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sabato 30 dicembre 2023

martedì 17 ottobre 2023

"Non dirgli mai", ovvero IL MMG & LO SPECIAL

     

    Introduzione lampo: se andate a una visita da un medico specialista (da qui in poi chiamato SPECIAL) e vi riconoscete, da pazienti, in una di queste situazioni, STATE facendo del male al vostro MMG (Medico di Medicina Generale, Medico di Assistenza Primaria, Medico di Famiglia, , è ERRATO chiamarlo Medico di base). 
    Ad esempio, se andate dal vostro MMG con le analisi o altri accertamenti di vostro marito o di vostro figlio maggiorenne che va in vari ambulatori a eseguire controlli ma poi a chiedere un parere  dal MMG ci andate solo voi, cosa impossibile da fare recandosi da uno SPECIAL,  state solo perdendo tempo. Lo fanno la stragrande maggioranza di coniugi e genitori. Il MMG non può dare consigli sullo stile di vita, spiegare che controlli bisogna fare a un parente che torna poi a casa dicendo:
 "Il dottore ha detto di non fumare e mangiare meno cibi grassi"
"MMMMhh... Mi hai portato le Marlboro? Mi fai le patate con lo speck e la tuma?"

Dal MMG.
"Pronto, Dottore, posso avere un appuntamento domattina alle 11 per farle vedere le analisi?"
"No, Signora, può venire alle 11.30, alle 11 ho un' altro appuntamento".
"Ma non posso venire prima?
"No, Signora"
"Allora vengo oggi"
"Signora, oggi ho tutto prenotato. Se non può venire domani alle 11, visto che si tratta solo di guardare le sue analisi, venga dopodomani..."
"Vengo adesso?"
"Sto visitando altre persone. Venga domani"
"Vengo domani all'apertura dello studio? Prima delle altre persone?"
Dallo SPECIAL.
"Pronto, posso avere un appuntamento col Dottore?"
"Tra quattro mesi e mezzo alle 6 e mezzo di mattina".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".

Dal MMG.
"Dottore, mi serve il Piano Terapeutico del farmaco per il diabete. Lo SPECIAL mi ha detto che può farlo anche lei"
"OK, prendiamo appuntamento per..."
"Mi serve subito, ho solo tre pillole"
"Quindi domani va bene. Mi porti le analisi?"
"Ma è in studio? Non può farmelo oggi?"
Dallo SPECIAL.
"Pronto,  mi serve il Piano Terapeutico del farmaco per il cuore, quello che può fare solo lo Special".
"I piani terapeutici li rinnoviamo un martedì sì e uno no, solo se non gioca il Milan, se nella settimana non c'è un festivo e se non piove, dalle 10.30 alle 11.45. Massimo 8 utenti. Consigliamo di venire a prendere il posto mettendosi davanti alla porta prima delle 5 di mattina".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".

Dal MMG.
"Dottore, mi serve  un certificato per avere quell'agevolazione che le dicevo.."
"OK, sono 35 euro + IVA"
"Ma come, lo devo pagare? No, la prego, non me lo faccia pagare, suvvia, dottore che le costa?
"35 euro"
Dallo SPECIAL.
"Dottore, mi serve  un certificato per avere quell'agevolazione che le dicevo.."
"Sono 100 Euro. Non posso fare oggi la fattura perché non mi funziona il comefosseantani".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".

Dal MMG.
"Dottore, mi DEVE scrivere queste analisi scritte dallo SPECIAL".
"Non c'è il nome suo o di nessuno, non c'è la diagnosi, non c'é neppure la data, non c'è il timbro, o forse c'è ma senza inchiostro... Ma cosa? Non si capisce cosa ha scritto. Greantimentemia, sfarfilosi, antartca completa, esame del vurfh, Panellitaro B e F, garretereo, multiversoland, garfagnana, bifemorismo, pastrello"
"Ah, se non vi capite tra voi dottori..."
Sempre dal MMG.
"Dottore, ha messo i codici giusti? Ha messo l'esenzione? Questi due esami, mi raccomando, in due ricette diverse. La diagnosi l' ha messa? L'esenzione dove è scritta? La diagnosi dove è scritta? L'esenzione dove è scritta? La diagnosi dove è scitta? Ha scritto tutto? Ha messo i codici giusti? L'esenzione è in tutte le richieste? La Vitamina D c'é?"

Dal MMG
"Dottore, è possibile che una persona, per parlare col proprio medico debba trovare occupato 20 minuti di seguito?"
Dallo SPECIAL.
"Siete in linea per il Sevizio Prenotazioni. Non riagganciate per non perdere la priorità acquisita. Risponderemo entro 285 minuti..."
"Grazie, grazie, grazie, ho preso la linea, che bello, grazie".

Dal MMG.
"Ecco la sua ricetta per andare dallo specialista. Mi raccomando, lo specialista fa parte del Servizio Sanitario Nazionale e deve prescrivere lui stesso gli esami da fare, gli accertamenti, i farmaci da prendere, NON deve mandarla da me per prescrivere richieste e ricette che DEVE prescrivere lui. Se le dice di andare dal MMG e le dà un elenco di cose da farmi trascrivere, sta commettendo una omissione. Chiaro?"
"Chiaro!"
Sempre dal MMG.
"Dottore, lo SPECIAL mi ha detto che mi DEVE scrivere la risonanza, la TAC, l'ecografia, la visita cardiologica con l'elettrocardiogramma, queste 59 analisi, 12 radiografie, questi accertamenti segnati con la X e una visita di controllo"
"Sono tutte cose che doveva scrivere lui, cosa le le avevo detto?"
"Sì, ma mi ha detto che le analisi non le poteva comefosseantani carta sistema computer mastanicomanito, che la risonanza tarapia tapioco con la stampante soppaltata, e tutto il resto con lo scappellamento a destra".

Dal MMG.
"Dottore, mi deve fare le ricette per queste medicine che ha scritto lo SPECIAL"
"Sono tutti integratori; li deve acquistare"
"Ma lo SPECIAL ha detto che erano farmaci mutuabili"
"E te pareva..."
"Ma allora le devo pagare? Non può fare che..."
"Non lo dica"
"Dicevo, non si potrebbe..."
"La prego. Non lo dica. Chiudiamo qui la conversazione. Vada direttamente in farmacia con la ricetta degli integratori prescritti dallo SPECIAL. Chiudiamola qui. Buongiorno:"
"Volevo solo chiederle se..."
"Non lo chieda. È una frase inutile. Me la eviti. La prego. Non la dica. Buongiorno."
"MA NON MI POTREBBE PRESCRIVERE DEI PRODOTTI MUTUABILI CHE SONO COME QUESTE COSE CHE HA PRESCRITTO LO SPECIAL?"
"AAAAAAAAAAAAHHHHH!!! L'HA DETTO!!!! L'HA DETTO!!! AAAAAAAHHHHH!"

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Dello stesso autore, e sullo stesso argomento, 
 troverete in questo BLOG :

   Radioaspirina , 

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sabato 22 luglio 2023

Il trentunesimo giorno - recensione al caldo (45° all'ombra)

   
    Il mondo della letteratura distopica, per chi la frequenta da molti anni, ha subito un cambiamento. Per chi ne scrive e per chi ne legge. Se tre anni fa ci siam trovati a dover portare un’autocertificazione per uscire di casa, se si moriva per aver stretto una mano o ascoltato un colpo di tosse, se ascoltavi un TG con numeri di morti impressionanti, a causa di qualcosa di invisibile che domani avrebbe potuto cogliere te (osservate il mio diario scritto all’alba dell’1 aprile 2020 qui), le immagini di un mondo che cambia improvvisamente a un tratto è passato dall’essere un esercizio di immaginazione collocabile nel puro fantastico, al prendere forma di una distorsione dell’esperienza. Lo era anche prima, ma adesso forse lo è di più. Il romanzo Contrappasso (qui la mia recensione del libro di Andrea Delogu) o il film Siccità (qui le mie impressioni sull’ opera di Virzì) sono narrazioni di un riadattamento della vita in base a un evento che sconvolge l’ ambiente, così come lo è il romanzo di Dario Tonani “IL TRENTUNESIMO GIORNO”, uscito poche settimane fa.
    Dario Tonani, scrittore italiano che da più di 30 anni sforna libri di forte immaginazione diffusi in molte nazioni, dopo anni dedicati alla saga fantastica di Mondo9 ( https://www.dariotonani.it/mondo9/ ), processa lo sconvolgimento globale di fronte ad eventi catastrofici e drammatici in un romanzo unico, fuori da saghe e universi già narrati. 
   La storia parte, nel prologo, da due figure in un mondo ancora apparentemente normale, piove ininterrottamente da due giorni, un’istantanea di una coppia elegante e misteriosa. I loro gesti e le loro parole saranno un riferimento importante, ma lo scopriremo andando avanti. 
  Il pianeta è afflitto da una pioggia torrenziale ininterrotta da diverse settimane, è un disastro globale. Le nubi avvolgono il mondo, alluvioni e alterazione del clima devastano tutto, milioni di persone muoiono a causa di questo diluvio, si lotta per la sopravvivenza ma… può anche andar peggio. Può accadere che al trentunesimo giorno di pioggia inizino a diradarsi le nubi, e alcune forme appaiano in cielo. Sono i cadaveri della gente morta e non seppellita da quando è iniziato il lungo nubifragio. Di fronte a tale fenomeno inspiegabile, si propagano paura, congiure, follie, violenza. E queste salme che fluttuano in cielo sono un problema gravissimo per la salute di un pianeta già afflitto da un mese di pioggia. La soluzione da adottare sarà il reclutamento di squadre addette a tirali giù, con modalità che richiederanno particolari abilità.
   La storia principale ha pochi personaggi, e i protagonisti sono due: la giovanissima Evelyne, acrobata di un circo che oramai è distrutto, e Alvaro, un uomo di mezza età con un passato di ladro. 
   Nei libri e nei film dedicati a una catastrofe la cronaca delle avventure riguarda la storia di un piccolo gruppo di persone, in questo caso assistiamo principalmente a ciò che accade a un gruppo di personaggi tra la Lombardia e luoghi ad essa non distanti. Ma spesso, guardando un disaster movie con una famiglia dove il babbo cerca di salvare moglie e figli, ci chiediamo come se la stiano cavando nel resto del pianeta. Dario Tonani inframezza l’azione principale con microracconti (scritti in corsivo) ambientati in Germania, Francia, Singapore, e diversi altri luoghi, dalla Svezia a Lampedusa. Piccoli gioielli di narrazione. Sono una delle preziosità di questo libro, segnalo la novella ambientata in un centro commerciale di Boston, dove un bimbo chiede un gelato alla mamma.
   Il libro è molto scorrevole, pieno di una sapienza dello scrivere che Tonani padroneggia, consapevole che, chiedendo al lettore una certa sospensione dell’incredulità, non può chiedere anche il destreggiarsi tra discontinuità, cose non dette, salti di narrazione. Quando il piacere della lettura deve purtroppo confrontarsi con poco tempo da dedicare ad essa, si alza l’asticella. Un libro deve intrigare, affascinare, non mettere troppa carne al fuoco, non essere difficile da affrontare come un’impresa accademica. Almeno per me, deve essere intrattenimento. E nella letteratura fantastica bisogna assolutamente evitare il “vale tutto”, che, a mio parere affligge diversi film, telefilm, narrazioni letterarie, che abbandono senza pietà perchè la vita è breve. 
   In particolare Dario Tonani in questo libro, da uno spunto fantadistopico, riesce a tirar fuori un romanzo con una vena thriller, un’altra horror, e anche azione con colpi di scena. La prima caratteristica, il thriller, forse la parte indispensabile per aggrovigliare veramente l’attenzione, è legata al fatto che in un mondo brulicante di cadaveri fluttuanti possono saltar fuori delitti e indagini da compiere. La seconda vena, l’horror, per alcuni è difficile da digerire, in quanto invischiata in una ipocrisia di fondo che vuole dimenticare quanto l’orrore faccia parte del nostro quotidiano, quanto la morte riguardi tutti, quanto i nostri corpi decadano e quanto marciscano dopo la dipartita. L’orrore è sempre parte di una narrazione onesta, a partire dall’impiccagione di Pinocchio e dal lupo che inghiotte la nonna di Cappuccetto Rosso per poi essere squartato per recuperare la vecchia, resistente ai succhi gastrici della belva. La parte più difficile, secondo me, è “l’azione”. La nostra mente è sempre più abituata a vedere le scene di lotta e combattimento, o di pericolo nel precipitare o correre per fuggire, nei film o nelle serie TV. Già composte per i nostri occhi. La lettura deve comporre queste scene a partire da ciò che lo scrittore descrive, la sua trasposizione in parole è un compito arduo per rendere fluida l’azione, veloci i colpi di scena pur dovendoli descrivere con minuzia. In questo libro ho trovato tutto questo, e ne sono grato all'autore. 
    Procuratevi questo volume, perfetto come lettura per le vacanze, ma anche per villeggiatura della mente nei giorni di fatica. Buona lettura.


giovedì 8 giugno 2023

E se il teletrasporto diventasse un' APP sullo smartphone?

         
Sabato 13 Maggio 2023, presso il Palacongressi di Bellaria,
si è svolta la premiazione del Concorso Omega Short & Graphics all’interno della StarCon Italia. Trovate tutte le informazioni in questa pagina 

dove si parla del racconto vincitore,

L'OBSOLESCENZA DELLA RUOTA, scritto dal curatore di questo Blog.
    Il racconto fanta-umoristico parla del teletrasporto e delle implicazioni della sua invenzione.
L'Antologia "Omega Short & Graphics 2" contiene molti racconti fantastici e diverse opere grafiche. Potete acquistarla ai seguenti LINK:


Siete pronti per "Omega 2024"?

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sabato 15 aprile 2023

Messina caput mundi

   
[Questo articolo è candidato al "PREMIO ITALIA 2023" come "Articolo su pubblicazione amatoriale"]

“Sarebbe come, una mattina, svegliarsi ed essere a Messina” cantava Roberto Vecchioni in una canzone del suo album del 1973 Il re non si diverte, intitolata Messina. Con quel brano il cantautore lombardo volle descrivere con una metafora “quel senso d'insicurezza, quel sentirsi fuori posto che molti proverebbero svegliandosi all'improvviso in un luogo estraneo, contrario alle proprie abitudini. Così come Messina avrei potuto dire Sidney 
(sic) o New York”, come lui stesso ha scritto nelle note del disco.
    L’anno prima, da lettore di fantascienza siciliano, mi trovai a provare la sensazione opposta. C’era qualcosa di familiare in un volume in edicola: Messina era nel titolo italiano di un numero di Urania, I condannati di Messina di Ben Bova (Urania n. 601 del
17 settembre 1972).  La spiegazione del titolo italiano del volume (in origine intitolato Exiled from 
Earth
, letteralmente Esiliati dalla Terra) la troviamo sul retro di copertina del volume della 
collana che all’epoca era curata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini: “Farà piacere ai nostri lettori siciliani sapere che in un futuro più o meno lontano Messina è destinata a diventare sede del
supergoverno mondiale. La città, certo, non sarà più la stessa. Torri e palazzi fantascientifici domineranno lo stretto; uomini dotati d'immenso potere e carichi d'immense responsabilità guarderanno pensosi verso la Calabria; e celebri scienziati di tutto il mondo si ritroveranno, sbigottiti, a Messina, trasportati qui con le buone e con le cattive insieme alle loro famiglie. Una gravissima decisione è stata presa al più alto livello: ancora una volta la scienza sta per mettere in pericolo mortale non solo la società ma l'umanità stessa. E la scienza deve essere messa in condizioni di non nuocere. L'ordine spietato (o pietoso?), necessario (o criminale?) partirà da Messina”. 

    Per noi siciliani che a quel tempo eravamo ragazzetti divoratori della collana, ma anche per tutti quelli che dopo si sono ritrovati ad avere per le mani quel piccolo volumetto, fu una doppia sorpresa: non solo il nome di una città a loro familiare compariva nel titolo di 
un romanzo di fantascienza ma, per di più, nel romanzo la città era addirittura la capitale dell’intero pianeta!
    Lessi quel romanzo e, da allora, ogni volta che mi reco a Messina, la contemplo per qualche 
istante capitale del mondo.
Ecco come la descrive il romanzo:
    "C'era poco da vedere di Messina Antica. La città originaria, con le sue vecchie chiese e le case di un bianco abbagliante sotto il sole violento della Sicilia, era stata inghiottita dalle torri di vetro e metallo del governo mondiale, un complesso che comprendeva uffici, centri per congressi, alberghi, edifici residenziali, negozi e quartieri di divertimento, destinati ai cinque milioni di uomini e donne cui era toccato in sorte di governare gli altri venti miliardi di abitanti, sparsi per tutto il pianeta. [...]
    Se non altro siamo riusciti a salvare parte della città vecchia, pensò [il Presidente]. Era stato uno dei suoi primi successi, in politica mondiale. Una cosa minima; comunque, lui aveva contribuito a 
contenere la crescita di Messina Nuova, prima che questa soffocasse e inghiottisse del tutto la città 
antica. Da quasi trent'anni, ormai, il nuovo centro aveva mantenuto le stesse proporzioni. Al di là 
delle imbarcazioni da pesca allineate nel porto, lo stretto brillava nel sole, invitante. Più lontano, 
c'era la punta dello stivale d'Italia, la Calabria, dove i contadini conservavano ancora l'antica fierezza. E, oltre le alture velate e azzurrine della Calabria, luccicanti sotto il calore, l'azzurro più intenso del cielo era troppo luminoso per potervi fissare lo sguardo."


Il romanzo I condannati di Messina (Exiled from Earth, 1971), fu pubblicato per la prima volta sulla rivista Galaxy Science Fiction in due puntate uscite nei numeri di gennaio e febbraio del 1971, per essere poi ristampato nell'ottobre dello stesso anno in un volume unico in 
edizione paperback ed essere, quindi, pubblicato in Italia sul n. 601 di Urania nel 1972 nella traduzione di Bianca Russo. Si tratta del primo volume di una trilogia che prosegue con L'astronave dei ventimila (Flight of Exiles, 1972), pubblicato in Italia nel 1977 sul n. 720 
di Urania nella traduzione di Angela Campana, e End of Exile (1975), mai pubblicato in Italia come volume a sé, ma contenuto, nella 
traduzione di Beata Della Frattina e con il titolo Ritorno dall’esilio, nel volume n. 9 della collana Biblioteca di Urania, intitolato L’astronave dell’esilio e pubblicato nel 1981, che contiene l’intera trilogia così come era stata raccolta per la prima volta in volume negli Stati Uniti nel 1980 sotto il titolo The Exile Trilogy.

    L’autore, Ben Bova, al secolo Benjamin William Bova, nacque l’8 novembre 1932 a Filadelfia, in Pennsylvania. Iniziò a pubblicare alla fine degli anni 50, scrivendo oltre 120 opere. Nel 1971 divenne curatore della rivista Analog, ruolo che ricoprì dal 1972 al 1978 e, in seguito, del mensile Omni fino al 1981. Scrisse anche per la TV e il cinema. Suo è il romanzo THX 1138 (THX 1138, 1971), Urania n. 776,  trasposizione letteraria del primo lungometraggio diretto da George Lucas, uscito in Italia con il titolo L'uomo che fuggì dal futuro.  Altri suoi romanzi pubblicati in Italia sono: Il presidente moltiplicato (The Multiple Man, 1976), Urania n. 714; La prova del fuoco (Test of Fire, 1982), Urania n. 960; I guardiani del mondo (Peacekeepers,1988) ), Urania n. 1227; Sogno mortale (Death Dream, 1994), Urania n. 1314. 
    Oltre all’Astronave dell’esilio, Bova scrisse molte altre saghe (tra le quali ricordiamo Watchmen, Orion, Kinsman, Moonrise), nessuna delle quali purtroppo è stata pubblicata per intero in Italia. Solo il ciclo degli esiliati è fruibile per intero dai lettori italiani. Come curatore di antologie, Bova vinse per sei volte il Premio Hugo, dal 1973 al 1977 e nel 1979. Fu presidente della Science Fiction Writers of America e presidente emerito della National Space Society. Morì il 29 novembre 2020 a Naples, in Florida, per ictus e complicazioni da COVID-19.

     Da anni ci chiediamo “Perché Messina? Per quale motivo proprio la bella città siciliana è 
stata designata da un autore americano come capitale del pianeta in questa serie di romanzi?”. La motivazione non è indicata all’interno della trilogia, ma possiamo pensare che il suo cognome, Bova, diffuso nel meridione d’Italia, indichi origini italiane dello scrittore. Nel 2014, in vista di una mia conferenza all’Aetnacon (la convention siciliana della fantascienza e del fantastico) nella quale
avrei parlato di quest’opera, non trovando in rete informazioni a riguardo, decisi di contattare direttamente l’autore attraverso il suo sito ufficiale. Ben Bova mi rispose a stretto giro di posta elettronica:

    Caro Francesco Spadaro,
ho fatto di Messina la capitale del mondo principalmente per un mio 
capriccio, sebbene la mia ascendenza sia calabrese. 
C’è una città chiamata Bova sulle colline e un porto chiamato Bovalino fu costruito dopo la seconda guerra mondiale. 
Ciao, Ben Bova


        È quindi a Messina che, nel primo volume  della trilogia, il Governo Mondiale prende una decisione drastica: sacrificare 2000 scienziati per salvaguardare la vita e il futuro di 20 miliardi di persone. Questi scienziati sono a 
vario titolo coinvolti in progetti che, attraverso la manipolazione genetica, potrebbero portare alla creazione di una genìa di superuomini. Il loro esilio su un’isolata stazione orbitale sembra la scelta obbligata per frenare le conseguenze dello sviluppo e delle applicazioni dell’eugenetica. Gli scienziati decidono però di trasformare la stazione in un’astronave generazionale e di partire verso Alfa Centauri alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare.
   
Nel secondo volume, ambientato circa cinquant’anni dopo la fine del primo, la popolazione dell’astronave è più che raddoppiata, ma si scopre che il pianeta simile alla Terra individuato nei pressi di Alfa Centauri è in realtà inadatto alla vita umana. Viene trovato un nuovo possibile mondo abitabile nel sistema di Epsilon Indi e l’astronave intraprende un nuovo viaggio di altri cinquant’anni verso questa nuova meta.

    Il terzo volume è ambientato diverse generazioni dopo la conclusione del precedente. 
L’astronave è popolata da ragazzi che non conoscono le proprie origini e non sanno usare le macchine della nave. La storia di 
questi giovani che devono “ricominciare da zero” nello spazio profondo è molto interessante e Bova conclude la trilogia in uno scenario completamente diverso da quello iniziale, creando quasi una storia completamente nuova e indipendente dalle vicende 
precedenti, tanta e tale è la perdita di informazioni da parte dei protagonisti.
   
    I tre romanzi sono molto diversi l’uno dall’altro: l’autore ci offre gruppi di protagonisti sostanzialmente differenti e situazioni del tutto diverse, a segnare come il passare dei decenni operi un cambiamento di scenari e 
persone. Non date retta a chi definisce questa saga come “per ragazzi”. Il fatto che i protagonisti dell’avventura finale siano degli adolescenti non vuol dire che la storia debba rientrare nel genere “young adult”; anzi, lo sguardo su ogni capitolo della vicenda è compiuto e maturo. Se inizialmente si parte incuriositi da un titolo italiano insolito, perché pone la città dello stretto come capitale mondiale, ci si trova poi di fronte a una saga affascinante, 
dove la vicenda dell’astronave generazionale è trattata in modo originale. E soprattutto ci troviamo a riflettere, attraverso queste storie, 
sulle implicazioni dell’ingegneria genetica, un tema che la fantascienza ha colto in tutte le sue possibilità e conseguenze non appena questo è stato definito in ambito scientifico.

    Il concetto di ingegneria genetica fu introdotto, infatti, dal biologo statunitense Rollin Douglas Hotchkiss nel 1965, per designare l’insieme delle tecniche volte a trasferire nella struttura della cellula di un essere vivente alcune informazioni genetiche che altrimenti non avrebbe avuto. E il primo passo concreto di tali tecniche di manipolazione dei geni è stato certamente la scoperta degli enzimi di restrizione, per la quale Werner Arber, Daniel Nathans e Hamilton Smith ricevettero il Premio 
Nobel per la Medicina
nel 1978.

    Come abbiamo già detto, il primo dei romanzi di Bova è del 1971 e, negli anni precedenti, 
era già stato preceduto, ad esempio, dalla storia narrata in Spazio profondo (Space Seed), episodio della prima stagione della Serie Classica del telefilm Star Trek trasmesso per la prima volta negli Stati Uniti il 16 febbraio 1967, appena due anni dopo le prime definizioni accademiche ufficiali sull’argomento!        Nell’episodio, l’astronave Enterprise guidata dal Capitano James T. Kirk incontra un gruppo di
potenziati, persone modificate geneticamente per essere dei veri e propri superuomini, spinti dalla loro ambizione a cercare di dominare il mondo e fuggiti dopo che il resto dell’umanità si era ribellata e li aveva sconfitti nel corso delle guerre eugenetiche. Il loro capo, Khan Noonien Singh, cerca di impadronirsi dell'Enterprise ma, dopo varie peripezie, viene sconfitto da Kirk, che lo esilia insieme al suo equipaggio sul pianeta Ceti Alpha V.  L’episodio ha avuto un seguito e una conclusione 
nel film Star Trek II – L’ira di Khan (Star Trek II: The Wrath of Khan, 1982), nonché un successivo reboot all’interno del cosiddetto kelvin-verse della saga, nel film Into Darkness – Star Trek (Star Trek Into Darkness, 2013).
    Da notare come in entrambe le storie, sia in Star Trek che nella saga di Ben Bova, l’esilio
viene utilizzato come strumento risolutivo, ma con finalità diverse: nel telefilm per porre 
riparo alle conseguenze dell’ingegneria genetica, che tendono a sfuggire al controllo degli 
esseri umani; nell’opera letteraria, invece, a scopo preventivo, affinché non si possano 
verificare le condizioni che porteranno allo sviluppo di quella tecnologia e alle sue conseguenze sulla collettività terrestre.
     
    Un altro particolare interessante nello sviluppo narrativo del tema della manipolazione 
genetica nell’opera di Bova e nella fantascienza successiva è dato dalla presenza di Grande 
George
, un gorilla senziente capace di parlare, nel laboratorio segreto degli scienziati del romanzo 
I condannati di Messina. Un'idea molto simile la ritroveremo nel personaggio di Caesar, lo 
scimpanzé che crea la società di scimmie intelligenti nel reboot della saga cinematografica de Il pianeta delle scimmie, la trilogia di film L’alba del pianeta delle scimmie (Rise of the Planet of the Apes, 2011), Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie (Dawn of the Planet of the Apes,2014) e The War – Il pianeta delle scimmie (War for the Planet of the Apes, 2017). In questa saga, l’evoluzione degli scimpanzé e la guerra tra questi e gli esseri umani nascono da un esperimento di genetica su scimmie di laboratorio volto a sconfiggere il morbo di Alzheimer.
In tutte queste connessioni tra letteratura, televisione e cinema di ieri e di oggi non c’è niente di strano. Quando ci ritroviamo a scrivere di saghe fantascientifiche è facile ritrovare molte cose “già viste” o che ce ne ricordano altre. Rammentiamo sempre che, spesso, in quei casi, abbiamo davanti quella che all’epoca era una nuova idea, e che ciò che genera mirabolanti saghe nell’immenso mondo della narrazione, nelle sue molteplici forme, ha dei silenziosi archetipi nascosti tra volumi oggi impolverati.
    
    Cinema, letteratura, televisione, scienza… è o non è questo l’intreccio che ci fa amare la fantascienza in generale? E, in fondo, svegliarsi una mattina ed essere in Sicilia non è davvero male: è un’esperienza fantastica, sia o no l’isola il centro del mondo conosciuto
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Questo articolo è pubblicato nel numero 30 di Fondazione Science Fiction Magazine. La fanzine (114 pagine di articoli, racconti, fumetti) può essere richiesta scrivendo a fondazionesf@gmail.com .
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lunedì 2 gennaio 2023

La distopia dell' acqua

     

    La  domanda che ci siamo posti  in  questi anni di pandemia è se la crisi, le privazioni, il  lockdown,  la  malattia, le perdite, ci abbiano reso migliori o peggiori, o se l'umanità in fondo resti sempre la stessa; se l'abitudine, l'oblio, ci rendano più aridi; se le prove della vita ci insegnino ad apprezzare  ciò che conta veramente.
    Queste  domande pervadono l'opera  cinematografica "Siccità" di Paolo Virzì, presentato fuori concorso alla 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia,  distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal 29 settembre 2022 ed attualmente disponibile a  noleggio su  Sky  ed altre piattaforme televisive ( https://www.justwatch.com/it/film/siccita ).
    E  quindi il film "Siccità"  di Paolo  Virzì esiste! I fan di  "Una pezza di Lundini" sanno di cosa parlo, visto  che per mesi l'attrice Emanuela  Fanelli si  vantava  di essere in questo film, e la gag-tormentone era l'espressione di Valerio Lundini che manifestava  dubbi  a riguardo. Gag portata  agli estremi quando  Virzì, ospite dell'ultima puntata, tace quando la Fanelli gli chiede di dire che il film "Siccità" non è una fandonia.
    "Siccità" è  allo stesso tempo una commedia corale e un distopico dramma, dove ogni scena  chiede agli attori di essere divertenti e inquietanti, comici e tragici.

    Virzì narra le vicissitudini di diversi personaggi in una Roma oppressa da moltissimo  tempo da una gravissima siccità che ha ridotto al minimo le riserve di acqua. Assistiamo alla vita  dell'Urbe con acqua razionata, scarafaggi sparsi ovunque, ed il Tevere completamente asciutto.  La struttura  di quest'opera (varia  umanità  inserita  in  un momento di  crisi  quasi apocalittica) rievoca il film "Il giudizio universale" di Vittorio De Sica,  su  soggetto e  sceneggiatura  di Cesare Zavattini.  In  quel film del 1961,  accade  che  una voce annunci dal cielo «Alle 18 comincia il Giudizio Universale»,  e l'annuncio si ripete con sempre maggiore frequenza.  Varia umanità reagisce in  modo diverso alla prospettiva di questa annunciata fine del mondo. Fra tutti i personaggi ricordo in modo particolare il  mediatore nella  compravendita  di bambini, interpretato da Alberto  Sordi. 

     In una Roma inaridita, invasa dalla paura e da una stanca emergenza, veniamo a conoscere Antonio,  interpretato da Silvio Orlando,  un  uxoricida che da tanto tempo è rinchiuso nel carcere di Rebibbia  e non immagina né forse desidera una vita fuori di galera.  Può accadere che viva una  incredibile  avventura senza che lui abbia fatto nulla per cambiare la sua situazione?

     Tra le strade assolate della capitale Loris, interpretato da Valerio Mastandrea, guida un'auto a  "noleggio con conducente"; si intuisce che un tempo era stato l'autista di un importante uomo politico. Adesso  Loris sta male, e conversa coi suoi fantasmi: i suoi genitori, il suo ministro...  Ha una figlia che suonerà a un concerto importante, ma accadrà qualcosa che ci porterà a vedere una delle scene più dolci e commoventi che un film come questo, grottesco e amaro, possa mostrarci. Con una straordinaria Claudia Pandolfi, che interpreta un medico che si  sente  inaridire...  

     E c'è Max Tortora, con  un personaggio che davvero sembra uscire da  un film di V.  De Sica e  C. Zavattini, o L. Comencini. Ed Emanuela Fanelli, brava come non mai, che interpreta la figlia di un ricco proprietario  di  un hotel di lusso. A lei  Virzì assegna una parte sorprendente, massima espressione del fatto  che sia un film con diversi personaggi negativi o positivi allo stesso tempo.  Come  il  Professor  Del Vecchio, interpretato da Diego  Ribon,  lo  scienziato che dalla  nicchia  delle aule universitarie si trova alla ribalta come esperto in  TV,  situazione che è divenuta a   noi familiare in questi ultimi tre anni.  Al punto che non ci sembrerà per nulla assurdo vedere quest'uomo non abituato alla popolarità mediatica, invitato a una cenetta intima da una famosa affascinante attrice, Valentina, una specie di Monica Bellucci.  Interpretata  da Monica Bellucci. Da segnalare anche Tommaso Ragno, che interpreta un attore in  difficoltà  aggrappato  alla  visibilità sui social, ed  Elena Lietti, la moglie che lui trascura tutto preso dal suo nuovo ruolo di influencer.

    I film  come  questo,  film corali  dove   si  intrecciano le storie di vari personaggi  attorno a una situazione generale, si trovano di fronte a una difficile mancanza di una figura di spicco. Il regista deve trovare  allora  qualcosa  che funga da protagonista. Sarebbe  noioso andare al cinema per sentirsi  appena raccontare di crisi climatica,  infezioni, crisi energetica. Ne abbiamo abbastanza dalla cronaca, purtroppo. Il  film è una scommessa vinta perché a far da protagonista è la contrapposizione tra la precarietà di ogni cosa (il nostro corpo, la situazione economica, la pace, la stabilità sociale...) e la capacità di interagire con il reale che ogni uomo ha fino all' ultimo respiro, fino all'ultima goccia  d'acqua. Se non credessimo in  questa  "forza dell' essere" nessuno scriverebbe storie come questa, o avrebbe ancora voglia di  vedere la rappresentazione di una distopia, specie quando la sofferenza, la povertà, la guerra, sono sotto gli occhi di tutti. Eppure c'è il bisogno di raccontare e di veder raccontare questa sfida. La fantasia alza l'asticella della  prova  alla  quale  l'uomo è sottoposto, i maestri della fantascienza narrano questa visione, a quel punto si  passa  il confine tra l'ordinario  e lo  straordinario. Che è dato non dal prodigio tecnologico o alieno, ma da una vittoria umana di fronte alla precarietà delle cose della vita. L'avidità, la guerra, il tradimento, presenti in queste narrazioni come purtroppo  in una realtà come la nostra, si contrappongono all'amore, all'amicizia, alla fiducia nel bene e  alla speranza "nonostante tutto". Un  finale del quale è bene non vi  dica  nulla conferma che ci troviamo di fronte a un grande film. Lo voglio rivedere. Spero che  porti a casa un bel po' di David, perché è un film fatto bene. Si sappia che la post-produzione per raffigurare una Roma arida col Tevere in secca è durata mesi,  perché il film, pur distopico, apparisse realistico più che apocalittico. La sigla finale è una scelta significativa: "Mi sei scoppiato dentro  il  cuore", brano cantato  da  Mina e scritto da Bruno Canfora e Lina Wertmüller, è una canzone d'amore che  per forza  è  un inno alla vita. 

    Possiamo pensare che sia appena il ritratto di un mondo in difficoltà, ma il paradigma dell'acqua è invece l'espediente per raccontare come l'uomo ha qualcosa dentro di sé che emerge solo quando la spiazzante mancanza di ciò che dava per scontato lo mette davanti al suo vero io.  Il passato recente, il drammatico presente, il futuro distopico, attraverso "siccità" sono riuniti  in  una  raffigurazione che si sintetizza in una domanda: "Di cosa ha veramente sete l'uomo?"


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