Quella mattina Aldo aveva camminato a lungo. Si accorse, a un certo punto, di avere mal di testa. Riconobbe il sintomo: aveva sudato abbastanza, sia per lo stress di quella giornata che per la camminata, era disidratato. Pur essendo quasi giunto a casa, decise di fermarsi al Bar Brezza Marina, dove spesso andava a fare colazione, per bere una bottiglia d’ acqua minerale.
Aldo entrò nel bar con passo stanco. Il barista lo salutò con un cenno distratto mentre preparava caffè su caffè per clienti frettolosi. Aldo pronunciò a voce alta: “Buongiorno, vorrei una bottiglia di acqua frizzante. E mezzo limone, per piacere”. Ma appena si avvicinò al bancone, notò qualcosa che lo fece trasalire.
Di spalle, davanti alla slot machine, c’era Renzo Pozzi.
Pozzi era un professore di filosofia, insegnava al liceo classico ed era noto per le sue invettive contro il consumismo, il neoliberismo, l’appiattimento culturale della società moderna. Aldo lo conosceva da anni, i loro discorsi sulla politica e la cultura lo avevano sempre divertito. Era un intellettuale di sinistra, colto, razionale, un difensore della logica e del libero pensiero.
Ma ora era lì, a infilare monetine nella slot machine, con lo sguardo fisso sullo schermo lampeggiante.
Aldo si avvicinò lentamente, osservandolo con una strana inquietudine. Sembrava lui, eppure non sembrava lui. C’era qualcosa di sbagliato, un dettaglio fuori posto che non riusciva a cogliere.
Dopo alcuni minuti, il professore sospirò, batté il palmo sul fianco della macchinetta e tornò al bancone. Il barista gli servì un caffè lungo, mentre Pozzi iniziava a discorrere con il tono rilassato di chi parla del più e del meno.
"Hai sentito quel Generale ieri sera in TV?" disse, addolcendo il caffè con un cucchiaino di zucchero. "Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno".
Aldo quasi si strozzò con l’acqua minerale che stava sorseggiando: "Scusa, che hai detto?".
Pozzi lo guardò, sollevando un sopracciglio. "Che quel Generale ha ragione. Basta con questa dittatura del pensiero unico, con la narrazione buonista. È ora di dire le cose senza ipocrisie".
Aldo posò lentamente il cucchiaino sul piattino. La mano leggermente tesa. Era uno scherzo?
"Renzo, tu hai passato la vita a spiegare ai tuoi studenti che il pensiero critico si basa sull’analisi, non sulla retorica da quattro soldi. Ora mi dici che ti fidi delle sparate populiste di un generale qualunque?".
Pozzi si strinse nelle spalle. "Non è populismo, Aldo. È realismo. La gente è stufa, vuole sicurezza, vuole ordine".
Aldo sentì un’ondata di disagio percorrergli la schiena. Non era solo il contenuto delle parole a disturbarlo. Era il modo in cui le diceva.
Renzo Pozzi aveva sempre argomentato con precisione, smontando le tesi avversarie con logica e ironia. Ma ora parlava con una certezza piatta, quasi automatica, come se stesse recitando un copione. Come se fosse una brutta copia del vero Renzo Pozzi.
"Sei sicuro di stare bene?". chiese Aldo, cercando di mantenere la voce neutra.
Pozzi rise. "Mai stato meglio. Dovresti aprire gli occhi, Aldo. Il mondo sta cambiando".
(Estratto dal mio romanzo inedito attualmente in valutazione editoriale)




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