte, intitolata Messina. Con quel brano il cantautore lombardo volle descrivere con una metafora “quel senso d'insicurezza, quel sentirsi fuori posto che molti proverebbero svegliandosi all'improvviso in un luogo estraneo, contrario alle proprie abitudini. Così come Messina avrei potuto dire Sidney 
(sic) o New York”, come lui stesso ha scritto nelle note del disco.
    L’anno prima, da lettore di fantascienza siciliano, mi trovai a provare la sensazione opposta. C’era qualcosa di familiare in un volume in edicola: Messina era nel titolo italiano di un numero di Urania, I condannati di Messina di Ben Bova (Urania n. 601 del
17 settembre 1972).  La spiegazione del titolo italiano del volume (in origine intitolato Exiled from 
Earth
, letteralmente Esiliati dalla Terra) la troviamo sul retro di copertina del volume della 
collana che all’epoca era curata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini: “Farà piacere ai nostri lettori siciliani sapere che in un futuro più o meno lontano Messina è destinata a diventare sede del
supergoverno mondiale. La città, certo, non sarà più la stessa. Torri e palazzi fantascientifici domineranno lo stretto; uomini dotati d'immenso potere e carichi d'immense responsabilità guarderanno pensosi verso la Calabria; e celebri scienziati di tutto il mondo si ritroveranno, sbigottiti, a Messina, trasportati qui con le buone e con le cattive insieme alle loro famiglie. Una gravissima decisione è stata presa al più alto livello: ancora una volta la scienza sta per mettere in pericolo mortale non solo la società ma l'umanità stessa. E la scienza deve essere messa in condizioni di non nuocere. L'ordine spietato (o pietoso?), necessario (o criminale?) partirà da Messina”. 

    Per noi siciliani che a quel tempo eravamo ragazzetti divoratori della collana, ma anche per tutti quelli che dopo si sono ritrovati ad avere per le mani quel piccolo volumetto, fu una doppia sorpresa: non solo il nome di una città a loro familiare compariva nel titolo di 
un romanzo di fantascienza ma, per di più, nel romanzo la città era addirittura la capitale dell’intero pianeta!
    Lessi quel romanzo e, da allora, ogni volta che mi reco a Messina, la contemplo per qualche 
istante capitale del mondo.
Ecco come la descrive il romanzo:
    "C'era poco da vedere di Messina Antica. La città originaria, con le sue vecchie chiese e le case di un bianco abbagliante sotto il sole violento della Sicilia, era stata inghiottita dalle torri di vetro e metallo del governo mondiale, un complesso che comprendeva uffici, centri per congressi, alberghi, edifici residenziali, negozi e quartieri di divertimento, destinati ai cinque milioni di uomini e donne cui era toccato in sorte di governare gli altri venti miliardi di abitanti, sparsi per tutto il pianeta. [...]
    Se non altro siamo riusciti a salvare parte della città vecchia, pensò [il Presidente]. Era stato uno dei suoi primi successi, in politica mondiale. Una cosa minima; comunque, lui aveva contribuito a 
contenere la crescita di Messina Nuova, prima che questa soffocasse e inghiottisse del tutto la città 
antica. Da quasi trent'anni, ormai, il nuovo centro aveva mantenuto le stesse proporzioni. Al di là 
delle imbarcazioni da pesca allineate nel porto, lo stretto brillava nel sole, invitante. Più lontano, 
c'era la punta dello stivale d'Italia, la Calabria, dove i contadini conservavano ancora l'antica fierezza. E, oltre le alture velate e azzurrine della Calabria, luccicanti sotto il calore, l'azzurro più intenso del cielo era troppo luminoso per potervi fissare lo sguardo."


Il romanzo I condannati di Messina (Exiled from Earth, 1971), fu pubblicato per la prima volta sulla rivista Galaxy Science Fiction in due puntate uscite nei numeri di gennaio e febbraio del 1971, per essere poi ristampato nell'ottobre dello stesso anno in un volume unico in 
edizione paperback ed essere, quindi, pubblicato in Italia sul n. 601 di Urania nel 1972 nella traduzione di Bianca Russo. Si tratta del primo volume di una trilogia che prosegue con L'astronave dei ventimila (Flight of Exiles, 1972), pubblicato in Italia nel 1977 sul n. 720 
di Urania nella traduzione di Angela Campana, e End of Exile (1975), mai pubblicato in Italia come volume a sé, ma contenuto, nella 
traduzione di Beata Della Frattina e con il titolo Ritorno dall’esilio, nel volume n. 9 della collana Biblioteca di Urania, intitolato L’astronave dell’esilio e pubblicato nel 1981, che contiene l’intera trilogia così come era stata raccolta per la prima volta in volume negli Stati Uniti nel 1980 sotto il titolo The Exile Trilogy.

    L’autore, Ben Bova, al secolo Benjamin William Bova, nacque l’8 novembre 1932 a Filadelfia, in Pennsylvania. Iniziò a pubblicare alla fine degli anni 50, scrivendo oltre 120 opere. Nel 1971 divenne curatore della rivista Analog, ruolo che ricoprì dal 1972 al 1978 e, in seguito, del mensile Omni fino al 1981. Scrisse anche per la TV e il cinema. Suo è il romanzo THX 1138 (THX 1138, 1971), Urania n. 776,  trasposizione letteraria del primo lungometraggio diretto da George Lucas, uscito in Italia con il titolo L'uomo che fuggì dal futuro.  Altri suoi romanzi pubblicati in Italia sono: Il presidente moltiplicato (The Multiple Man, 1976), Urania n. 714; La prova del fuoco (Test of Fire, 1982), Urania n. 960; I guardiani del mondo (Peacekeepers,1988) ), Urania n. 1227; Sogno mortale (Death Dream, 1994), Urania n. 1314. 
    Oltre all’Astronave dell’esilio, Bova scrisse molte altre saghe (tra le quali ricordiamo Watchmen, Orion, Kinsman, Moonrise), nessuna delle quali purtroppo è stata pubblicata per intero in Italia. Solo il ciclo degli esiliati è fruibile per intero dai lettori italiani. Come curatore di antologie, Bova vinse per sei volte il Premio Hugo, dal 1973 al 1977 e nel 1979. Fu presidente della Science Fiction Writers of America e presidente emerito della National Space Society. Morì il 29 novembre 2020 a Naples, in Florida, per ictus e complicazioni da COVID-19.

     Da anni ci chiediamo “Perché Messina? Per quale motivo proprio la bella città siciliana è 
stata designata da un autore americano come capitale del pianeta in questa serie di romanzi?”. La motivazione non è indicata all’interno della trilogia, ma possiamo pensare che il suo cognome, Bova, diffuso nel meridione d’Italia, indichi origini italiane dello scrittore. Nel 2014, in vista di una mia conferenza all’Aetnacon (la convention siciliana della fantascienza e del fantastico) nella quale
avrei parlato di quest’opera, non trovando in rete informazioni a riguardo, decisi di contattare direttamente l’autore attraverso il suo sito ufficiale. Ben Bova mi rispose a stretto giro di posta elettronica:

    Caro Francesco Spadaro,
ho fatto di Messina la capitale del mondo principalmente per un mio 
capriccio, sebbene la mia ascendenza sia calabrese. 
C’è una città chiamata Bova sulle colline e un porto chiamato Bovalino fu costruito dopo la seconda guerra mondiale. 
Ciao, Ben Bova


        È quindi a Messina che, nel primo volume  della trilogia, il Governo Mondiale prende una decisione drastica: sacrificare 2000 scienziati per salvaguardare la vita e il futuro di 20 miliardi di persone. Questi scienziati sono a 
vario titolo coinvolti in progetti che, attraverso la manipolazione genetica, potrebbero portare alla creazione di una genìa di superuomini. Il loro esilio su un’isolata stazione orbitale sembra la scelta obbligata per frenare le conseguenze dello sviluppo e delle applicazioni dell’eugenetica. Gli scienziati decidono però di trasformare la stazione in un’astronave generazionale e di partire verso Alfa Centauri alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare.
   
Nel secondo volume, ambientato circa cinquant’anni dopo la fine del primo, la popolazione dell’astronave è più che raddoppiata, ma si scopre che il pianeta simile alla Terra individuato nei pressi di Alfa Centauri è in realtà inadatto alla vita umana. Viene trovato un nuovo possibile mondo abitabile nel sistema di Epsilon Indi e l’astronave intraprende un nuovo viaggio di altri cinquant’anni verso questa nuova meta.

    Il terzo volume è ambientato diverse generazioni dopo la conclusione del precedente. 
L’astronave è popolata da ragazzi che non conoscono le proprie origini e non sanno usare le macchine della nave. La storia di 
questi giovani che devono “ricominciare da zero” nello spazio profondo è molto interessante e Bova conclude la trilogia in uno scenario completamente diverso da quello iniziale, creando quasi una storia completamente nuova e indipendente dalle vicende 
precedenti, tanta e tale è la perdita di informazioni da parte dei protagonisti.
   
    I tre romanzi sono molto diversi l’uno dall’altro: l’autore ci offre gruppi di protagonisti sostanzialmente differenti e situazioni del tutto diverse, a segnare come il passare dei decenni operi un cambiamento di scenari e 
persone. Non date retta a chi definisce questa saga come “per ragazzi”. Il fatto che i protagonisti dell’avventura finale siano degli adolescenti non vuol dire che la storia debba rientrare nel genere “young adult”; anzi, lo sguardo su ogni capitolo della vicenda è compiuto e maturo. Se inizialmente si parte incuriositi da un titolo italiano insolito, perché pone la città dello stretto come capitale mondiale, ci si trova poi di fronte a una saga affascinante, 
dove la vicenda dell’astronave generazionale è trattata in modo originale. E soprattutto ci troviamo a riflettere, attraverso queste storie, 
sulle implicazioni dell’ingegneria genetica, un tema che la fantascienza ha colto in tutte le sue possibilità e conseguenze non appena questo è stato definito in ambito scientifico.

    Il concetto di ingegneria genetica fu introdotto, infatti, dal biologo statunitense Rollin Douglas Hotchkiss nel 1965, per designare l’insieme delle tecniche volte a trasferire nella struttura della cellula di un essere vivente alcune informazioni genetiche che altrimenti non avrebbe avuto. E il primo passo concreto di tali tecniche di manipolazione dei geni è stato certamente la scoperta degli enzimi di restrizione, per la quale Werner Arber, Daniel Nathans e Hamilton Smith ricevettero il Premio 
Nobel per la Medicina
nel 1978.

    Come abbiamo già detto, il primo dei romanzi di Bova è del 1971 e, negli anni precedenti, 
era già stato preceduto, ad esempio, dalla storia narrata in Spazio profondo (Space Seed), episodio della prima stagione della Serie Classica del telefilm Star Trek trasmesso per la prima volta negli Stati Uniti il 16 febbraio 1967, appena due anni dopo le prime definizioni accademiche ufficiali sull’argomento!        Nell’episodio, l’astronave Enterprise guidata dal Capitano James T. Kirk incontra un gruppo di
potenziati, persone modificate geneticamente per essere dei veri e propri superuomini, spinti dalla loro ambizione a cercare di dominare il mondo e fuggiti dopo che il resto dell’umanità si era ribellata e li aveva sconfitti nel corso delle guerre eugenetiche. Il loro capo, Khan Noonien Singh, cerca di impadronirsi dell'Enterprise ma, dopo varie peripezie, viene sconfitto da Kirk, che lo esilia insieme al suo equipaggio sul pianeta Ceti Alpha V.  L’episodio ha avuto un seguito e una conclusione 
nel film Star Trek II – L’ira di Khan (Star Trek II: The Wrath of Khan, 1982), nonché un successivo reboot all’interno del cosiddetto kelvin-verse della saga, nel film Into Darkness – Star Trek (Star Trek Into Darkness, 2013).
    Da notare come in entrambe le storie, sia in Star Trek che nella saga di Ben Bova, l’esilio
viene utilizzato come strumento risolutivo, ma con finalità diverse: nel telefilm per porre 
riparo alle conseguenze dell’ingegneria genetica, che tendono a sfuggire al controllo degli 
esseri umani; nell’opera letteraria, invece, a scopo preventivo, affinché non si possano 
verificare le condizioni che porteranno allo sviluppo di quella tecnologia e alle sue conseguenze sulla collettività terrestre.
     
    Un altro particolare interessante nello sviluppo narrativo del tema della manipolazione 
genetica nell’opera di Bova e nella fantascienza successiva è dato dalla presenza di Grande 
George
, un gorilla senziente capace di parlare, nel laboratorio segreto degli scienziati del romanzo 
I condannati di Messina. Un'idea molto simile la ritroveremo nel personaggio di Caesar, lo 
scimpanzé che crea la società di scimmie intelligenti nel reboot della saga cinematografica de Il pianeta delle scimmie, la trilogia di film L’alba del pianeta delle scimmie (Rise of the Planet of the Apes, 2011), Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie (Dawn of the Planet of the Apes,2014) e The War – Il pianeta delle scimmie (War for the Planet of the Apes, 2017). In questa saga, l’evoluzione degli scimpanzé e la guerra tra questi e gli esseri umani nascono da un esperimento di genetica su scimmie di laboratorio volto a sconfiggere il morbo di Alzheimer.
In tutte queste connessioni tra letteratura, televisione e cinema di ieri e di oggi non c’è niente di strano. Quando ci ritroviamo a scrivere di saghe fantascientifiche è facile ritrovare molte cose “già viste” o che ce ne ricordano altre. Rammentiamo sempre che, spesso, in quei casi, abbiamo davanti quella che all’epoca era una nuova idea, e che ciò che genera mirabolanti saghe nell’immenso mondo della narrazione, nelle sue molteplici forme, ha dei silenziosi archetipi nascosti tra volumi oggi impolverati.
    
    Cinema, letteratura, televisione, scienza… è o non è questo l’intreccio che ci fa amare la fantascienza in generale? E, in fondo, svegliarsi una mattina ed essere in Sicilia non è davvero male: è un’esperienza fantastica, sia o no l’isola il centro del mondo conosciuto
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Questo articolo è pubblicato nel numero 30 di Fondazione Science Fiction Magazine. La fanzine (114 pagine di articoli, racconti, fumetti) può essere richiesta scrivendo a fondazionesf@gmail.com .
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lunedì 2 gennaio 2023

La distopia dell' acqua

     

    La  domanda che ci siamo posti  in  questi anni di pandemia è se la crisi, le privazioni, il  lockdown,  la  malattia, le perdite, ci abbiano reso migliori o peggiori, o se l'umanità in fondo resti sempre la stessa; se l'abitudine, l'oblio, ci rendano più aridi; se le prove della vita ci insegnino ad apprezzare  ciò che conta veramente.
    Queste  domande pervadono l'opera  cinematografica "Siccità" di Paolo Virzì, presentato fuori concorso alla 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia,  distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal 29 settembre 2022 ed attualmente disponibile a  noleggio su  Sky  ed altre piattaforme televisive ( https://www.justwatch.com/it/film/siccita ).
    E  quindi il film "Siccità"  di Paolo  Virzì esiste! I fan di  "Una pezza di Lundini" sanno di cosa parlo, visto  che per mesi l'attrice Emanuela  Fanelli si  vantava  di essere in questo film, e la gag-tormentone era l'espressione di Valerio Lundini che manifestava  dubbi  a riguardo. Gag portata  agli estremi quando  Virzì, ospite dell'ultima puntata, tace quando la Fanelli gli chiede di dire che il film "Siccità" non è una fandonia.
    "Siccità" è  allo stesso tempo una commedia corale e un distopico dramma, dove ogni scena  chiede agli attori di essere divertenti e inquietanti, comici e tragici.

    Virzì narra le vicissitudini di diversi personaggi in una Roma oppressa da moltissimo  tempo da una gravissima siccità che ha ridotto al minimo le riserve di acqua. Assistiamo alla vita  dell'Urbe con acqua razionata, scarafaggi sparsi ovunque, ed il Tevere completamente asciutto.  La struttura  di quest'opera (varia  umanità  inserita  in  un momento di  crisi  quasi apocalittica) rievoca il film "Il giudizio universale" di Vittorio De Sica,  su  soggetto e  sceneggiatura  di Cesare Zavattini.  In  quel film del 1961,  accade  che  una voce annunci dal cielo «Alle 18 comincia il Giudizio Universale»,  e l'annuncio si ripete con sempre maggiore frequenza.  Varia umanità reagisce in  modo diverso alla prospettiva di questa annunciata fine del mondo. Fra tutti i personaggi ricordo in modo particolare il  mediatore nella  compravendita  di bambini, interpretato da Alberto  Sordi. 

     In una Roma inaridita, invasa dalla paura e da una stanca emergenza, veniamo a conoscere Antonio,  interpretato da Silvio Orlando,  un  uxoricida che da tanto tempo è rinchiuso nel carcere di Rebibbia  e non immagina né forse desidera una vita fuori di galera.  Può accadere che viva una  incredibile  avventura senza che lui abbia fatto nulla per cambiare la sua situazione?

     Tra le strade assolate della capitale Loris, interpretato da Valerio Mastandrea, guida un'auto a  "noleggio con conducente"; si intuisce che un tempo era stato l'autista di un importante uomo politico. Adesso  Loris sta male, e conversa coi suoi fantasmi: i suoi genitori, il suo ministro...  Ha una figlia che suonerà a un concerto importante, ma accadrà qualcosa che ci porterà a vedere una delle scene più dolci e commoventi che un film come questo, grottesco e amaro, possa mostrarci. Con una straordinaria Claudia Pandolfi, che interpreta un medico che si  sente  inaridire...  

     E c'è Max Tortora, con  un personaggio che davvero sembra uscire da  un film di V.  De Sica e  C. Zavattini, o L. Comencini. Ed Emanuela Fanelli, brava come non mai, che interpreta la figlia di un ricco proprietario  di  un hotel di lusso. A lei  Virzì assegna una parte sorprendente, massima espressione del fatto  che sia un film con diversi personaggi negativi o positivi allo stesso tempo.  Come  il  Professor  Del Vecchio, interpretato da Diego  Ribon,  lo  scienziato che dalla  nicchia  delle aule universitarie si trova alla ribalta come esperto in  TV,  situazione che è divenuta a   noi familiare in questi ultimi tre anni.  Al punto che non ci sembrerà per nulla assurdo vedere quest'uomo non abituato alla popolarità mediatica, invitato a una cenetta intima da una famosa affascinante attrice, Valentina, una specie di Monica Bellucci.  Interpretata  da Monica Bellucci. Da segnalare anche Tommaso Ragno, che interpreta un attore in  difficoltà  aggrappato  alla  visibilità sui social, ed  Elena Lietti, la moglie che lui trascura tutto preso dal suo nuovo ruolo di influencer.

    I film  come  questo,  film corali  dove   si  intrecciano le storie di vari personaggi  attorno a una situazione generale, si trovano di fronte a una difficile mancanza di una figura di spicco. Il regista deve trovare  allora  qualcosa  che funga da protagonista. Sarebbe  noioso andare al cinema per sentirsi  appena raccontare di crisi climatica,  infezioni, crisi energetica. Ne abbiamo abbastanza dalla cronaca, purtroppo. Il  film è una scommessa vinta perché a far da protagonista è la contrapposizione tra la precarietà di ogni cosa (il nostro corpo, la situazione economica, la pace, la stabilità sociale...) e la capacità di interagire con il reale che ogni uomo ha fino all' ultimo respiro, fino all'ultima goccia  d'acqua. Se non credessimo in  questa  "forza dell' essere" nessuno scriverebbe storie come questa, o avrebbe ancora voglia di  vedere la rappresentazione di una distopia, specie quando la sofferenza, la povertà, la guerra, sono sotto gli occhi di tutti. Eppure c'è il bisogno di raccontare e di veder raccontare questa sfida. La fantasia alza l'asticella della  prova  alla  quale  l'uomo è sottoposto, i maestri della fantascienza narrano questa visione, a quel punto si  passa  il confine tra l'ordinario  e lo  straordinario. Che è dato non dal prodigio tecnologico o alieno, ma da una vittoria umana di fronte alla precarietà delle cose della vita. L'avidità, la guerra, il tradimento, presenti in queste narrazioni come purtroppo  in una realtà come la nostra, si contrappongono all'amore, all'amicizia, alla fiducia nel bene e  alla speranza "nonostante tutto". Un  finale del quale è bene non vi  dica  nulla conferma che ci troviamo di fronte a un grande film. Lo voglio rivedere. Spero che  porti a casa un bel po' di David, perché è un film fatto bene. Si sappia che la post-produzione per raffigurare una Roma arida col Tevere in secca è durata mesi,  perché il film, pur distopico, apparisse realistico più che apocalittico. La sigla finale è una scelta significativa: "Mi sei scoppiato dentro  il  cuore", brano cantato  da  Mina e scritto da Bruno Canfora e Lina Wertmüller, è una canzone d'amore che  per forza  è  un inno alla vita. 

    Possiamo pensare che sia appena il ritratto di un mondo in difficoltà, ma il paradigma dell'acqua è invece l'espediente per raccontare come l'uomo ha qualcosa dentro di sé che emerge solo quando la spiazzante mancanza di ciò che dava per scontato lo mette davanti al suo vero io.  Il passato recente, il drammatico presente, il futuro distopico, attraverso "siccità" sono riuniti  in  una  raffigurazione che si sintetizza in una domanda: "Di cosa ha veramente sete l'uomo?"


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lunedì 19 dicembre 2022

Pinocchio, Del Toro e il senso della vita

    Ci sono state e ci saranno sempre versioni cinematografiche di Pinocchio.
Così, a memoria e sinteticamente, ricordiamo lo sceneggiato televisivo di Comencini, con Nino Manfredi che inventa un Geppetto da pelle d’oca, Benigni con la sua strana commedia con i bambini interpretati da attori adulti, Disney con una indimenticabile versione a cartoni animati recentemente rifatta in un live action abbastanza inutile, Garrone con un film visivamente incredibile, dove stavolta Benigni è attore, è Geppetto, vero protagonista del film, favola sull’amore genitoriale . E “OcchioPinocchio” di Francesco Nuti, ambizioso progetto cinematografico dalla storia molto travagliata. Persino A.I. di Spielberg, basato su un progetto di Stanley Kubrick e soggetto di Ian Watson su un’opera di Brian Aldiss, è un’altra versione della fiaba di Collodi. E vi sono molte altre opere e personaggi ispirati al “Burattino senza fili”: il concept album di Edoardo Bennato, il film animato di Enzo D’Alò. E  lo straordinario libro “Contro Mastro Ciliegia”, un libro di teologia che capitolo dopo capitolo segue le avventure del burattino più famoso del mondo.
     Pinocchio fa parte della memoria collettiva, della cultura universale, in Italia e nel mondo. 
Ogni rilettura vuole descrivere il cammino  dell’ uomo verso il poter essere più umano, nel senso di dignità collegato a questo aggettivo e alla meraviglia che suscita l’esperienza umana. Forse anche l’ uomo del bicentenario di Asimov è un po’ Pinocchio. E Data, l’ androide di Star Trek Next Generation, quando parla delle sue aspirazioni col Comandante Riker, questi non può non appellarlo “Pinocchio”, per il suo desiderio di crescita, così simile a quel pezzo di legno che voleva diventare un “bambino vero”. 
Questo articolo vuole soffermarsi sull’ ultima versione cinematografica ispirata alla favola  di Collodi. Un capolavoro assoluto. A partire dalla  tecnica usata per realizzarlo fino alla storia del tutto sorprendente per essere ispirata a una fiaba che tutti conosciamo quasi a memoria.
   
Parliamo di Pinocchio di Guillermo del Toro (Guillermo del Toro's Pinocchio), un film d'animazione del 2022, diretto da Guillermo del Toro e Mark Gustafson, e  realizzato con la tecnica della stop-motion. 
    Per chi non lo sapesse , la  tecnica “stop-motion”, detta anche “animazione a passo  uno” o “frame by frame”  è una modalità di ripresa cinematografica e di animazione che “sfrutta una particolare cinepresa che impressiona un fotogramma alla volta, azionata dall'operatore/animatore. Con questo processo è possibile produrre cartoni animati, riprendendo composizioni di fogli lucidi oppure servendosi di pupazzi (fissi, snodabili, di plastilina, eccetera), (...); affinché la ripresa risulti fluida all'osservatore, sono necessarie molte pose; (...). Largamente utilizzato per la realizzazione degli effetti speciali nel cinema, a partire dal film Jurassic Park del 1993 è stato ormai quasi completamente sostituito dalla grafica computerizzata” (fonte:  Wikipedia  )Vuol dire che tutto ciò  che  vediamo  in questo film sono veri set, veri oggetti, e pupazzi.  Burattini senza fili come Pinocchio. Legno, silicone, cartone, mosso fotogramma per fotogramma (per un secondo di  film ci vogliono decine di fotogrammi) da animatori specializzati in questo lavoro. 
    Il film ha richiesto 15 anni per essere realizzato.  Guillermo Del Toro ha 
annunciato di voler realizzare una personale versione della favola di Pinocchio nel 2008, e il progetto ha subito rallentamenti (anche a causa dell’alto costo  di  realizzazione di un film  girato in stop-motion che concretizzasse ciò che aveva in mente il regista) fino ad essere abbandonato 5 anni  fa. Ma a mettere il  lieto  fine alla storia di questa opera d’arte ci ha pensato Netflix, che  nel 2018 ha acquistato i diritti del film, e oggi possiamo vederlo e  rivederlo sulla piattaforma di streaming. 

    Diciamolo adesso, per poi abbandonare l’argomento “immagine” riguardante quest’ opera. Il film, fotogramma per fotogramma è straordinario, eccezionale, mai visto, incredibile,  magnifico, favoloso, impressionante.  Luci, fotografia,  realismo delle scene pur fantastiche, fluidità  delle sequenze, sono quelle  alle quali Guillermo Del  Toro ci ha abituato, e non  c’è fotogramma che non porti il marchio del regista. Come avviene con Burton, Lasseter, Federico Fellini, Chaplin, Kubrick:  il fotogramma è il regista. Come quando la  tavola di  un fumetto è inconfondibilmente di un autore . 
     Ma qui lui si è spinto ancor di più, perché nella stop-motion, pur essendo  una  strada  più complicata della tecnica digitale, puoi veramente far sì che le cose e i personaggi siano come li immagini. Il passaggio dalla sceneggiatura allo storyboard fino alla realizzazione delle scene genera qualcosa che si può toccare, il rapporto tra animatore e pupazzo (o oggetto) è fisico.
    Ma in cosa questo film è innovativo? Perché  dovreste  andare a vedere l’  ennesimo Pinocchio  ?  Per una trama  rinnovata in maniera marcata rispetto al libro, per le nuove tematiche che  il film affronta, per  le nuove ambientazioni  storico-geografiche  (è ambientato nell’ Italia fascista tra le 2 guerre) che  creano un film formativo, per come narra i conflitti tra l’anima e la ragione elaborando la crescita dei protagonisti. Pinocchio, un incerto bambino che non conosce nulla del mondo, Geppetto un uomo che affonda la sua disperazione nell’ alcol, Spazzatura, una scimmia serva dell’ avido burattinaio Volpe. E il grillo parlante, Sebastian. Tutti cambieranno, e a cambiarli sarà Pinocchio. Un pezzo di legno trasformerà creature di carne, li renderà migliori all’  interno del cambiamento favorevole che la sua crescita comporta. 
    Come possa nascere  un film del genere lo troviamo nelle parole del regista: 
«Lui e Frankenstein sono i santi patroni della mia vita. L’ho ambientato negli Anni 30 del Fascismo: tutti marionette e lui no» . Che questo Pinocchio fosse la storia di genitori e di figli imperfetti e un percorso penetrante sul senso della vita e della morte, lo si comprende sin dalla prima scena: Geppetto piange la morte  del figlio Carlo (sì, si chiama come Collodi), e in un flashback vediamo come le bombe della grande guerra lo uccidono un giorno nel quale il figlio aiutava il padre nel suo lavoro, intagliare un Cristo di legno che dominava l’altare della Chiesa del paese. Passano anni di dolore immenso, Geppetto si lascia consumare dalla tristezza, e passano molti anni. L’arbusto accanto alla tomba di Carlo diviene un pino molto alto, Geppetto in un giorno di rabbia lo abbatte e lo porta a casa e inizia a creare in modo  imperfetto, asimmetrico (è ubriaco) un burattino di legno. 
    Tutto il film è narrato da un personaggio che conosciamo, il grillo parlante. Che in questo film è uno  scrittore che, dopo aver lavorato presso un avvocato ed avuto altri incarichi connessi allo scrivere, sceglie di metter su casa in un  anfratto tranquillo per poter scrivere le proprie memorie. Ma si imbatte in Geppetto, e assiste alla sua disperazione, e scorge anche una fata che gli affida il burattino, che lei sta rendendo vivo per pietà per Geppetto, ma esige che il grillo provveda a vigilare sul piccolo accompagnandolo nella crescita intellettuale e morale.
    Del Toro vuole collocare Pinocchio quasi come terzo capitolo di un'ideale trilogia iniziata con  La spina del diavolo e Il labirinto del Fauno, ambientati durante il franchismo, e usa come ambientazione  della favola il periodo fascista in Italia . Del  Toro dichiara, in una intervista al C. della sera, di aver voluto <<ricollocare la favola durante il momento storico del fascismo. È una storia di padri e figli, uno dei perni del fascismo è la figura paterna, il paternalismo come forma di dominio ed educazione all’uniformità e al conformismo. La nostra storia è costellata di padri e figli: Gesù Cristo in chiesa è figlio di un figlio che non vuole deludere il padre e che per questo viene crocifisso. Geppetto e Pinocchio, certo. E il personaggio del Podestà, il padre di Lucignolo. Diverse rappresentazioni di paternità, tenera e anche terribile. Per me era importante portare la vicenda in un momento della storia d’Italia in cui il potere pretendeva obbedienza assoluta. Sui muri c’era scritto Credere obbedire combattere ».
    E il burattino, nel film, lontano da certi Pinocchi disneyani sempre un po’ bravi ragazzi, è l’ emblema della disobbedienza . È l’anarchia contrapposta alla dittatura, ma è anche una creatura che fa un percorso dove inizia a comprendere il bene e il male, distinguere la libertà dalla schiavitù, e drammaticamente maturare il senso di giustizia.  Suggestivo è il viaggio della carovana dei burattini: Geppetto segue la tournée lungo tutta l’ Italia senza mai raggiungere Pinocchio. L’ ultima tappa è Catania, ma c’è di mezzo il mare; Geppetto chiede un passaggio per attraversare lo stretto di Messina a un tipo strano che ci  ricorda molto qualcuno (ma questa è un’altra storia), e viene inghiottito da un pescecane.
    La storia, quella vera, ci narra che nell’ agosto del 1937 Benito  Mussolini arrivò a Catania. Ma i libri non raccontano  che  il Duce era un appassionato del teatro dei burattini, e  in questo film  si fa accompagnare a vedere lo spettacolo di Pinocchio. L'’ irriverente burattino, divenuto allergico all’autorità per come il burattinaio tratta i suoi sottoposti e i burattini, allestisce uno spettacolino ad hoc per i fascisti, in particolare per Benito Mussolini. Lui e il fascismo vengono più volte accostati ad escrementi in una coreografia buffa e perfetta, una satira ferocissima diretta ai “fascisti di merda”. Attenzione: se fate parte di questa centenaria categoria ( i F.d.M., intendo) non andate a vedere il film, potreste rimanere offesi. Come di fatto si offende il Duce, ma non vi narrerò di più. E non pensate che vi abbia narrato troppo:  il film ha decine di cose  meravigliose: le figure simboliche della vita e della morte sono quelle che mi sono piaciute di più.

Concludo con le parole che pronuncia Guillermo Del Toro nel documentario sul backstage del film: “Quando ho iniziato a lavorare a Pinocchio, sapevo di volerne fare la mia versione, Non volevo realizzare un mero adattamento, volevo parlare di cose che mi toccavano profondamente. Molti miei film, in un modo o nell’altro, riguardano me  e mio padre  e questo non fa eccezione .(...) Di norma Pinocchio parla di  ciò  che il burattino impara, per poi  diventare buono e quindi un bambino vero. Il nostro Pinocchio non è così, lui cambia tutti grazie alla  sua  purezza. (...) Cambia tutti. E capisce chi è come essere umano. Il film ha superato le  mie  aspettative. È un film che avrei voluto vedere da bambino. È un film che vorrei vedere da adulto, è un film di cui vorrei parlare con la famiglia, con la possibilità di vederlo quando voglio dopo la prima volta, perchè si crea un legame intimo  tra lo spettatore e il film. Ogni volta che lo guardo mi piace  di più e spero sia così anche per il pubblico”


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sabato 23 aprile 2022

Il medico del vicino


Buonasera signora Pappati, mi scusi se la
importuno, sono Remaso, l'inquilino del
secondo piano. Volevo sapere se aveva
detto all' amministratore della luce della
scala che porta ai garage. Ieri sera tornavo,
dopo esser stato dal medico, alle dieci, e
ho visto che ancora non è stata aggiustata...

Buonasera, sì, ho parlato con l'amministratore,
ha detto che l' elettricista arriverà domani...
ma il suo medico lavora ancora alle dieci di sera?

Certo, anche fino alle undici ha lo studio aperto...
Anche il suo medico lavora fino a tardi?

 Il mio medico chiude lo studio alle 24,
ma poi lascia il cellulare acceso di notte...
il dottor Perfettone, giorno e  notte
risponde sia al telefono che alle mail e su
whatsapp...

Il mio medico, la dottoressa Indispensabile,
risponde anche su Messenger e su Telegram.

Ah, se per questo il dottor Perfettone anche
su Instagram...

E su TikTok? La dottoressa risponde pure su
TikTok, ieri le ho trascritto le mie analisi delle
urine a commento di un suo balletto su TikTok!

Il dottor Perfettone mi ha guarito dalla tracheite
con solo tre giorni di antibiotico!

La dottoressa mi ha dato un antibiotico che fa
passare la polmonite con una sola pillola!

Ah, se è per questo a me il carissimo Dottor Perfettone 
dà delle bustine che
basta aprire la bustina, e già a respirare l'odore
mi passa tutto!

Ma la narcotici lo sa, di queste bustine?

Ma che ha capito? È Ibuprofene, ma una riserva
speciale che gli manda suo cugino dall' America
e che lui conserva per i suoi assistiti preferiti!

Per i suoi assistiti preferiti la dottoressa offre il caffè!

Il dottore anche il cappuccino!

La dottoressa d'estate il tè freddo!

Bomboloni, Panini, Caffè Borghetti, Birra!

Ah, no la birra no, sono astemio e a dieta.
La dottoressa mi ha fatto perdere 20 chili in 18 giorni.

Il mio dottore me ne ha fatto perdere 25 in 15 giorni.

Senza nessuna amputazione? Le ha lasciato tutti gli arti?

Sta scherzando? Guardi che Perfettone ha una dieta che
mangi tutto quello che vuoi a tutte le ore, non hai bisogno
di attività fisica, e bevi l'acqua solo se hai sete!
Tranne alcuni Alimenti proibiti, puoi veramente mangiare tutto!

E quali sono gli alimenti proibiti?

Fettina di pollo ai ferri, carote, lattuga.

La dottoressa mi prenota lei le visite e gli esami.

Il dottore li prenota e conosce tutte le indicazioni per
non stressarsi nel raggiungere gli ambulatori.

La dottoressa manda un autista per accompagnarci.

Il dottore in genere accompagna lui, se no manda 
il solito taxi.

E i certificati a pagamento? La mia dottoressa 10 Euro!

Si fa pagare solo 10 Euro un certificato?

No, insieme al certificato ti dà 10 Euro, 15 se lo ritiri l'indomani.

Il mio dottore riceve gli informatori fuori
dagli orari di studio per i pazienti.

La mia dottoressa riceve gli informatori fuori
dagli orari di studio per i pazienti. Pare che li faccia
anche frustare.

Pensi al medico che avevo prima: si arrabbiava se uno gli
telefonava al cellulare alle 6 di mattina per sapere i suoi
orari di ambulatorio! Che brutta persona!

Ma guardi, il medico che avevo prima, l'ho cambiato appena
ha risposto a una mia mail ben 3 minuti dopo che l'ho mandata!
Peggio di quello di prima! Una volta gli ho mandato un 
vocale di quattro minuti su whatsapp e ha avuto da ridire!
Io se devo chiedere una ortopanoramica per vedere la carie
devo esprimermi con le pause necessarie!

E quello prima ancora... 
una volta davanti al suo ambulatorio
l' ho fermato e gli ho chiesto di scrivermi le pillole piccole che
devo prendere la mattina. 
Ha detto che non capiva che pillole
erano! Che medico è uno così?

Meno male che ora c'è la dottoressa Indispensabile!
Io vado ogni giorno da lei per controllare la pressione!

Anch'io vado ogni giorno dal dottor Perfettone
per controllare la pressione. Mentre che c'è mi
controlla anche acqua, olio, luci...

Che bello avere questi medici così,
peccato che la mia dottoressa andrà presto
in pensione, penso che andrò dal suo...

No, anche il mio andrà in pensione ,
ma mi dicono che due isolati più avanti c'è un
ambulatorio con due dottori
che proiettano in quattro sale d'attesa DAZN , Netflix,
Sky, Prime e Disney+, tutto in 4 K,
oltre il caffè e il tè freddo c'è la Pepsi .
Il Sabato anche il Mojto.
Se chiedi un certificato per la palestra hai due mesi di palestra pagati,
a Natale il Panettone, a Pasqua la Colomba...

E l'uovo?

No, l'uovo no. C'è lì un dottore che  non vuole . 
Dice che l'uovo fa alzare il colesterolo.

Allora cerchiamo meglio. 
Ci sono di sicuro dottori migliori,
e perdindirindina.


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Dello stesso autore, e sullo stesso argomento, 
 troverete in questo BLOG :
   Radioaspirina , 
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