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sabato 30 dicembre 2023
martedì 17 ottobre 2023
"Non dirgli mai", ovvero IL MMG & LO SPECIAL
Introduzione lampo: se andate a una visita da un medico specialista (da qui in poi chiamato SPECIAL) e vi riconoscete, da pazienti, in una di queste situazioni, STATE facendo del male al vostro MMG (Medico di Medicina Generale, Medico di Assistenza Primaria, Medico di Famiglia, , è ERRATO chiamarlo Medico di base).
"Il dottore ha detto di non fumare e mangiare meno cibi grassi"
"MMMMhh... Mi hai portato le Marlboro? Mi fai le patate con lo speck e la tuma?"
Dal MMG.
"Pronto, Dottore, posso avere un appuntamento domattina alle 11 per farle vedere le analisi?"
"No, Signora, può venire alle 11.30, alle 11 ho un' altro appuntamento".
"Ma non posso venire prima?
"No, Signora"
"Allora vengo oggi"
"Signora, oggi ho tutto prenotato. Se non può venire domani alle 11, visto che si tratta solo di guardare le sue analisi, venga dopodomani..."
"Vengo adesso?"
"Sto visitando altre persone. Venga domani"
"Vengo domani all'apertura dello studio? Prima delle altre persone?"
Dallo SPECIAL.
"Pronto, posso avere un appuntamento col Dottore?"
"Tra quattro mesi e mezzo alle 6 e mezzo di mattina".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".
Dal MMG.
"Dottore, mi serve il Piano Terapeutico del farmaco per il diabete. Lo SPECIAL mi ha detto che può farlo anche lei"
"OK, prendiamo appuntamento per..."
"Mi serve subito, ho solo tre pillole"
"Quindi domani va bene. Mi porti le analisi?"
"Ma è in studio? Non può farmelo oggi?"
Dallo SPECIAL.
"Pronto, mi serve il Piano Terapeutico del farmaco per il cuore, quello che può fare solo lo Special".
"I piani terapeutici li rinnoviamo un martedì sì e uno no, solo se non gioca il Milan, se nella settimana non c'è un festivo e se non piove, dalle 10.30 alle 11.45. Massimo 8 utenti. Consigliamo di venire a prendere il posto mettendosi davanti alla porta prima delle 5 di mattina".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".
Dal MMG.
"Dottore, mi serve un certificato per avere quell'agevolazione che le dicevo.."
"OK, sono 35 euro + IVA"
"Ma come, lo devo pagare? No, la prego, non me lo faccia pagare, suvvia, dottore che le costa?
"35 euro"
Dallo SPECIAL.
"Dottore, mi serve un certificato per avere quell'agevolazione che le dicevo.."
"Sono 100 Euro. Non posso fare oggi la fattura perché non mi funziona il comefosseantani".
"Grazie, grazie, grazie, buongiorno, grazie".
Dal MMG.
"Dottore, mi DEVE scrivere queste analisi scritte dallo SPECIAL".
"Non c'è il nome suo o di nessuno, non c'è la diagnosi, non c'é neppure la data, non c'è il timbro, o forse c'è ma senza inchiostro... Ma cosa? Non si capisce cosa ha scritto. Greantimentemia, sfarfilosi, antartca completa, esame del vurfh, Panellitaro B e F, garretereo, multiversoland, garfagnana, bifemorismo, pastrello"
"Ah, se non vi capite tra voi dottori..."
Sempre dal MMG.
"Dottore, ha messo i codici giusti? Ha messo l'esenzione? Questi due esami, mi raccomando, in due ricette diverse. La diagnosi l' ha messa? L'esenzione dove è scritta? La diagnosi dove è scritta? L'esenzione dove è scritta? La diagnosi dove è scitta? Ha scritto tutto? Ha messo i codici giusti? L'esenzione è in tutte le richieste? La Vitamina D c'é?"
Dal MMG
"Dottore, è possibile che una persona, per parlare col proprio medico debba trovare occupato 20 minuti di seguito?"
Dallo SPECIAL.
"Siete in linea per il Sevizio Prenotazioni. Non riagganciate per non perdere la priorità acquisita. Risponderemo entro 285 minuti..."
"Grazie, grazie, grazie, ho preso la linea, che bello, grazie".
Dal MMG.
"Ecco la sua ricetta per andare dallo specialista. Mi raccomando, lo specialista fa parte del Servizio Sanitario Nazionale e deve prescrivere lui stesso gli esami da fare, gli accertamenti, i farmaci da prendere, NON deve mandarla da me per prescrivere richieste e ricette che DEVE prescrivere lui. Se le dice di andare dal MMG e le dà un elenco di cose da farmi trascrivere, sta commettendo una omissione. Chiaro?"
"Chiaro!"
Sempre dal MMG.
"Dottore, lo SPECIAL mi ha detto che mi DEVE scrivere la risonanza, la TAC, l'ecografia, la visita cardiologica con l'elettrocardiogramma, queste 59 analisi, 12 radiografie, questi accertamenti segnati con la X e una visita di controllo"
"Sono tutte cose che doveva scrivere lui, cosa le le avevo detto?"
"Sì, ma mi ha detto che le analisi non le poteva comefosseantani carta sistema computer mastanicomanito, che la risonanza tarapia tapioco con la stampante soppaltata, e tutto il resto con lo scappellamento a destra".
Dal MMG.
"Dottore, mi deve fare le ricette per queste medicine che ha scritto lo SPECIAL"
"Sono tutti integratori; li deve acquistare"
"Ma lo SPECIAL ha detto che erano farmaci mutuabili"
"E te pareva..."
"Ma allora le devo pagare? Non può fare che..."
"Non lo dica"
"Dicevo, non si potrebbe..."
"La prego. Non lo dica. Chiudiamo qui la conversazione. Vada direttamente in farmacia con la ricetta degli integratori prescritti dallo SPECIAL. Chiudiamola qui. Buongiorno:"
"Volevo solo chiederle se..."
"Non lo chieda. È una frase inutile. Me la eviti. La prego. Non la dica. Buongiorno."
"MA NON MI POTREBBE PRESCRIVERE DEI PRODOTTI MUTUABILI CHE SONO COME QUESTE COSE CHE HA PRESCRITTO LO SPECIAL?"
"AAAAAAAAAAAAHHHHH!!! L'HA DETTO!!!! L'HA DETTO!!! AAAAAAAHHHHH!"
sabato 22 luglio 2023
Il trentunesimo giorno - recensione al caldo (45° all'ombra)
Dario Tonani, scrittore italiano che da più di 30 anni sforna libri di forte immaginazione diffusi in molte nazioni, dopo anni dedicati alla saga fantastica di Mondo9 ( https://www.dariotonani.it/mondo9/ ), processa lo sconvolgimento globale di fronte ad eventi catastrofici e drammatici in un romanzo unico, fuori da saghe e universi già narrati.
La storia parte, nel prologo, da due figure in un mondo ancora apparentemente normale, piove ininterrottamente da due giorni, un’istantanea di una coppia elegante e misteriosa. I loro gesti e le loro parole saranno un riferimento importante, ma lo scopriremo andando avanti.
Il pianeta è afflitto da una pioggia torrenziale ininterrotta da diverse settimane, è un disastro globale. Le nubi avvolgono il mondo, alluvioni e alterazione del clima devastano tutto, milioni di persone muoiono a causa di questo diluvio, si lotta per la sopravvivenza ma… può anche andar peggio. Può accadere che al trentunesimo giorno di pioggia inizino a diradarsi le nubi, e alcune forme appaiano in cielo. Sono i cadaveri della gente morta e non seppellita da quando è iniziato il lungo nubifragio. Di fronte a tale fenomeno inspiegabile, si propagano paura, congiure, follie, violenza. E queste salme che fluttuano in cielo sono un problema gravissimo per la salute di un pianeta già afflitto da un mese di pioggia. La soluzione da adottare sarà il reclutamento di squadre addette a tirali giù, con modalità che richiederanno particolari abilità.
La storia principale ha pochi personaggi, e i protagonisti sono due: la giovanissima Evelyne, acrobata di un circo che oramai è distrutto, e Alvaro, un uomo di mezza età con un passato di ladro.
Nei libri e nei film dedicati a una catastrofe la cronaca delle avventure riguarda la storia di un piccolo gruppo di persone, in questo caso assistiamo principalmente a ciò che accade a un gruppo di personaggi tra la Lombardia e luoghi ad essa non distanti. Ma spesso, guardando un disaster movie con una famiglia dove il babbo cerca di salvare moglie e figli, ci chiediamo come se la stiano cavando nel resto del pianeta. Dario Tonani inframezza l’azione principale con microracconti (scritti in corsivo) ambientati in Germania, Francia, Singapore, e diversi altri luoghi, dalla Svezia a Lampedusa. Piccoli gioielli di narrazione. Sono una delle preziosità di questo libro, segnalo la novella ambientata in un centro commerciale di Boston, dove un bimbo chiede un gelato alla mamma.
Il libro è molto scorrevole, pieno di una sapienza dello scrivere che Tonani padroneggia, consapevole che, chiedendo al lettore una certa sospensione dell’incredulità, non può chiedere anche il destreggiarsi tra discontinuità, cose non dette, salti di narrazione. Quando il piacere della lettura deve purtroppo confrontarsi con poco tempo da dedicare ad essa, si alza l’asticella. Un libro deve intrigare, affascinare, non mettere troppa carne al fuoco, non essere difficile da affrontare come un’impresa accademica. Almeno per me, deve essere intrattenimento. E nella letteratura fantastica bisogna assolutamente evitare il “vale tutto”, che, a mio parere affligge diversi film, telefilm, narrazioni letterarie, che abbandono senza pietà perchè la vita è breve.
In particolare Dario Tonani in questo libro, da uno spunto fantadistopico, riesce a tirar fuori un romanzo con una vena thriller, un’altra horror, e anche azione con colpi di scena. La prima caratteristica, il thriller, forse la parte indispensabile per aggrovigliare veramente l’attenzione, è legata al fatto che in un mondo brulicante di cadaveri fluttuanti possono saltar fuori delitti e indagini da compiere. La seconda vena, l’horror, per alcuni è difficile da digerire, in quanto invischiata in una ipocrisia di fondo che vuole dimenticare quanto l’orrore faccia parte del nostro quotidiano, quanto la morte riguardi tutti, quanto i nostri corpi decadano e quanto marciscano dopo la dipartita. L’orrore è sempre parte di una narrazione onesta, a partire dall’impiccagione di Pinocchio e dal lupo che inghiotte la nonna di Cappuccetto Rosso per poi essere squartato per recuperare la vecchia, resistente ai succhi gastrici della belva. La parte più difficile, secondo me, è “l’azione”. La nostra mente è sempre più abituata a vedere le scene di lotta e combattimento, o di pericolo nel precipitare o correre per fuggire, nei film o nelle serie TV. Già composte per i nostri occhi. La lettura deve comporre queste scene a partire da ciò che lo scrittore descrive, la sua trasposizione in parole è un compito arduo per rendere fluida l’azione, veloci i colpi di scena pur dovendoli descrivere con minuzia. In questo libro ho trovato tutto questo, e ne sono grato all'autore.
Procuratevi questo volume, perfetto come lettura per le vacanze, ma anche per villeggiatura della mente nei giorni di fatica. Buona lettura.
giovedì 8 giugno 2023
E se il teletrasporto diventasse un' APP sullo smartphone?
dove si parla del racconto vincitore,
L'OBSOLESCENZA DELLA RUOTA, scritto dal curatore di questo Blog.
Il racconto fanta-umoristico parla del teletrasporto e delle implicazioni della sua invenzione.
L'Antologia "Omega Short & Graphics 2" contiene molti racconti fantastici e diverse opere grafiche. Potete acquistarla ai seguenti LINK:
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sabato 15 aprile 2023
Messina caput mundi
L’anno prima, da lettore di fantascienza siciliano, mi trovai a provare la sensazione opposta. C’era qualcosa di familiare in un volume in edicola: Messina era nel titolo italiano di un numero di Urania, I condannati di Messina di Ben Bova (Urania n. 601 del
17 settembre 1972). La spiegazione del titolo italiano del volume (in origine intitolato Exiled from
Earth, letteralmente Esiliati dalla Terra) la troviamo sul retro di copertina del volume della
collana che all’epoca era curata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini: “Farà piacere ai nostri lettori siciliani sapere che in un futuro più o meno lontano Messina è destinata a diventare sede del supergoverno mondiale. La città, certo, non sarà più la stessa. Torri e palazzi fantascientifici domineranno lo stretto; uomini dotati d'immenso potere e carichi d'immense responsabilità guarderanno pensosi verso la Calabria; e celebri scienziati di tutto il mondo si ritroveranno, sbigottiti, a Messina, trasportati qui con le buone e con le cattive insieme alle loro famiglie. Una gravissima decisione è stata presa al più alto livello: ancora una volta la scienza sta per mettere in pericolo mortale non solo la società ma l'umanità stessa. E la scienza deve essere messa in condizioni di non nuocere. L'ordine spietato (o pietoso?), necessario (o criminale?) partirà da Messina”.
Per noi siciliani che a quel tempo eravamo ragazzetti divoratori della collana, ma anche per tutti quelli che dopo si sono ritrovati ad avere per le mani quel piccolo volumetto, fu una doppia sorpresa: non solo il nome di una città a loro familiare compariva nel titolo di
un romanzo di fantascienza ma, per di più, nel romanzo la città era addirittura la capitale dell’intero pianeta!
istante capitale del mondo.Ecco come la descrive il romanzo:
"C'era poco da vedere di Messina Antica. La città originaria, con le sue vecchie chiese e le case di un bianco abbagliante sotto il sole violento della Sicilia, era stata inghiottita dalle torri di vetro e metallo del governo mondiale, un complesso che comprendeva uffici, centri per congressi, alberghi, edifici residenziali, negozi e quartieri di divertimento, destinati ai cinque milioni di uomini e donne cui era toccato in sorte di governare gli altri venti miliardi di abitanti, sparsi per tutto il pianeta. [...]
Se non altro siamo riusciti a salvare parte della città vecchia, pensò [il Presidente]. Era stato uno dei suoi primi successi, in politica mondiale. Una cosa minima; comunque, lui aveva contribuito a
contenere la crescita di Messina Nuova, prima che questa soffocasse e inghiottisse del tutto la città
antica. Da quasi trent'anni, ormai, il nuovo centro aveva mantenuto le stesse proporzioni. Al di là
delle imbarcazioni da pesca allineate nel porto, lo stretto brillava nel sole, invitante. Più lontano,
c'era la punta dello stivale d'Italia, la Calabria, dove i contadini conservavano ancora l'antica fierezza. E, oltre le alture velate e azzurrine della Calabria, luccicanti sotto il calore, l'azzurro più intenso del cielo era troppo luminoso per potervi fissare lo sguardo."
Il romanzo I condannati di Messina (Exiled from Earth, 1971), fu pubblicato per la prima volta sulla rivista Galaxy Science Fiction in due puntate uscite nei numeri di gennaio e febbraio del 1971, per essere poi ristampato nell'ottobre dello stesso anno in un volume unico in
edizione paperback ed essere, quindi, pubblicato in Italia sul n. 601 di Urania nel 1972 nella traduzione di Bianca Russo. Si tratta del primo volume di una trilogia che prosegue con L'astronave dei ventimila (Flight of Exiles, 1972), pubblicato in Italia nel 1977 sul n. 720
di Urania nella traduzione di Angela Campana, e End of Exile (1975), mai pubblicato in Italia come volume a sé, ma contenuto, nella
traduzione di Beata Della Frattina e con il titolo Ritorno dall’esilio, nel volume n. 9 della collana Biblioteca di Urania, intitolato L’astronave dell’esilio e pubblicato nel 1981, che contiene l’intera trilogia così come era stata raccolta per la prima volta in volume negli Stati Uniti nel 1980 sotto il titolo The Exile Trilogy.
Oltre all’Astronave dell’esilio, Bova scrisse molte altre saghe (tra le quali ricordiamo Watchmen, Orion, Kinsman, Moonrise), nessuna delle quali purtroppo è stata pubblicata per intero in Italia. Solo il ciclo degli esiliati è fruibile per intero dai lettori italiani. Come curatore di antologie, Bova vinse per sei volte il Premio Hugo, dal 1973 al 1977 e nel 1979. Fu presidente della Science Fiction Writers of America e presidente emerito della National Space Society. Morì il 29 novembre 2020 a Naples, in Florida, per ictus e complicazioni da COVID-19.
Da anni ci chiediamo “Perché Messina? Per quale motivo proprio la bella città siciliana è
stata designata da un autore americano come capitale del pianeta in questa serie di romanzi?”. La motivazione non è indicata all’interno della trilogia, ma possiamo pensare che il suo cognome, Bova, diffuso nel meridione d’Italia, indichi origini italiane dello scrittore. Nel 2014, in vista di una mia conferenza all’Aetnacon (la convention siciliana della fantascienza e del fantastico) nella quale
avrei parlato di quest’opera, non trovando in rete informazioni a riguardo, decisi di contattare direttamente l’autore attraverso il suo sito ufficiale. Ben Bova mi rispose a stretto giro di posta elettronica:
capriccio, sebbene la mia ascendenza sia calabrese.
C’è una città chiamata Bova sulle colline e un porto chiamato Bovalino fu costruito dopo la seconda guerra mondiale.
Ciao, Ben Bova
È quindi a Messina che, nel primo volume della trilogia, il Governo Mondiale prende una decisione drastica: sacrificare 2000 scienziati per salvaguardare la vita e il futuro di 20 miliardi di persone. Questi scienziati sono a
vario titolo coinvolti in progetti che, attraverso la manipolazione genetica, potrebbero portare alla creazione di una genìa di superuomini. Il loro esilio su un’isolata stazione orbitale sembra la scelta obbligata per frenare le conseguenze dello sviluppo e delle applicazioni dell’eugenetica. Gli scienziati decidono però di trasformare la stazione in un’astronave generazionale e di partire verso Alfa Centauri alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare.
Il terzo volume è ambientato diverse generazioni dopo la conclusione del precedente.
L’astronave è popolata da ragazzi che non conoscono le proprie origini e non sanno usare le macchine della nave. La storia di
questi giovani che devono “ricominciare da zero” nello spazio profondo è molto interessante e Bova conclude la trilogia in uno scenario completamente diverso da quello iniziale, creando quasi una storia completamente nuova e indipendente dalle vicende
precedenti, tanta e tale è la perdita di informazioni da parte dei protagonisti.
I tre romanzi sono molto diversi l’uno dall’altro: l’autore ci offre gruppi di protagonisti sostanzialmente differenti e situazioni del tutto diverse, a segnare come il passare dei decenni operi un cambiamento di scenari e
persone. Non date retta a chi definisce questa saga come “per ragazzi”. Il fatto che i protagonisti dell’avventura finale siano degli adolescenti non vuol dire che la storia debba rientrare nel genere “young adult”; anzi, lo sguardo su ogni capitolo della vicenda è compiuto e maturo. Se inizialmente si parte incuriositi da un titolo italiano insolito, perché pone la città dello stretto come capitale mondiale, ci si trova poi di fronte a una saga affascinante,
sulle implicazioni dell’ingegneria genetica, un tema che la fantascienza ha colto in tutte le sue possibilità e conseguenze non appena questo è stato definito in ambito scientifico.
Il concetto di ingegneria genetica fu introdotto, infatti, dal biologo statunitense Rollin Douglas Hotchkiss nel 1965, per designare l’insieme delle tecniche volte a trasferire nella struttura della cellula di un essere vivente alcune informazioni genetiche che altrimenti non avrebbe avuto. E il primo passo concreto di tali tecniche di manipolazione dei geni è stato certamente la scoperta degli enzimi di restrizione, per la quale Werner Arber, Daniel Nathans e Hamilton Smith ricevettero il Premio
Nobel per la Medicina nel 1978.
era già stato preceduto, ad esempio, dalla storia narrata in Spazio profondo (Space Seed), episodio della prima stagione della Serie Classica del telefilm Star Trek trasmesso per la prima volta negli Stati Uniti il 16 febbraio 1967, appena due anni dopo le prime definizioni accademiche ufficiali sull’argomento! Nell’episodio, l’astronave Enterprise guidata dal Capitano James T. Kirk incontra un gruppo di potenziati, persone modificate geneticamente per essere dei veri e propri superuomini, spinti dalla loro ambizione a cercare di dominare il mondo e fuggiti dopo che il resto dell’umanità si era ribellata e li aveva sconfitti nel corso delle guerre eugenetiche. Il loro capo, Khan Noonien Singh, cerca di impadronirsi dell'Enterprise ma, dopo varie peripezie, viene sconfitto da Kirk, che lo esilia insieme al suo equipaggio sul pianeta Ceti Alpha V. L’episodio ha avuto un seguito e una conclusione
nel film Star Trek II – L’ira di Khan (Star Trek II: The Wrath of Khan, 1982), nonché un successivo reboot all’interno del cosiddetto kelvin-verse della saga, nel film Into Darkness – Star Trek (Star Trek Into Darkness, 2013).
Da notare come in entrambe le storie, sia in Star Trek che nella saga di Ben Bova, l’esilio
viene utilizzato come strumento risolutivo, ma con finalità diverse: nel telefilm per porre
riparo alle conseguenze dell’ingegneria genetica, che tendono a sfuggire al controllo degli
esseri umani; nell’opera letteraria, invece, a scopo preventivo, affinché non si possano
verificare le condizioni che porteranno allo sviluppo di quella tecnologia e alle sue conseguenze sulla collettività terrestre.
genetica nell’opera di Bova e nella fantascienza successiva è dato dalla presenza di Grande
George, un gorilla senziente capace di parlare, nel laboratorio segreto degli scienziati del romanzo
I condannati di Messina. Un'idea molto simile la ritroveremo nel personaggio di Caesar, lo
scimpanzé che crea la società di scimmie intelligenti nel reboot della saga cinematografica de Il pianeta delle scimmie, la trilogia di film L’alba del pianeta delle scimmie (Rise of the Planet of the Apes, 2011), Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie (Dawn of the Planet of the Apes,2014) e The War – Il pianeta delle scimmie (War for the Planet of the Apes, 2017). In questa saga, l’evoluzione degli scimpanzé e la guerra tra questi e gli esseri umani nascono da un esperimento di genetica su scimmie di laboratorio volto a sconfiggere il morbo di Alzheimer.
In tutte queste connessioni tra letteratura, televisione e cinema di ieri e di oggi non c’è niente di strano. Quando ci ritroviamo a scrivere di saghe fantascientifiche è facile ritrovare molte cose “già viste” o che ce ne ricordano altre. Rammentiamo sempre che, spesso, in quei casi, abbiamo davanti quella che all’epoca era una nuova idea, e che ciò che genera mirabolanti saghe nell’immenso mondo della narrazione, nelle sue molteplici forme, ha dei silenziosi archetipi nascosti tra volumi oggi impolverati.
lunedì 2 gennaio 2023
La distopia dell' acqua
La domanda che ci siamo posti in questi anni di pandemia è se la crisi, le privazioni, il lockdown, la malattia, le perdite, ci abbiano reso migliori o peggiori, o se l'umanità in fondo resti sempre la stessa; se l'abitudine, l'oblio, ci rendano più aridi; se le prove della vita ci insegnino ad apprezzare ciò che conta veramente.
Virzì narra le vicissitudini di diversi personaggi in una Roma oppressa da moltissimo tempo da una gravissima siccità che ha ridotto al minimo le riserve di acqua. Assistiamo alla vita dell'Urbe con acqua razionata, scarafaggi sparsi ovunque, ed il Tevere completamente asciutto. La struttura di quest'opera (varia umanità inserita in un momento di crisi quasi apocalittica) rievoca il film "Il giudizio universale" di Vittorio De Sica, su soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini. In quel film del 1961, accade che una voce annunci dal cielo «Alle 18 comincia il Giudizio Universale», e l'annuncio si ripete con sempre maggiore frequenza. Varia umanità reagisce in modo diverso alla prospettiva di questa annunciata fine del mondo. Fra tutti i personaggi ricordo in modo particolare il mediatore nella compravendita di bambini, interpretato da Alberto Sordi.
In una Roma inaridita, invasa dalla paura e da una stanca emergenza, veniamo a conoscere Antonio, interpretato da Silvio Orlando, un uxoricida che da tanto tempo è rinchiuso nel carcere di Rebibbia e non immagina né forse desidera una vita fuori di galera. Può accadere che viva una incredibile avventura senza che lui abbia fatto nulla per cambiare la sua situazione?
Tra le strade assolate della capitale Loris, interpretato da Valerio Mastandrea, guida un'auto a "noleggio con conducente"; si intuisce che un tempo era stato l'autista di un importante uomo politico. Adesso Loris sta male, e conversa coi suoi fantasmi: i suoi genitori, il suo ministro... Ha una figlia che suonerà a un concerto importante, ma accadrà qualcosa che ci porterà a vedere una delle scene più dolci e commoventi che un film come questo, grottesco e amaro, possa mostrarci. Con una straordinaria Claudia Pandolfi, che interpreta un medico che si sente inaridire...
E c'è Max Tortora, con un personaggio che davvero sembra uscire da un film di V. De Sica e C. Zavattini, o L. Comencini. Ed Emanuela Fanelli, brava come non mai, che interpreta la figlia di un ricco proprietario di un hotel di lusso. A lei Virzì assegna una parte sorprendente, massima espressione del fatto che sia un film con diversi personaggi negativi o positivi allo stesso tempo. Come il Professor Del Vecchio, interpretato da Diego Ribon, lo scienziato che dalla nicchia delle aule universitarie si trova alla ribalta come esperto in TV, situazione che è divenuta a noi familiare in questi ultimi tre anni. Al punto che non ci sembrerà per nulla assurdo vedere quest'uomo non abituato alla popolarità mediatica, invitato a una cenetta intima da una famosa affascinante attrice, Valentina, una specie di Monica Bellucci. Interpretata da Monica Bellucci. Da segnalare anche Tommaso Ragno, che interpreta un attore in difficoltà aggrappato alla visibilità sui social, ed Elena Lietti, la moglie che lui trascura tutto preso dal suo nuovo ruolo di influencer.
I film come questo, film corali dove si intrecciano le storie di vari personaggi attorno a una situazione generale, si trovano di fronte a una difficile mancanza di una figura di spicco. Il regista deve trovare allora qualcosa che funga da protagonista. Sarebbe noioso andare al cinema per sentirsi appena raccontare di crisi climatica, infezioni, crisi energetica. Ne abbiamo abbastanza dalla cronaca, purtroppo. Il film è una scommessa vinta perché a far da protagonista è la contrapposizione tra la precarietà di ogni cosa (il nostro corpo, la situazione economica, la pace, la stabilità sociale...) e la capacità di interagire con il reale che ogni uomo ha fino all' ultimo respiro, fino all'ultima goccia d'acqua. Se non credessimo in questa "forza dell' essere" nessuno scriverebbe storie come questa, o avrebbe ancora voglia di vedere la rappresentazione di una distopia, specie quando la sofferenza, la povertà, la guerra, sono sotto gli occhi di tutti. Eppure c'è il bisogno di raccontare e di veder raccontare questa sfida. La fantasia alza l'asticella della prova alla quale l'uomo è sottoposto, i maestri della fantascienza narrano questa visione, a quel punto si passa il confine tra l'ordinario e lo straordinario. Che è dato non dal prodigio tecnologico o alieno, ma da una vittoria umana di fronte alla precarietà delle cose della vita. L'avidità, la guerra, il tradimento, presenti in queste narrazioni come purtroppo in una realtà come la nostra, si contrappongono all'amore, all'amicizia, alla fiducia nel bene e alla speranza "nonostante tutto". Un finale del quale è bene non vi dica nulla conferma che ci troviamo di fronte a un grande film. Lo voglio rivedere. Spero che porti a casa un bel po' di David, perché è un film fatto bene. Si sappia che la post-produzione per raffigurare una Roma arida col Tevere in secca è durata mesi, perché il film, pur distopico, apparisse realistico più che apocalittico. La sigla finale è una scelta significativa: "Mi sei scoppiato dentro il cuore", brano cantato da Mina e scritto da Bruno Canfora e Lina Wertmüller, è una canzone d'amore che per forza è un inno alla vita.
Possiamo pensare che sia appena il ritratto di un mondo in difficoltà, ma il paradigma dell'acqua è invece l'espediente per raccontare come l'uomo ha qualcosa dentro di sé che emerge solo quando la spiazzante mancanza di ciò che dava per scontato lo mette davanti al suo vero io. Il passato recente, il drammatico presente, il futuro distopico, attraverso "siccità" sono riuniti in una raffigurazione che si sintetizza in una domanda: "Di cosa ha veramente sete l'uomo?"