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sabato 28 novembre 2020

APELLE

Un racconto di PAOLO LONGARINI e FRANCESCO SPADARO.
Prima pubblicazione: Star Trek Italia Magazine Anno V n.8 e n. 9, settembre e ottobre 2003 .

    Non ho nessuna intenzione di lasciare la Luna. I cantieri di Tycho Crater sono la mia vita. Sì, lo so che il progetto dell'ultimo modello di astronave è stato sospeso dalla Federazione, ma non ci si può arrendere così facilmente.
    Non deve essere così difficile rimettersi al lavoro dopo aver considerato che se i Ferengi adesso fanno astronavi veloci a buon mercato, non fanno certo navi che hanno la classe di quelle fatte da noi.  L'ultima Enterprise era una meraviglia, Picard in persona è venuto a complimentarsi da noi del reparto tappezzerie. Poi sono arrivati gli ingegneri dell'Accademia di Sirio, quelli che passavano il tempo a bere caffè nel Mare della Tranquillità. E iniziò il progetto "Apelle". "Non appena un nuovo tipo di astronave ma un nuovo concetto di astronave" dicevano, ma nessuno sapeva nulla di quello che avevano intenzione di fare.
    La prima cosa da fare, comunque, è dare una ripulita alla casa.
    Frargh ha lasciato impronte dappertutto, e non c'è un tegame che non sia incrostato.
    L'isolatore spettrografico è fuori uso, il pulitore ad accoppiamento spettrale è a riparare, il sistema di dissipazione polarizzata fa un rumore infernale e io ho mal di testa, come tutte le volte che eccedo con i gamberi di Amargosa.
    Alle venti arriva Luisa, già la sento:"Come sta il mio piccolo George?".
    Ma perché non mi chiama mai col mio vero nome, Piergiorgio?
    Sette anni di matrimonio e già non la sopporto.
    L'anno scorso la tolleravo a stento.
    Due anni fa ero bravo a nascondere il disgusto quando mi si avvicinava.
    Sei anni fa riuscivo a stare un solo giorno fuori per ogni giorno passato in casa.
    Al matrimonio l'ho addirittura baciata.
    So che sta per arrivare la domanda. Siete come tutti gli altri, non potete resistere. Gli alluci vi tremano, le palpebre battono, siete in uno stato quasi allucinatorio in cui potreste rinunciare a tutto (all'ultima fetta di Viennetta, alla Kamchtatka, che va difesa fino alla morte contro ogni tipo di strategia, a scrivere il numero di telefono della Bombazzi, ex-compagna di accademia che, per motivi a voi oscuri chiamano "Folletto", ma cominciate a sospettare che non si riferiscano a nessuna favola), ma non al formulare LA domanda: perché diamine l'ho sposata?
  "Amo i suoi difetti", mi dicevo. "Le sue imperfezioni la rendono irresistibile" mi ripetevo quando era necessario spiegare a me stesso perché non riuscivo a stare senza di lei e la volevo sposare per averla con me pure sulla Luna. Ogni cosa che vivevo, nel momento stesso che accadeva, esisteva anche per raccontarla a lei, per sentire il suo partecipare con gioia o dolore ad ogni istante della mia vita sulla terra. Ma sulla luna qualcosa rese tutto differente, cominciai a non sentirmi più il suo "piccolo George" sin dalle prime volte che cominciammo ad andare al cinema a bassa gravità, guardavo il film con lei e avrei voluto essere andato da solo.
    Le venti e trenta e nessuna notizia di Luisa.
    Suona il Videoprunch. Perché lo hanno chiamato così? È solo un videocitofono, ma gli hanno messo il retinografo, lo scandaglio caratteriale e il dissuasore per propagandisti ed è diventato Videoprunch.
"Piergiorgio Ferrazza?"
"Così c'è scritto sulla targhetta del Videoprunch".
    Accento napoletano. Ferengi. Mai visto.
"Non ho ordinato pizze, ma se ne avete una coi carciofini la prendo".
"Non sono qui per portare pizze. Deve venire con me. Problemi al reparto tappezzeria".
"Si è raggrinzita la finta pelle di Gtarf nelle poltroncine? Non è un problema da risolvere a tarda sera".
"Scenda. È importante".
"Mi risulta che ci sia un team efficientissimo, gli ingegneri di Sirio. Il mio reparto è chiuso per ristrutturazione".
"C'è bisogno di lei. Adesso".
"All'Accademia di Sirio non insegnavano bene a tagliare il Dacron? O sono i soliti sfilacciamenti del Carbonio?"
"Ne parliamo ai Cantieri. Scenda e venga con me".
"Non so neppure chi sia lei. Può anche essere un maniaco che vende foto di chiappe di terrestri. Mio cugino si è ritrovato con mezza Risa che trafficava interi album col suo posteriore. Non scendo".
"C'è una persona con me. Le parlerà lui".
    Sullo schermo del Videoprunch apparve il volto inconfondibile di Kartuat, il Luriano. Era stato il mio capo per un anno e mezzo. Quando arrivo ai Cantieri, noto subito che il reparto tappezzerie è stato riverniciato di azzurro, e che hanno ripiastrellato i pavimenti.
    Poi vedo ciò che non mi sarei mai aspettato di vedere.
    Luisa.
    Un'uniforme della flotta stellare.
    Un grado superiore al mio.
    Il tutto contemporaneamente.
    Sarei stato in grado di sopportarlo in una qualsiasi altra combinazione: Luisa, che dopo averla buttata nel più grande Wok che la storia ricordi abbia un grado di cottura superiore al mio; Luisa in un'uniforme della flotta stellare che fa il mozzo di bordo ed io l'intrepido capitano che deve punirla perché lei gli ha appena rovesciato sui pantaloni il caffè (ma lasciamo perdere, ho ancora addosso questi sottilissimi pantaloni del pigiama). Ma non questo.
"Piccolo George!"
"Luisa, ma cosa… Che stai facendo qui?… cosa succede?". Questo è tutto quello che riesco a balbettare. Riesco quasi miracolosamente a riprendere il controllo di me e delle mie sinapsi neurali quando i miei occhi si posano sull'innominabile:
Campioni di tende di fustagno.
    Vacillo.
    Un cadetto sta togliendo dall'imballo un carillon portasigarette.
    Le ginocchia tremano (Twist! Twist!).
    La scatola della Radio Cubo Brionvega.
    Le caviglie stanno cedendo ma reggono. Il peggio arriva nel momento in cui mi rendo conto cosa sta tenendo in mano Luisa.
    Moquette bianca e nera in disegni optical.
    Le gambe sono andate, il pavimento si avvicina sempre di più. Mentre vado giù penso "per fortuna siamo al chiuso, di solito nei film quando uno pensa che nulla possa andare peggio di come sta andando, quello è il momento in cui inizia a piovere". Durante l'interminabile tragitto che separa la mia mascella dal tanto agognato ricongiungimento con le piastrelle e dall'oblio che ne scaturirà, i miei occhi si puntano sull'equivalente di un acquazzone oceanico:
    Una lampada a fibre ottiche multicolori.
    Se esiste un Dio buono e misericordioso, e se è in zona raggiungibile, mi faccia morire in questo preciso istante.
    Impatto.
    Non mi ero mai reso conto di quanto fosse lucido il soffitto del reparto tappezzeria. Ora mi spiego perché guardandolo mi veniva in mente Picard.
    Perdita di conoscenza.
    Mi trovo sul lettino dell'infermeria. La dottoressa è carina, ha il seno grosso. Le due frasi precedenti non potrebbero esistere l'una senza l'altra. Qui, sulla Luna, chi ha grandi tette passa ore nelle zone a gravità lunare. Non ho nessuna intenzione di lasciare la Luna, ma questo l'ho già detto. Riesco a dire solo:
"Rapatapal!"
"Rapatapal?" fa la dottoressa.
"Non ho preso il Rapatapal, oggi, ho problemi di pressione arteriosa".
"La sua pressione va benissimo, adesso. Non è necessario il Pratapatal"
"Rapatapal!"
"Quello che è!"
"Dottoressa, non conosce il Rapatapal?"
"Con un milione e mezzo di farmaci in commercio nell'Universo conosciuto non sono tenuta a sapere il nome di ogni pillola che esiste!"
"Il Rapatapal non è una pillola, sono gocce!"
    Si china su di me per guardarmi bene sotto le palpebre. Ha le mani profumate. Ha il camice aperto e una scollatura vertiginosa. Per stare bene non serve il Rapatapal, mi ha convinto.
"Ferrazza, adesso possiamo parlare?".
La voce è quella di Kartuat, il Luriano: "Siamo al disastro, come ha potuto notare. Gli ingegneri dell'Accademia di Sirio hanno affidato al Tenente Comandante Luisa Gerotti…"
"…coniugata Ferrazza…"
"Appunto. Le hanno affidato tutte le rifiniture delle Navi. Piergiorgio, cosa sa di Apelle?"
"Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo. Tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo".
"Il progetto Apelle, dico. Da Tycho Crater dovrebbe venir fuori a giorni un'astronave di nuovo tipo.            Fresche tecnologie, occultamento perfetto, condotti di cavitazione statica con la recente risonanza a particelle, convertitori di derivazione isolineare potenziati. Ma il Tenente Comandante Luisa Gerotti…"
Kartuat fece una specie di singhiozzo.
"Ho visto" disse Piergiorgio.
"Ha visto ben poco, se avesse dato un'occhiata al Ponte di Comando con l'organzino di seta e i rosoni stilizzati, e il broccato sulle paratie, e i computer rosa shocking…"
    Altro singhiozzo.
    Poi riprese: "Su quella Nave ci saranno anche dei klingon, e un vulcaniano".
"La vedo brutta".
"Anch'io. Per questo ho voluto che venisse qui a rendersi conto".
"Sì, ma io che dovrei fare?"
"Non faccia finta di niente, la responsabilità di questo casino è anche sua!"
"Mia?"
    E che diamine avrei fatto? Mi ritrovo di colpo una moglie, che amo ma non sopporto, che può ordinarmi di portare fuori la spazzatura, che volendo (sigh) potrebbe finalmente costringermi ad andare in vacanza con sua madre pena il declassamento o peggio… o peggio…… o peggio…………
NOOOooOOOooOO!!!!
    Potrebbe addirittura trasferirmi al temuto REPARTO SANITARI.
    Nessuno, trasferito al reparto Sanitari, è mai tornato indietro, nessuno ha mai avuto più notizie di lui, nessuno ne ha neanche più sentito parlare.
    Nessuno ha mai più visto……
    Nessuno ha mai……
    Nessuno può dire di aver……
    Non oso neanche pensarlo. Lo so che è una leggenda metropolitana come i coccodrilli albini o Mark Hateley, ma si dice che il solo mettere in dubbio l'esistenza dei sanitari sulle navi della flotta sia l'ultimo pensiero coerente prima di una morte orribile.
"Ferrazza! Se lei non avesse portato sua moglie vestita da ufficiale alla festa in maschera dell'ammiraglio, tutto questo non sarebbe successo: la moglie dell'ammiraglio non avrebbe parlato con lei di "svecchiamento" e di "aria nuova nella flotta" e non avrebbe costretto il marito a promuoverla istantaneamente a capo del Reparto Tappezzeria"
    Oddio, è stato solo per quello? Lei SAPEVA ed ha taciuto, in tutti questi giorni rientravo a casa e non mi ha mai detto nulla, aspettava per la zampata definitiva. Maledetta strega, ma chi ho sposato?
    La adoro.
"D'accordo, basta con le chiacchiere e gli infantili scambi di accuse, adesso dobbiamo assolutamente porre rimedio a tutto questo, i Romulani ci prenderebbero per il culo almeno per i prossimi due secoli."     Mi armo del mio sguardo più duro, del mio cipiglio più deciso, mi esibisco in una camminata che farebbe passare Robert Mitchum per Anbeta di Saranno Famosi.
    Due addette alle tendine svengono mentre passo accanto a loro, la Signorina Belastozzi, zitella da 50 anni, ricorda d'improvviso di come da giovane ruzzolava sulle bobine di fase con buona parte del 5° reparto cadetti, il Tenente Anja Marivicich regredisce dalla menopausa.
    Arrivo davanti a Luisa con due Anturiane avvinghiate ai polpacci.
Le mando via con un'alzata di sopracciglio.
"Luisa, dobbiamo parlare".
"Non qui".
    Quando dice "Non qui" so cosa intende.
"Luna tu parli solamente a chi è innamorato
chissà quante canzoni ti hanno già dedicato
ma io non sono come gli altri
per te ho progetti più importanti, Luna…"

    Il "Gianni Togni" è il locale preferito da Luisa. La statua del cantautore romano che ha scritto e cantato nel XX secolo l'inno del satellite si erge su una fontana con giochi di luci multicolori. I tavolini a forma di fagiolo accolgono gente di ogni razza e ogni ceto sociale, puoi trovare il Comandante di astronave allo stesso tavolo della spogliarellista, il Magistrato allo stesso tavolo della spogliarellista, il Professore di Università allo stesso tavolo della spogliarellista.
    È l'una.
"Luna non essere arrabbiata,
dai non fare la scema
il mondo è piccolo se è visto da un'altalena
sei troppo bella per sbagliare,
solo tu mi puoi capire, Luna…"

"Non hai idea, Luisa, di quello che sta accadendo. Ogni astronave oramai ospita un mucchio di forme di vita delle razze più disparate, l'ambiente deve il più possibile far sentire a proprio agio le diverse culture, favorire l'integrazione…"
"Questa Lemonsirio è deliziosa!"
"Mi stai ascoltando? Come fai a bere la Lemonsirio? Sa di succo di peperoni!"
"Mi piace il succo di peperoni, piccolo George, non ricordi la Luna di miele?"
    La ricordo, certo. Il suo alito ai peperoni, corbezzoli se lo ricordo.
"Luisa, ti dicevo, credo che con le innovazioni decorative delle astronavi ti stia spingendo troppo oltre e che…"
    Un Cardassiano che vende rose? Non c'è più mondo. Ha un sorriso mellifluo. Porge una rosa alla mia signora, Luisa la prende ricambiando il sorriso da coma diabetico.
    Ma perché mette in mano una rosa anche a me?
    Perché la sto afferrando come un idiota?
    Perché sento questa strana sensazione?
    Numi della Terra! Fantasmi da Marte! Monti di Venere!
    Ci stanno teletrasportando.
"Ditemi che è finita! Ditemi che è finita!!!"
"Luisa, cosa stai dicendo? Dove diamine siamo? Voi chi siete e cosa volete da noi?"
    Ok, manca solo chiedere "che pasta butto" e le domande cardine dell'esistenza sono fatte tutte.
"Adesso voglio una missione cazzuta, voglio combattere contro i vermi carnivori su Altar 3, voglio sedare risse sul terzo anello, voglio fare il magistrato in Italia, tutto, ma basta con questo ridicolo tappezziere!!!"
    Adesso mi rendo conto di dove siamo. Sarò anche solo un tappezziere, cara la mia Luisa, ma ho un addestramento della flotta stellare alle spalle, l'esperienza ci tirerà fuori da tutto questo.
    Dunque: intorno a noi ci sono sette cardassiani, c'è un lettino da ospedale e dei legacci, tutto il kit del bravo torturatore, penombra, schizzi di sangue sul pavimento, pezzi di anatomia ancora mobili sulle pareti, i Pooh come sottofondo.
    Direi senza dubbio che siamo nella deiezione animale non compattata.
    Santa pace, ho lasciato acceso il correttore ortografico del Word.
"Vuoi lasciarmi andare, idiota terrestre?"
"Luisa, non farti prendere dal panico, troverò una soluzione" e sorrido duro e deciso: Clint, torna alle elementari.
    Luisa si scrolla da me e si avvia verso i cardassiani, si avvicina ad una femmina e la bacia appassionatamente.
    Qualcosa mi sfugge.
"Ve lo avevo detto che era un idiota! Non ha ancora capito nulla e mi avete fatto fare sette anni sotto copertura per sorvegliare un tappezziere imbecille!"
    Qualcosa continua a sfuggirmi.
    Il cardassiano più grosso si avvicina a Luisa e le fa saltare un dente con un pugno. Non le dice nulla, quasi non la guarda, ma come per magia lei si azzitta all'istante.
    Le solite vacanze a Bahia del mio dentista si allungano di almeno dieci giorni.
    Non c'è niente da fare, qualcosa mi sfugge sempre. Da solo non ce la faccio, chiedo l'aiuto del pubblico: si può sapere, visto che "gli dispiace e deve andare, visto che il suo posto è là ed il suo amore si potrebbe svegliare", con chi ce l'ha Dodi Battaglia?
    Però, adesso che ci penso, Luisa continua a chiamarmi idiota, ha appena baciato una cardassiana e, non ultimo, mi farà aumentare l'assicurazione odontotecnica.
    Qualcosa non quadra.
"Luisa, io non sarò un diplomatico ma credo che baciare uno dei rapitori non sia il modo migliore per intavolare una trattativa, il signore, giustamente, si incazza".
    Il tizio grosso di prima mi fa male già con lo spostamento d'aria, il pugno che mi arriva è un in più.     Faccio la conta, ne mancano un paio.
    Sento già nelle orecchie il Dott. Mengozzi: "Brigittebardòbardò…..brigittebegiòbegiò…meo amigo charlie…"
"Piantala di chiamarmi Luisa! Il mio nome è Gontak, legato Osvaldo Gontak, per la precisione".
    Oh, mamma.
    È una sedia quella? Perlomeno le somiglia. Avrà pure fili e bottoni dappertutto ma ho bisogno di sedermi. Credo che sei gocce di Rapatapal non ci starebbero male ma non si può avere tutto. Il legato Osvaldo Gontak si accende un sigaro cubano. Non sapevo che Luisa fumasse, ma credo che questa non sia la caratteristica di Luisa per la quale dovrei sorprendermi maggiormente. Sì. Sì. Lo so. Chimica, chirurgia, protesi di supporto genetronico, membrane di ricircolo cellulare, induttori di filtraggio neuronico, ma ho fatto gnoppo gnoppo per anni con una spia cardassiana che fuma cubani e ho bisogno di ritrovare me stesso.
    Okay.
    A posto.
    Posso rialzarmi, adesso.
    Non posso rialzarmi. Sono bloccato su questa specie di sedia. Ullallà, spengono le luci. È l'ora del brandy?
    Ho un cerchio alla testa. Nel senso che so di avere un cerchio di metallo applicato al cranio, fili attaccati dappertutto, gli arti bloccati. Sono andati via tutti? No, ci sono quattro luci che illuminano un tavolino e un cardassiano mi fissa.
"Hai fame, Pispolo? Vuoi un uovo di Pitiorgh sodo?".
    Pispolo? Non mi chiamavano Pispolo dalle elementari, odio quel nomignolo.
"Odio le uova di Pitiorgh. Non mi chiamo Pispolo".
"Sappiamo tutto di lei, Pispolo. Non sottovaluti la più grande attività di spionaggio di ogni pianeta conosciuto".
"Gnegnegnè, non avete neanche una squadra in Champions League e fate gli smargiassi, chi è lei?".
"Gul Liabel, Servizi Segreti Cardassiani".
"Ferrazza Piergiorgio. Fatte le presentazioni, adesso mi slegate da questa simpatica sedia e mi rimandate a casa. Luisa può restare, non voglio puzza di sigaro a casa mia".
"Quante luci vedi?".
"Ci sono sette luci".
"Sono cinque":
"Ho sbagliato. Sono otto",
"No, non funziona così; tu vedi quattro luci, io ti dico che sono cinque e tu insisti che sono quattro".
"Ce ne sono sei, più l'abat-jour e la lucetta. Contiamo anche la luce-spia del condizionatore?"
"Non ci sono abat-jour. Ci sono cinque luci"
"E la lucetta dello stereo?"
"Non c'è lo stereo! Guarda le luci! Uno, due, tre, quattro!"
"Avevi detto cinque".
"Niente da fare. Cambiamo argomento. Cosa sai del progetto Apelle?"
"Apelle figlio di…" Preme un bottone.
    Dolore. Immenso dolore. Alla testa, ai gomiti, alla schiena.     Troppo dolore. Riprendo fiato per parlare. "Astronavi con sistema di occultamento ineguagliabile, condotti di cavitazione statica con risonanza a particelle, convertitori di derivazione isolineare potenziati".
"E questo lo sappiamo. Abbiamo impiegato i nostri migliori agenti per rendere tutto inutile. La Federazione si ritroverà presto astronavi tecnicamente avanzate ma invivibili dal punto di vista estetico, dagli alloggi alla Sala Macchine ogni vostro Ufficiale non potrà che sentirsi fuori posto. Quando si troveranno il bottone del lanciasiluri a forma di portacandele con gli orsetti, quando la moquette dei turboascensori darà la nausea a quasi ogni Ufficiale della vostra flotta, sarete sempre più inermi di fronte alla grandezza di Cardassia, le vostre nuove Navi saranno la rovina della Federazione".
"Per questo mi avete spiato per anni e permesso che Luisa prendesse in mano le tappezzerie di Tycho Crater? Per questo adesso mi avete sequestrato? Perché noi eroici tappezzieri non potessimo impedire il vostro piano diabolico?"
"Sì, Pispolo. Ma c'è dell'altro".
    Preme di nuovo il bottone del dolore. È più forte di prima.
"Cribbio! L'accendisigari è il bottone a fianco, lo vedo perfino io da qui!!"
"Insomma! Fai il torturato e non rompere. Hai idea di quante poltrone agonizzanti ci mandano ogni semestre? Solo i vecchi libretti d'istruzioni occupano metà dell'ala est del palazzo".
    Puoi sfuggire a tutto ma non alla burocrazia.
"Ok, iniziamo l'interrogatorio o continuiamo il simpatico giochetto delle lucine? Perché se è così me lo si dica che inizio subito a farmi uscire il filetto di bava dalla bocca e biascicare frasi senza senso. Non sia mai detto che io, Piergiorgio Ferrazza, non rispetti tutti i cliché del caso".
    Mi arriva una sberla da Manuale del torturatore, pag. 4.
"Lo so, tanta tecnologia a disposizione e mi affido ancora ai metodi manuali ma sono sempre i migliori, come dice Gul Onan: se vuoi una cosa fatta per bene, fattela da solo".
"Mi perdoni, avrei una certa fretta" - tento di farlo parlare, dicono funzioni contro la rabbia - "oltretutto questo è il momento in cui il cattivo, avendo tra le mani il buono inerme e completamente sotto controllo, vuota il sacco sul diabolico piano dando la possibilità all'eroe (che sarei io) di sventarlo".
    Si avvicina al quadro comandi della sedia.
    Preme un pulsante.
    DOLORE!
    Una vibrazione che entra nel cervello riducendo a poltiglia la dura madre, convertendo la materia grigia a base per cocktail.
"Chi fermerà la musicaaaaaa…… l'aria diventa elettricaaaaaaaa……"
"I bei vecchi tempi" - dice con aria sognante - "i primi incarichi sotto copertura di Gul Canzian. Pensi che ha smesso perché diceva che non c'era gusto a torturare i masochisti".
    Mentre la sua mente vaga, la porta si apre facendo entrare l'equivalente cardassiano di un camallo.
"Ciao tesoro".
    Ossignur.
"Probabilmente ti starai chiedendo cosa vogliamo da te. Nulla. Avrai un semplice incidente e morirai. Prima però, ti faremo soffrire orribilmente"
    Bene, avevo paura di non meritare il servizio completo.
"Sta per iniziare una nuova era per Cardassia. Una nuova era per la Federazione. Abbiamo provato a sconfiggervi in tutti i modi, militarmente, con lo spionaggio, con l'inganno, con le tattiche, coi Pokemon e con le Beyblade ma non c'è stato nulla da fare. Vi siete abituati a tutto, avete contrastato tutto. Siete dei gran rompipalle, come si fa la guerra con voi?".
    Cavolo, non so neanche farmi conquistare come si deve.
"In ogni caso, tutto questo è destinato al passato. Una risata vi sommergerà: la cerimonia del varo della nave supersegreta Apelle sarà trasmesso in ultravision odorplay, ogni razza civilizzata potrà vedere una nave ridicola sotto ogni aspetto. Questa è stata la grande idea: ridicolizzarvi, rendervi un ricordo imbarazzante e lontano come la Duna o, peggio, l'Arna."
    Beh, messa così la situazione è un tantinello preoccupante.
    Piergiorgio Ferrazza! La Federazione conta su di te. Sei l'unico che possa risolvere la situazione, sei l'unico in grado di sventare questo diabolico piano. Alzati e fai vedere a queste lucertole cosa sei in grado di fare!
"Scusa, hai detto qualcosa?"
"No, borbottavo tra me e me soprappensiero".
"A me è sembrato dicessi una roba del tipo 'La Federazione conta su di te. Sei l'unico che possa risolvere la situazione, sei l'unico in grado di sventare questo diabolico piano. Alzati e fai vedere a queste lucertole cosa sei in grado di fare!' "
"Ah, si è sentito?"
"Sì, ma non puoi alzarti perché sei legato alla sedia. Adesso azioneremo due lanciafiamme che ti bruceranno le mani, mentre un trapano-laser ti perforerà le caviglie, poi arriva un trinciatutto che ti taglia le orecchie, il naso e il… come lo chiamate?"
"Lascia perdere. Non fate prima a farmi fuori senza tutto questo spreco di tecnologia?"
"Siamo Cardassiani, non certo i cattivi di 'Tequila e Bonetti'. Dicevo… poi ti scaraventeremo nella vasca degli squali, dove verrai divorato, mentre…"
    Sento un forte muggito diffuso dagli altoparlanti. Capisco che è una specie di sirena d'allarme o una roba del genere. Gul Liabel guarda l'orologio.
"Ci si mette a chiacchierare e il tempo vola. È finito il mio turno e anche quello dei tecnici. Se ci trovano ancora qui quelli delle pulizie fanno le solite proteste e allora sarà meglio continuare domani. Proverai per una notte l'ospitalità delle prigioni cardassiane".
    Il camallo cardassiano mi slega dalla sedia, mi da due schiaffoni. Arrivano due "Faccia di ramarro" in tuta verde. Non so perché, ma mentre mi portano via, urlo: "Ci sono sette luci!". Il corridoio è buio e lungo, man mano che lo percorro, trascinato da Ramarro Uno e Ramarro Due, sento sempre più forte una canzone diffusa da altoparlanti:
"Li incontri dove la gente viaggia e va a telefonare col dopobarba che sa di pioggia e la ventiquattro ore, perduti nel Corriere della Sera nel va e vieni di una cameriera, ma perché ogni giorno viene sera?"
"Ma perché ogni giorno viene sera?" chiedo al Ramarro Uno.
    Con un calcio nel sedere mi lancia dentro una cella. Il pavimento è sporchissimo. Ramarro Due mi sputa addosso. Chiudono la porta. No, non devo piegarmi. Ho i miei diritti, una dignità.
    So cosa devo fare. Soprattutto so cosa devo dire. Ed è per questo che urlo con tutte le mie forze:
"Ehi! Non ho cenato!".
"Meglio per te! La cena qui fa schifo!".
    A parlare è stato un tizio seduto per terra. Ho un compagno di cella. Ha un faccione grande e uno strano accento. Mi pare un umano.
"Piacere, Miles O' Brien".
"Il centravanti dell'Irlanda! Che coppia facevate con il mitico Cascarino!"
"Non sono un calciatore, anche se da ragazzo…"
"E' vero! Che sciocco, mi scusi la tortura deve avermi annebbiato i sensi, lei è quello del whisky….. Michele, tu che sei un intenditore….. e tutto il resto, mi scusi eh, ma ho avuto una giornata che non le dico".
    Si alza in piedi -
"No, non sono neanche quello del whisky, anche se da ragazzo… oddio, anche ieri e l'altroieri…"
"Il cantante dei Deep Purple?"
"No".
"Il ballerino della Cuccarini?"
"Neanche".
"Un flirt estivo della Arcuri?"
"NO!"
"Ok, compro una vocale".
    Mi prende la faccia tra le mani e comincia a pizzicarmi e smaneggiarmi, visto che si trova mi piazza anche due sberloni.
    Non me la prendo, in fondo Luisa/Camallo mi ha smaneggiato per sette anni.
"Non mi sembri un cardassiano modificato, forse sei solo un terrestre idiota".
    Sempre così, tutti sanno chi sono ancora prima che mi presenti. Sarà il carisma animale di cui sono dotato da ragazzo, voi ridete, ma a volte è una condanna.
"Potrai anche non crederci, ma sei esattamente quello che mancava al mio piano di fuga".
"Avevi un piano a cui mancava Sex Appeal?"
"No, guarda, avevo bisogno di…"
"Uno sguardo assassino!" - Gli mostro la faccia assassina.
"Neanche, tutto quello che mi serviva era…"
"Sorriso magico?" - Gli mostro un sorriso figlio del Re di Bahia.
"Zitto! Quello che volevo era…"
"Torace scolpito e culetto marmoreo?"
"BASTA! Che perdo tempo a spiegarti, un gesto vale più di mille parole".
    Mi solleva da terra prendendomi per le spalle e mi mette una mano dietro la testa. Devo dire che adesso sono molto preoccupato. Mi tranquillizzo quando mi percuote contro il muro finché non sono una maschera di sangue e svengo.
    Che fortuna, avevo paura volesse baciarmi.
    Riprendo i sensi a sprazzi.
    Un corridoio. Spari.
    Un orecchio. Spari.
    Un ponte di carico. Spari.
    Il pannello di controllo di un'astronave. Niente spari.
"Ehi, che diavolo è successo?"
"Nulla, nulla, dormi".
    Pugno.
    Che bel passo in avanti.
    Non so quanto ho dormito. Non è facile descrivervi cosa vedo adesso. Sono su un'astronave, questo lo capisco, se guardo da un oblò vedo le stelle e credo, tanto per cambiare, di essere in un'infermeria.     Solo ieri il mio problema più grosso era la cefalea da gamberi di Amargosa, adesso sono un sopravvissuto alle torture cardassiane. Mi tocco un po' la faccia, niente segni di lividi, niente ferite.  Viva le infermerie del XXIV secolo!
    Davanti a me c'è O'Brien, insieme a un alto Ufficiale, dai gradi capisco che è il comandante dell'astronave.
 
"Dove sono? Come siamo scappati? Chi siete voi?"
"Tutte queste domande?" fa O'Brien. "Ho solo detto al secondino di averti ucciso perché eri italiano e io odiavo gli italiani. Allora, siccome i cardassiani non permettono l'omicidio tra carcerati, hanno aperto la cella e ho potuto azionare il distorsore paralizzante che il mio amico Bashir mi aveva impiantato nel secondo molare superiore destro, le guardie cardassiane sono rimaste paralizzate e le ho prese a calci nei denti, poi sono arrivato all'uscita paralizzandone altre dieci strada facendo. E ci siamo teletrasportati sulla U.S.S. Excunzibar C,. dove mi attendevano dalla missione sulla stazione cardassiana, nel corso della quale ero stato fatto prigioniero".
"La U.S.S. Excunzibar C? Quella del Capitano De Stefani, il cognato della cugina del commercialista che ha l'ufficio accanto alla friggitoria dove, quando uscivo da scuola…"
"Sì, sono io, De Stefani. Ma mio cognato ha una cugina commercialista?"
"No, è sua cognata che è cugina di un commercialista!"
"Ah! Pirretti! Quello che ha sposato la figlia di Masborni!"
"No, la figlia di Masborni ha sposato il fratello, lui ha sposato la sorella del dentista, quella col seno grosso e i capelli rossi, come si chiamava?"
"Pamela?"
"No. Pamela era la figlia. Lei si chiamava…"
O'Brien interviene: "Mi scusi, capitano, dovete continuare molto?"
"No, Miles. Ci dica, dai suoi documenti abbiamo visto che lei è Ferrazza, un Tappezziere di Tycho Crater. Perchè è finito in mano ai cardassiani?"
"Mi avete misurato la pressione?"
"Sì, ce l'ha un po' alta, il dottore dice che deve prendere questa compressa di Pratazan!"
"Non avete il Rapatapal?"
"Cos'è il Rapatapal?"
"Niente, vada per il Pratazan".
    Prendo il Pratazan. Sa di cannella.
    Poi racconto tutto. Del progetto Apelle, del piano dei Cardassiani.
    De Stefani mi ascolta con attenzione, poi scoppia a ridere. Ma poi smette.
    Prende il comunicatore: "Simon! Pastranzi! Miller! Smith! Gunderweicht! Pthor! Dirigiamoci sulla Luna! Curvatura sei!".
"Perché tanta gente, non bastava dare l'ordine al timoniere?" "Il timoniere si chiama Simon Pastranzi Miller Smith Gunderweicht Pthor Panazzi Gonzales Salaam Francesconi Pinox Gukar Frestinelli Robinson, ma io lo chiamo semplicemente Simon Pastranzi Miller Smith Gunderweicht Pthor, per non confonderlo con Simon Pastranzi Miller Smith Gunderweicht Velasquez Pollini Pillis De Grenet!"
"Chi è Simon Pastranzi Miller Smith Gunderweicht Velasquez Pollini Pillis De Grenet?"
"Il mio Primo Ufficiale!"
"Non fa prima a chiamarlo Numero Uno e a chiamare il timoniere Simon Pastranzi Miller Smith Gunderweicht Pthor?"
    De Stefani ha un attimo di esitazione. Poi, con tono deciso, urla: "Non c'è tempo da perdere! Dobbiamo fermare il varo della Nave Apelle!".
    E si dirige verso l'uscita, dando calci ai computer e buttando a terra il carrello dei ferri chirurgici.     Allontanandosi urla parolacce terribili.
    Prima che riesca ad uscire dalla sala comando faccio in tempo a chiedergli cosa potrei fare nel frattempo.
    Mi risponde consigliandomi una pratica autoerotica.
    Non credevo fosse possibile a meno di non essere contorsionisti superdotati, ma in fondo che mi costa provare?
"Comandante, mi scusi". Vista l'aria che tira, cerco di essere il più carino possibile.
"Mi dica". Mi risponde con una carineria impressionante.
"Non che voglia mettermi contro un ordine del capitano, ma se invece di andare alla strabiliante velocità di curvatura sei decidessimo di chiamarli via radio?". Mentre lo dico batto le palpebre almeno otto volte.
"Hmmm, potremmo anche farlo, però non credo che un messaggio del tipo potreste cortesemente bloccare il varo della nuova nave supersegreta Apelle perché abbiamo scoperto un piano cardassiano per screditare la Federazione e farla tornare ai tempi dei legnetti e della pietra focaia basato su tendine e arredamento d'interni, possa essere preso nella considerazione che merita".
    Mentre parla non solo ondeggia, ma muove le mani come fossero prive di articolazioni, non smette un attimo di sorridere e mi si avvicina.
"Ma non arriveremo mai in tempo viaggiando solo a curvatura sei!". Mi infervoro al punto da scheggiarmi un'unghia. Mi prende la mano tra le sue.
"Una soluzione ci sarebbe, ma è pericolosissima". Ha il respiro affannato. "Una volta, una dottoressa klingon si è messa all'interno di un siluro modificato e si è fatta sparare a curvatura 9, l'hanno recuperata col raggio traente. Quando ne è uscita ha trovato Worf irresistibile, ma è un effetto collaterale accettabile".
"Ok, facciamolo".
"Da me o da te?"
Qualcosa mi è sfuggito. Cavolo! Non stavo facendo lo sguardo "Clint", ma ero passato per sbaglio a "Rupert".
    Però.
    Mamma, come hai fatto a farmi così irresistibile?
    Questa astronave, la U.S.S. Excunzibar C, non è male.
    Nel bar di bordo si riconosce il tocco di Fredrick Fornace, il tappezziere che conobbi all'International Tapestry Institute. Bei tempi, quelli. Non avevo ancora conosciuto…
"Luisa!".
"Non mi chiamo Luisa" mi fa una tipa seduta dietro al bancone del bar di bordo. Ha la pelle verde e i capelli che sembrano bisce, per il resto non è male, considerando che porta almeno una sesta di reggiseno.
"No, no, dicevo che in televisione, quella signora che stanno intervistando, la conosco, si chiama… cioè… si fa chiamare… Luisa!".
    Eccola lì, al "Dave Boxerman Show", che parla di paratie dove il Bianco Casablanca si sposa col Verde Cosmico, di pavimenti tra il Rosso Flash e il Vermiglio Solare. La preparazione mediatica all' "evento" Apelle passa anche attraverso Luisa che spiega la differenza tra Azzurro Malva, Cielo del Sahara, Spinnaker Blu e Acqua di Baia Sardinia.
"Perché la guardi a bocca aperta?" - è Faccione O'Brien a parlare, ha una boccalone di birra in mano -
"Capisco che anche tu sei un tappezziere e che è una bella gnoccolona, ma una trasmissione sui rivestimenti interni delle astronavi è una noia mortale, dai, metti TeleAndromeda che a quest'ora c'è la televendita dell'ElettroGymn, quando l'andoriana si applica gli elettrodi alle chiappone mi fa impazzire…" .
"La gnoccolona fino a ieri era mia moglie, ma adesso so che è una spia cardassiana, nell'affare che vi ho raccontato prima c'è di mezzo lei".
"Ah! La storia della nuova astronave con la risonanza a particelle, i convertitori di derivazione isolineare potenziati e le cinture di sicurezza a pois! Finisco la birra e poi devo andare in Sala Macchine per revisionare i regolatori di curvatura. Pare che il Capitano De Stefani voglia spedire a curvatura nove qualcuno da quelle parti, ma non capisco come. Ha detto che andrà una squadra di quattro persone: io, tu, il Tenente Baguette e un guardiamarina del quale non ricordo il nome".
"Non bevi niente, tu?" mi sussurra la verdona al bancone.
"Un Pompelmo Gin, grazie. Ho appena saputo che andrò in una missione pericolosissima e ho bisogno di qualcosa di forte…"
"Allora te lo faccio al Doppio Gin, ne avrai bisogno, ho sentito che lavorerai col Tenente Baguette.".
"Il Tenente Baguette? Chi è?"
"Moga Baguette è quella signora che sta entrando in questo momento dalla porta sulla destra".
 Il brusio di sottofondo del bar sembra attenuarsi per un attimo, quasi arrestandosi.
Moga Baguette si avvicina a noi. O'Brien fa un rutto e prende una seconda birra.
Rocky, Rambo e Sting.
 I fratelli Marx più Meneghin padre e Meneghin figlio.
 Totò, Peppino e solo un accenno di malafemmina.
 Bruciate il tutto, aggiungete fango, la figurina di Eric Cantona e miscelate in una discarica.
 Questa è la più accreditata tra le possibili origini del Tenente Baguette.
"E tu saresti il tappezziere che si faceva il cardassiano?"
    La mia maggiore condanna è sempre stata la celebrità. Ed un magnetismo animale fuori scala.
"Il Tenente Baguette, suppongo. Mi dispiace molto per l'incidente".
"Quale incidente?"
"Beh, non vorrà dirmi che è nata con quella faccia".
    Ho avuto una giornata pesante, adesso come adesso prenderei a parole anche mia mamma che mi sveglia portandomi la colazione a letto, figuriamoci un coso informe come quello.
Un silenzio di tomba si forma intorno a me, rotto solo dal rumore che fanno i miei vicini mentre scappano.
"Diecimila su venti".
"Cinquemila su venticinque".
    I restanti si giocano i punti di sutura. La mano del Tenente si serra a formare un pugno ma prima che possa avere un incontro con la mia faccia prendo il boccale di birra di O'Brien e glielo rompo in faccia, sfrutto il movimento e con un solo giro su me stesso le sono alle spalle, raccolgo una delle poltroncine del bar e gliela infrango sulla schiena. Con una mano la prendo per i capelli, con l'altra le afferro l'uniforme e giù di ginocchiate sulle costole.
 Giace esanime ai miei piedi, quindi salgo sopra uno dei tavolini, mi batto il petto e urlo: "VAI, VAI PICCOLA KATYYYYY OOOOH OOOOOH PICCOLA KATYYY"
 Il numero Uno fa il suo ingresso nel bar proprio in quel momento.
"Bene, vedo che avete fatto amicizia presto. Fraternizzare è importante".
    Mi giro verso di lui e vedo che al suo fianco c'è il Tenente Baguette fresca come se fosse appena uscita da una sala di massaggi ayurvedici.
"Già, Ferrazza mi stava raccontando un aneddoto delle sue vacanze. Noioso e ripetitivo, tra l'altro".
    Mi avvicino a lei guardandola alquanto sorpreso, ma di che diamine è fatta?
"Tenente, credo che questo sia l'inizio di una splendida amicizia".
"Non ci sperare rospo, non me la faccio con le mammole".
    Il numero Uno ci guarda entrambi.
"Signori, ci sono dei siluri che vi aspettano"
    Il Tenente Baguette non riesce a resistere. "Da quanto ho capito, Ferrazza, è la storia della tua vita"
"Posso fare una domanda?".
"Parla, Piergiorgino, è infatti questo il momento in cui fai la domanda".
    Piergiorgino, non male. Posso sopportarlo.
    Del resto è finita l'era del "piccolo George".
    Di "Pispolo" non ne parliamo più, sia chiaro.
"Quale domanda?".
"Tu vuoi sapere come mai, visto che sei giunto qui sulla Excunzibar C con appena due teletrasporti, ci troviamo così distanti dalla Luna, al punto di dover ricorrere alla velocità Warp 9".
"Come lo sai?".
"Era il momento che tu lo chiedessi".
"E quale sarebbe la risposta?".
"Per trasportarti alla loro base i Cardassiani hanno provocato un'alterazione di scissione atmosferica che ha creato un continuum di rifrazione espansa e, attraverso un reticolo di campo subspaziale, si è formata una cavitazione residua attraverso una fenditura dei flussi di ridondanza assiale".
"Sarebbe a dire?".
"Non sarebbe a dire niente. Hai fatto domanda, hai avuto risposta".
    Siamo qua. Io, Miles, Moga e… il Guardiamarina.
    Ho già scordato come si chiama. Tocca a lui essere messo nel primo siluro. Nel frattempo devo sopportare O'Brien che racconta una vecchia barzelletta a Moga Baguette. La so già. C'è il tipo che abborda una bionda e poi scopre che è un… Lasciamo perdere. Tocca a me. Cavoli, faccio da solo, non ho bisogno che mi trascinate… ahio… mi fate male… faccio da solo, vi ho detto, mi sdraiavo nei siluri già alla seconda media io… ahiooooo!
    Silenzio totale, rumore assordante. Buio totale, luci di ogni tipo. Indescrivibile è dir poco. Mille violini suonati dal vento, tutti i colori dell'arcobaleno. Lucy in the Sky with Diamonds. Ma no, ma sì, ma su, ma dai. Cos'è cos'è questa sensazione come un treno che mi passa dentro senza stazione. Il tempo che passa volando in un marzo di polvere di fuoco. Un misto tra incanto e dolore. Obbiettivi di un'estate di esplosioni addominali. Con tutte quelle tutte quelle bollicine. A volte è solo un velo, un giorno, un fulmine. Brilla brilla la scintilla brilla in fondo al mare. Ma il tempo emigra, mi han messo in mezzo…
   E d'improvviso, luce fu.
   Oddio, ma come mi vengono?
   Il portello del siluro si apre e quattro braccia mi strappano fuori dall'involucro.
"È FICHISSIMO!!! Ancora, ancora! Voi fate quel che cacchio vi pare, salvate il mondo che siete bravi, io mi faccio un altro giro!"
   Giro di occhiate tra i presenti.
"Ferrazza, su, faccia il bravo e corra che la cerimonia sta per iniziare".
"Ma chisenestraciccia della cerimonia, se lo sapevo prima risparmiavo un sacco di soldi in pillolette rosse e blu, lì dentro ho ritrovato me stesso, so chi sono, so dove devo andare e mi ricordo pure dove ho lasciato la copia delle chiavi di casa che non trovavo dal '67".
    Il Tenente Baguette posa in terra l'Uzi modificato che aveva in mano (non si fida di nulla che, quando premi il grilletto, faccia uscire un ridicolo lampetto blu anziché una più antiquata ma efficace pilloletta di piombo) e prende il suo piede di porco con il chiaro intento di percuotermi.
   Non mi lascio intimidire, la mia mente si è espansa durante il viaggio, il grande tutto e il piccolo tutto fanno parte di me, la conoscenza dei millenni mi si è impiantata nel DNA.
   Faccio l'assoluto, mi accingo all'impensabile, attuo (l'accento, se ci va, mettetelo dove vi pare) l'inattuabile.
    Sta per colpire, ma io sono più svelto.
    Le nostre labbra si incollano nel bacio definitivo.
    Il mastodonte mi solleva, lo fa incrinandomi una costola ma ormai siamo intimi, glielo lascio fare.
    Passano i minuti, lei sta per staccarsi ma non glielo permetto, mi spingo coraggiosamente laddove nessun uomo è mai giunto prima.
    La mia amica con le papille non me lo perdonerà mai.
    Accipicchia, ha ancora le tonsille, a me le hanno tolte a cinque anni.
    Lentamente mi sciolgo dall'abbraccio, senza di me a sorreggerla, il Tenente Baguette, vabbè, ormai posso anche chiamarla Moga, scivola a terra silenziosa come un petalo d'ortensia.
Il primo a riprendere l'uso della parola è O'Brien.
"Ma come diamine hai fatto?"
"Beh, dopo un cardassiano diventa facile farlo anche con un muflone. Poi avevo bisogno di qualcosa che mi riportasse a terra dopo il viaggio mistico dentro il siluro, per il ritorno voi fate come vi pare ma io riprendo quello", dico indicando il siluro.
    Ora non c'è tempo da perdere, dobbiamo fermare la cerimonia.
"Moga, rialzati immediatamente da terra, recupera le tue armi e stai pronta a scatenare l'inferno, Miles, dietro di me e tu, Coso, al mio fianco. Modulo Real, avanti!"
    Siamo delle macchine da guerra, guerrieri dispensatori di morte e distruzione, l'incubo di ogni cosa con le scaglie.
    Sentiamo già le voci dagli altoparlanti.
"Buongiorno Angeli!"
L'altro altoparlante.
"…… questa nave è l'orgoglio della nostra flotta, rappresenta tutto ciò che siamo e che vogliamo diventare, simboleggia la rotta che la Federazione ha tracciato nell'universo. Non una nuova astronave ma un nuovo concetto di astronave…"
    Questa l'ho già sentita. Non ci sono più i copywriter di una volta.
    Il nostro rombo perfetto avanza senza troppe difficoltà tra la flotta, nessuno osa fermarci, neanche quelli della sicurezza, che forse ci riconoscono o forse riconoscono Moga, si mettono in mezzo.
    D'un tratto echeggia uno sparo, anche senza Una notte buia e tempestosa.
    Il Guardiamarina che aveva viaggiato con noi è adesso un buco con resti di Guardiamarina intorno.        Armi del genere non dovrebbero essere permesse. O almeno mettete un bollino rosso in basso a sinistra! Brutta fine, povero… come si chiamava?
"Orlowsky Rossi Smith!" fa un tipo dai capelli rossi con un phaser in mano.
Moga gli salta addosso e lo immobilizza a terra stringendogli la testa tra le gambe. Cavoli, aveva un bel po' di nomi e non lo sapevo. Gli avrei dato al massimo un Rossi, uno Smith, ma un Orlowsky no, non aveva il fisico.
    Moga infila il suo phaser in bocca al pistolero e gli urla: "Chi ti manda? Parla o ti faccio saltare le cervella senza rosolarle con aglio e cipolla!".
"Mohgfrde Guffgtrfde Dduubbytytr!" risponde il rossocapelluto.
"Forse, se gli togli il phaser di bocca non sentiremo farfugliare parole senza senso!" dice Miles.
    Moga toglie il phaser dalla bocca dell'assassino dai capelli rossi e glielo punta in mezzo agli occhi: "Chi ti manda? Parla o ti faccio saltare le cervella senza girarle in padella con la maggiorana!".
"Mohgfrde Guffgtrfde Dduubbytytr! Mi manda Mohgfrde Guffgtrfde Dduubbytytr, mi ha promesso una schiava bonderiana, una motocicletta quasi nuova e dodici barre di latinum se uccidevo Orlowsky Rossi Smith!".
"Ah! Sei un sicario! E chi è questo Mogfrer… Mogder.."
    Miles O'Brien si mette il phaser in bocca: "Mohgfrde Guffgtrfde Dduubbytytr! Pehddiddhirrhiddhina, Fuhnpziona!".
    Avrebbero dovuto mandarmi a salvare la Federazione insieme a Gianni e Pinotto, sarei stato più sereno.
"No! Non uccidermi!" urla il rosso "Mohgfrde Guffgtrfde Dduubbytytr è stato per quattro anni il compagno di stanza di Orlowsky all'Accademia della Flotta Stellare. Tutto cominciò al primo anno di corso, Orlowsky strappava le foto dal calendario di Playboy di Mohgfrde e le attaccava all'interno del suo armadietto, poi passò a fregargli l'agendina-omaggio della Banca. Aveva anche l'abitudine di ubriacarsi col mandarinetto e vomitare sul cuscino di Mohgfrde. Non occasionalmente, ma tutte le sere.     Poi si faceva un frullato con tre banane, lo trangugiava in sei secondi e si puliva la bocca usando le maniche delle giacche delle divise di Mohgfrde appese nell'armadio. A volte vomitava anche il frullato. Sul computer portatile di Mohgfrde. Alla festa finale del Primo anno di corso Orlowsky incontrò la fidanzata di Mohgfrde e se la portò a letto. Fecero l'amore, bevvero frullato di banana col mandarinetto e vomitarono sul cuscino di Mohgfrde. Poi, al secondo anno, Orlowsky cominciò ad accendersi le sigarette usando la collezione di fiammiferi di Mohgfrde. Poi spegneva le cicche dentro le scarpe del compagno di stanza. Se Mohgfrde stava per infilarsi le scarpe riponeva le cicche ancora accese. Poi iniziò il periodo della salsa tonnata… "
"Fthiamo perbdenbdo tempo!" dice O'Brien.
"Togliti il phaser dalla bocca!" dico io.
"Stiamo perdendo tempo!" dice O'Brien.
    Moga stordisce il rosso e lo infila dentro uno dei siluri. Il tutto in dieci secondi. Poi chiude il siluro e fa ai tipi della Sicurezza: "Pensateci voi. Noi dobbiamo andare".
"Dove avete intenzione di andare?" fa un vulcaniano della sicurezza.
"Sono O'Brien, Miles O'Brien, lo vedi quel tipo pelato in prima fila? È Jean Luc Picard, non puoi non sapere chi è, sono stato con lui sull'Enterprise D per anni. Io e i due signori con me dobbiamo raggiungerlo. Se non ti fidi puoi venire con noi e verificare".
    In effetti il signore che sonnecchiava semi-spaparanzato, accanto a un ciccione con la barba e un tipo con la faccia gialla era proprio Picard.
"Ma… ma… quell'affare con la pelle gialla sembra Data, l'androide! Non era finito in mille pezzettini?" chiedo.
    O'Brien mi risponde e sento la sua voce rompersi per la commozione: "Il Comandante Data non esiste più, infatti. Quello è un sosia, si chiama B4 e sta a Data come una padella sta a una friggitrice laser, è una specie di fratello scemo, Picard se lo porta appresso per farsi stirare le giacche e mandare i fax".
"Mandare i fax?"
"Oh bimbo, hai idea di quanto sia complicato mandare un fax? Ricordarsi da che parte va girato il foglio, se sopra o sotto, poi componi il numero, poi trova il pulsante da premere per l'invio tra i mille pulsanti e le duemila lucette. Mica facile".
"Ma se comanda un'astronave!"
"Che c'entra, per quello basta che dici ogni tanto "attivare", litighi coi Klingon, ti azzuffi coi Ferengi, combatti coi Romulani, pesti i Cardassiani, distruggi i Babilonesi, annienti gli Ittiti e tieni lontano dai comandi di guida la Troi. Che ci vuole?"
    Messa così, come dargli torto? Mi chino sul corpo di Orlowsky, sotto la divisa aveva una maglietta della salute di colore rosso.
    Non impareranno mai.
    Ho come l'impressione che mi stia sfuggendo qualcosa, quando sento:
"……… ed è per questo che ci accingiamo a mostrarvi la nostra nuova meraviglia: l'astronave Apelle!"
    Ecco cos'era. Un ordine universale da salvare, diamine, le sciocchezze sono sempre le prime cose a passare di mente.
    Il vulcaniano della sicurezza si è messo in testa al nostro gruppetto, siamo la Fortitudo nel modulo a zona.
    Siamo vicini, venti metri.
    Largo! Largo!
    Dieci metri.
"Spostati imbecille!"
"Ma sono la moglie del Ministro!"
"Miles, pensaci tu, io devo arrivare sul palco".
    Tre metri.
    Dietro di me sento la voce di Miles:
"……… e facci vedere il tuo ministero!"
    Ma chi diamine voglio salvare? Qui Gianni e Pinotto sarebbero ammiragli.
    Copro con un balzo gli ultimi metri rimasti tra me ed il palco. Atterro sopra il Governatore capo assoluto della Federazione, il capo, il boss, il reggente della stanza dei bottoni. Picard mi guarda sbigottito e pronuncia delle parole storiche. "Guardi che il buffet non è stato ancora aperto". Grande!      Stavolta riuscirò ad assaggiare quelle tartine con le robine nere sopra.
    Mi ergo sul palco.
"FERMATE TUTTO, QUESTA NAVE NON PUÒ PARTIRE".
    Facce attonite. Brusio di fondo.
"Lo sapevo, non hanno fatto il pieno".
"Neanche stavolta hanno montato i motori".
"Manca l'addetto ai fax?"
"Oddio, mica ci sarà Wesley nei paraggi?"
    Una mano mi prende per la spalla.
    Picard.
"E perché non dovrebbe partire?"
    Non è una cosa che capiti tutti i giorni stare in ultravision odorplay, sui televisori di buona parte del    Quadrante Alfa. Mi spiace non essere fresco di bagnoschiuma e shampoo-balsamo. Non ho neppure la mia camicia migliore.
"È ora che tutti i mondi sappiano…"
    Bell'inizio, mi piace.
    Carina quella tipa in prima fila, seduta accanto al Presidente della Federazione dei Pianeti Uniti. A guardarla bene è Luisa, proprio lei o ciò che dovrebbe sembrare. Ha la divisa della Sicurezza.
"È ora che tutti i mondi sappiano…"
    È proprio la spia che finse di amarmi. Mi guarda e sorride, ammicca. Mi fa notare che ha un phaser puntato sul Presidente.
"È ora che tutti i mondi sappiano…"
    Picard mi pizzica il braccio, mi fa male, mi dice:
"È ora che la smetti di ripetere la stessa cosa…".
    Non posso rischiare che il legato Osvaldo Gontak travestito da Luisa spari al Presidente.
"È ora che tutti i mondi sappiano…"
"E quattro…" fa Picard.
   Sono in TV, qualcosa dovrò dire. Magari ho successo e mi fanno presentare il Meteo.
"…che QUESTA NAVE NON PUÒ PARTIRE, non prima di aver ricordato che non è solo nuova tecnologia, ma anche innovazione estetica, perché l'interno di un'astronave d'ora in poi non sarà più una piatta riproduzione di ciò che da sempre si è visto a bordo di aerei, autobus, astronavi, ma…".
    Osvaldo Luisa annuisce. Sto andando bene, pare. Niente Presidente fritto, per ora.
"…e questo lo dobbiamo alla genialità degli stilisti della Federazione, al paziente lavoro degli artigiani tappezzieri che mi onoro di rappresentare, alla lungimiranza di chi ha voluto…"
"Grazie, grazie"
    Picard mi interrompe e mi allontana dal microfono, poi mi chiede: "Tutta questa cagnara per ringraziare i tappezzieri ?".
"Picard, sono stato costretto, c'è un complotto cardassiano per distruggere l'immagine della Federazione, vedi quella tipa della Sicurezza seduta accanto al Presidente?".
"Quale tipa?"
    Mi giro. Accanto al Presidente non c'è più Luisa, ma un klingon della Sicurezza.
    Musica assordante.
    Luisa è sul palco.
    Grande trasformismo, è in abito da sera. Nessuno sospetterebbe che dietro le sue curve c'è un cardassiano peloso. Sì, lo so, io ci sono cascato per anni, ma adesso ci sta cascando più di un pianeta.
    E accade. Interi mondi ammirano le immagini della Apelle. I suoi interni che sembrano cravatte di Paolo Limiti, le fantasie delle paratie che non avrei mai voluto vedere neanche su un telo da mare. La musica è sempre più forte: "Dammi solo un minuto un soffio di fiato un attimo ancora…".
    Merletti, portacrackers madreperlati, il nucleo di curvatura immerso in psichedelici colori da evidenziatore, tende in paper tissue che riproducono variazioni sul tema "fette di melone", chantung di seta sparsi sulle poltrone del Ponte di Comando...
    È finita.
    Stiamo consegnando a Cardassia tutto il mondo civile. D'improvviso LEI, e la musica cambia.     Letteralmente.
"Rumore rumore questa sera non mi sento sicura sicura nananaaaa nannannaaaaaa…"
    Beh, perso per perso, giochiamoci fino in fondo la fine della Federazione, non capita tutti i giorni di veder finire nella polvere qualcosa che sembrava incrollabile, mettiamoci nei panni del Signor Tamagochi o dell'inventore del Betamax ("Non valgono nulla, tempo due anni e nessuno sentirà più parlare del VHS").
    Mi avvicino a Luisa.
"Signori, se adesso abbiamo una nave che non è solo un tripudio di tecnologia ma anche un estasi dei sensi" - caro il mio Manzoni, sei solo uno sceneggiatore di telenovelas - "se adesso solcare i cieli non si riduce più a dei semplici calcoli matematici ma è diventato felice connubio tra estetica e funzionalità, se la Federazione tende ad un ufficiale che non si limita più a vivere il suo tempo ma lo cavalca con la sicurezza e la praticità di un sogno" - Neruda, torna a vendere surgelati porta a porta - "lo dobbiamo solo ad una persona. È ora che tutti i mondi sappiano…"
"E cinque!" - Picard mi artiglia la spalla di nuovo - "Lo dica un'altra volta e le faccio…le faccio… ma che meravigliose tendine! Ferrazza, lei è un genio. Lo schermo principale con ai lati delle tendine bianche e virginali di seta e d'organza è un colpo di autentico genio".
"Ma che mu ma che mu ma che musica maestro questa bella sinfonia…"
    Il presidente, Picard, l'ambasciatore Klingon ed un'altra decina di persone si avvicinano a quelle cose. Non le posso chiamare tendine. Di peggio ci sarebbe solo…
"Ehi, quando accendi il computer lo schermo rimane blu e c'è un quadratino lampeggiante in alto, fantastico".
"Ragazzi, dovete scendere in sala mensa, sui tavoli ci sono le tovagliette di Winnie Pooh".
    Ormai è baraonda.
"….dicevo, tutto questo lo dobbiamo alla genialità di una sola persona: lasciate che mi faccia da parte e vi presenti il Comandante Luisa Ferrazza".
    Tutti gli sguardi di milioni di mondi, oltre a quelli dei presenti, sono puntati su Luisa/Osvaldo. Non te l'aspettavi, vero?
    Una volta tanto la sorpresa te l'ho fatta io, e senza bisogno di dover spegnere la luce.
Sono un evento mediatico. Ho un futuro certo come presentatore? Sono la Carlucci del ventiquattresimo secolo?
"Com'è bello far l'amore da Trieste in giù…"
    Musica. Tartine psichedeliche. Il Mare della Tranquillità è un posto magnifico per le feste. Picard balla con una tardona. O'Brien è alla terza fetta di gattò di patate. B4 conversa con il ciccione barbuto, che sta mano nella mano con una brunetta tutta pere.
    Moga mi si avvicina. Ha in mano un drink color pisello con una fettina di salame: "C'è un tipo che vuole parlarti".
"Non ci sono per nessuno".
"Insisto, Terrazza". Riconoscerei ovunque quella voce. Ha un look insolito, tutti lo scambierebbero per un orchestrale, ma è il caro dolce buon vecchio Gul Liabel.
"Mi chiamo Ferrazza".
"Yes, Pispolo Ferrazza. Ce l'hai ancora con me per lo scherzetto della sedia?"
"Chiamalo scherzetto. Quante erano poi le luci? Nove o dieci?".
"Senti, Pispolo, le cose hanno preso una nuova strada per tutti. Osvaldo mi ha consegnato le dimissioni dai Servizi Segreti Cardassiani e ha deciso di fare la stilista di interni a tempo pieno. Le ho chiesto un ultimo favore, e credo che anche tu potrai metterci una buona parola…".
"In nome della vecchia amicizia?"
"Guardala come vuoi. Eri un tappezziere di Tycho Crater a stipendio fisso e adesso fai parte del creative-team del look-trend del new starstyle…"
"Attento, un altro neologismo e ti si annoda la lingua biforcuta…".
"Poche chiacchiere, Pispolo. Pare che una flotta navale senza qualche astronave di tipo Apelle sarà sbeffeggiata come sfigata, e Cardassia ha senz'altro bisogno di nuovi mezzi di trasporto. Vorremmo avere un po' di queste luccicanti meraviglie, magari con uno sconticino…".
"Vedrò cosa si può fare, amico, ma se mi chiami ancora Pispolo…"
"Non mi permetterei mai, Signor Ferrazza".
"Uetta totta pi padate è una kkuisitezza" mi fa O'Brien. Se la torta di patate è una squisitezza, Luisa è davvero affascinante questa sera. È seduta in braccio a un Ferengi con una giacca che sembra la moquette di un turbolift di una Nave Apelle. Gli sta praticando un oo-mox. Mi avvicino a colei che fu la mia consorte con uno sguardo Robert Mitchum.
"Piccolo George! Che bella serata, non trovi? Questo dolcissimo Ferengi mi ha appena invitato a stabilirmi con lui nella sua villa qui sulla Luna. Guarda che bella collana mi ha regalato…".
    Questi legati cardassiani travestiti da donna sono tutti uguali. Basta il primo miliardario da abbindolare e…
    Ma cosa fa Moga? Sta dirigendosi verso uno dei siluri. Va via così? Senza salutarmi?
    Corro verso di lei, la raggiungo, la prendo per i capelli e gli sbatto la testa contro lo spigolo del siluro. È a terra. Prendo un piede di porco e miro alle rotule, poi premo il pulsante di sgancio del carico e gli faccio precipitare addosso il contenuto del container numero 4. Il tutto cantando "Laura non c'è".    Forse lei no, ma un limite alla crudeltà, sì. I Pooh mi sembravano eccessivi.
    Mi volto e conto fino a tre.
"Bastava anche un semplice: Non mi dici neanche ciao?"
    Mi rigiro verso di lei. Non è neanche spettinata e profuma di Agave.
"Non mi dici neanche ciao?"
"Questo è quello che mi piace di te, sei imprevedibile, fai male come una viola mammola e sei imprevedibile. Avrai milioni di donne ai tuoi piedi".
    Colgo un leggero tremolio nella sua voce, nulla di percettibile da orecchio umano, ma io sono un tappezziere. A volte è un dono, stavolta una condanna. Moga non ha segreti per me, accidenti al mio sguardo magnetico. Sta soffrendo. Non vuole che ci separiamo, non vuole perdere l'unico uomo che ha davvero significato qualcosa per lei in tutta la sua lunga e triste esistenza, ora che ha toccato con mano l'effimera felicità di un raggio di sole non vuole rinunciarvi.
"Scusa, in questa storia chi sarebbe l'unico uomo che ha davvero significato qualcosa per me?"
    OK, prima pagina dell'agenda di domani: basta pensare ad alta voce.
"Moga, non funzionerebbe tra noi, non soffrirai se adesso ci salutiamo come buoni amici. Facciamo qualcosa di diverso e non ce lo perdoneremmo per il resto della vita".
"Per essere uno che chiamano Pispolo hai davvero un'alta considerazione di te stesso".
" Moga, piccolo fiore dello spazio, hai ragione. Odiami, trattami male, dimmi di tutto, umiliami, dammi la colpa di tutto così non soffrirai, dammi la colpa di tutto, anche del terremoto a San Francisco".
Perché sto ballando?
"Ferrazza, hai ragione. Voglio salutarti come si deve, la nostra storia non si deve chiudere con un addio".
    Quello che il bruco chiama fine del mondo, il mondo la chiama farfalla.
    Quello che Moga chiama saluto, i dottori lo hanno definito "sei mesi di coma vigile".
"Buongiorno Ferrazza".
    Apro gli occhi e mi sveglio in una stanza bianca, a letto, vicino a me ci sono dei macchinari che fanno Bip con tante lucine (Ventiquattro, qualcuno dovesse mai chiedermelo) e dei fili che terminano sulle mie braccia, davanti a me c'è un tavolino con sopra un piatto di brodino, una coscetta di pollo e del purè di patate.
"Dove mi trovo?"
"Non si vede? Lei è nel privè di un McDonald"
"Bello! Potrebbe portarmi due Happy Meal? E non si dimentichi le sorpresine. Diverse, per cortesia".
    I miei occhi si stanno abituando alla luce e stanno perdendo la loro cisposità. Posso vedere meglio con chi sto parlando: davanti a me c'è un uomo che indossa dei vestiti smessi di Elton John ed al collo ha uno stetoscopio di gel trasparente in rosa cangiante. Accanto a lui c'è una ragazzotta con un camice di pelle rossa, colletto di tulle ed una siringa stilizzata sulla spalla.
"Mi hanno parlato di lei, eravamo tutti impazienti per il suo risveglio, sa, volevamo ringraziarla tutti di aver contribuito al rinnovamento estetico della Federazione che ci ha regalato queste nuovi uniformi mediche. Le dimostreremo quanto le siamo grati. Cominciamo con la prima rettoscopia".
    Bene.
    Questa è la mia storia.
    Ora sono fuori dall'ospedale, del tempo è passato e la mia vita è molto cambiata da allora.
    Non sono più un tappezziere (chi mi conosce lo sa), non riuscivo a sopportare l'idea di aver dato il via a questa nuova tendenza della Federazione, quindi ho deciso di cambiare totalmente campo e stile di vita.
    Se vorrete, in futuro, sentirete ancora parlare di Piergiorgio Ferrazza.
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