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domenica 4 febbraio 2024

I senzaSanremo

   
    Siamo in quei giorni nei quali dobbiamo assistere ai proclami di coloro che ritengono utile informare il mondo, attraverso ogni mezzo, che loro non assisteranno in TV alla trasmissione delle serate del Festival di Sanremo.
    Alcuni ci tengono a precisare che non hanno mai visto il Festival, non capiscono perché si parli del Festival, e probabilmente sono convinti di distinguersi da un popolo di mediocri (che disprezzano) che si autoinfliggono la visione di uno spettacolo infimo.
    Chi mi segue sa che, anche quando parlo di letteratura, cinema o costume, trovo sovente naturale il dover passare attraverso il testo di qualche nota canzone, ritenendo le suggestioni provocate da alcuni brani di musica leggera utili per sottolineare un concetto. E mi viene, da sempre, naturale pensare che la comune conoscenza di motivi musicali che mi piace immaginare arrivino a tanta gente, costituisca una parte non irrilevante di quella "cultura pop" che avvicini la gente alla bellezza e che tutto ciò sia la porta per la conoscenza di buona arte di ogni tipo e di ogni livello, con quell' apertura mentale necessaria a migliorare l'umana convivenza.
    Spesso sono tentato di approfondire lo straordinario potere della canzonetta e il fatto che esista una miriade di brani che dice molto al cuore dell' uomo e alla sua mente, ma non troverete in questo articolo la trattazione di ciò. Sarà (io lo spero) per un'altra volta.
    Stavolta parliamo del Festival di Sanremo, e lo facciamo a partire da quelli che non lo guardano e ci tengono a precisare di non aver dedicato mai il loro tempo a fruire della manifestazione giunta quest' anno alla 74esima edizione. Parliamo di coloro che chiameremo "I SenzaSanremo".

GIOTTINO SALVAMAIO
     Giottino crebbe senza mai aver visto il mare, grazie ai genitori che ne vollero preservare lo stato emotivo, temendo che la visione di una qualunque città costiera lo avrebbe portato a non apprezzare del tutto Perugia. Purtroppo, nonostante abbia oramai più di 50 anni,  non ha ancora visto Perugia.
    Ha recentemente affermato, commentando un post su Facebook di un raffinato intellettuale: "Non so cosa possa esserci di spensierato e allegro nel Festival di Sanremo, ma non l'ho mai visto", mentre commentava su un altro profilo di un boomer che aveva fotografato la propria colazione: "Non so come facciate a bere il caffè e dire che vi piace, ma del resto non ho mai bevuto caffè".  Giottino, purtroppo, non ha mai visto la performance di Pierangelo Bertoli a Sanremo, insieme al gruppo Tazenda, quando, nel 1991 cantarono a Sanremo il brano "Spunta la Luna dal monte". La canzone si piazzò al quinto posto della classifica finale ed è l'unione del brano sardo "Disamparados", scritto da Luigi Marielli,  con quello in italiano firmato dallo stesso Bertoli, che poi inciderà individualmente nell'album "Italia d'oro".
    Il brano, connubio mirabile di due canzoni, ricevette la "Targa Tenco", e vendette circa 1.500.000 copie.  Il testo originale è la descrizione di un paesaggio della Sardegna in cui la Luna sorge da dietro le montagne e in cui si vedono bambini poveri che giocano in un prato, i disperati, in lingua sarda "disamparados". Il testo in italiano non si discosta da questo paesaggio crepuscolare. 
     L' interpretazione di Andrea Parodi, il cantante dei Tazenda, unita alla poesia di uno dei più bei brani scritti da Bertoli, infiammò il Teatro Ariston. Qualcuno indica la standing ovation che seguì quel brano l'applauso più lungo della storia del Festival di Sanremo.

DIBBLASA LUCANZI
    Impegnata quasi ogni mattina a inoltrare informazioni false ricevute su Whatsapp, ma delle quali
intuisce l'urgente necessità di essere divulgate senza che il verificare la veridicità della notizia potesse rallentarne la diffusione, si reca al lavoro, un ufficio dove tutti sono ipocriti, cattivi e arrivisti. Come nell' ufficio prima e nell' ufficio prima ancora. Il capo, come i precedenti,  non la capisce; e i suoi colleghi, nelle pause, a febbraio, parlano del Festival di Sanremo. Questo è per lei il peggior periodo dell' anno; ascoltare commenti su cose banali come le canzonette, e su personaggi vuoti come i cantanti, gente che non ha un vero lavoro. Lei, mentre colleghi e colleghe parlano di Umberto Tozzi o Fiorella Mannoia, legge i libri sulla morale cristiana e la dottrina spirituale, consigliati da persone colte che ne raccomandano l' acquisto. Li scarica gratis da internet nei siti pirata e si premura di mandare il link per diffondere la cultura, lo studio della morale cristiana, della dottrina spirituale, e della pirateria editoriale. Purtroppo non ha mai assistito a un'altra storica standing ovation al Festival di Sanremo, quando Renato Zero si esibì, sempre nel 1991, con il brano "Spalle al muro", scritto da Mariella Nava. La canzone divenne nota anche con il titolo "Vecchio", parola più volte ripetuta nel brano, che descrive il lento declino dell'età ed in particolar modo la critica che la gioventù "moderna" fa all'anzianità. L' emozionante interpretazione di Zero, nel sottolineare con durezza la poca considerazione che si ha della persona non più giovane, è intensamente drammatica e resta uno dei punti più alti della sua carriera. 

CONGERIO FRACCAPANE
    È difficile intrattenere con Congerio una conversazione su qualunque argomento, lui ti guarda con pena per la tua non consapevolezza di saperne meno di lui e, più che una costruttiva discussione potrai ottenere un mix di slogan stantii e velato bullismo. Non ha mai visto il Festival di Sanremo e disprezza anche le canzoni che travalicano i confini della kermesse. Peccato. Ultimamente si proclama fan di Fleximan, il distruttore di Autovelox, in quanto, secondo lui, "Non si guida per trasferirsi da un posto all'altro, (prendi l'autobus), ma per provare emozioni..." e "Pensatela come volete,  il mondo è bello per questo, è una piccola guerra anche questa: stai con gli occhi sbarrati cercando o aspettando l'autovelox e appena lo superi hai una sensazione di freschezza e libertà". Ma le sensazioni di freschezza e libertà del desiderare emozioni forti fu descritta (anche se con poco successo in quel palco, la canzone in questione giunse tra gli ultimi posti) da Vasco Rossi nel brano "Vita Spericolata", presentato in gara nel 1983. Il testo era di Vasco, la musica di Tullio Ferro. 


VENANZIA VENALLIDL
    La musica , secondo Venanzia, è un mezzo per facilitare le funzioni cognitive, emozionali, fisiche, sensitive. Attraverso la musica ci si può incontrare, ma la musica deve essere quella che dice lei. Profonda, elevata. In altre parole: noiosa. E introdotta da 35 minuti di (sue) disquisizioni sul brano. Per lei il mondo ha smesso di fare belle canzoni da decenni, non ascolta mai le radio che possano trasmettere un disco recente, dove per "recente" si intende tutto ciò che è avvenuto dallo scioglimento dei Beatles. Ama parlare delle canzoni dedicate alla Madonna, ma lei non la chiama mai così: per lei è "La Gerosolimitana". Dicono che la Madonna volesse fare una sua nuova apparizione per urlarle: "Non voglio essere chiamata così! Sono la Vergine Maria! Tu sei di Chieti, vorresti che tutti ti chiamassero "La chietina?". Le canzonette di Sanremo sono l'antitesi della sua concezione di Musica, secondo lei la musica deve toccare l'anima, e a Sanremo, lei pensa, ciò non può accadere.
    Nel 2003 (ma Venanzia non può saperlo) la cantante Giuni Russo tornò al Festival di Sanremo dopo trentacinque anni, con il brano "Morirò d'amore", scritto molti anni prima con Maria Antonietta Sisini e Vania Magelli; gli archi furono scritti dal maestro Stefano Barzan, mentre l'arrangiamento era di Franco Battiato e di Roberto Colombo. Il brano si classificò al 7º posto, ricevendo il premio per il miglior arrangiamento. La cantante si esibì sul palco dell'Ariston priva di capigliatura e con il capo coperto da una bandana, segno dei trattamenti terapeutici dovuti a una  malattia.


MANLIO PILLENI.
     Sale sull' aereo per Catania tutto da solo e canta a squarciagola per tutto il volo "Alè Catania, alè Catania, Bastardo Rosanero, Alè Alè..." Ho anche il filmato girato da mia figlia, se volete. Ha quindi una concezione del legame tra il suo rozzo inno (L'espressione attraverso la canzone) e la sua grande passione, la squadra calcistica del Catania. Ciononostante, considerando che il gruppo di tifosi che frequenta usano annualmente guardare assieme la finale del Festival di Sanremo, lui si accoda, ma, durante tutta la serata, non guarda il festival, non ascolta nessuna canzone, e, nei momenti nel quale non parla di calcio, canta  (non mentalmente, purtroppo) "Alè Catania, alè Catania, Bastardo Rosanero, Alè Alè..." .  Nel 1990 Ray Charles partecipa al Festival di Sanremo insieme a Toto Cutugno con il brano Good Love Gone Bad/Gli amori. Si trattò di un'interpretazione delle più riuscite e intense, probabilmente perché unica e irripetibile: il brano, infatti, non venne mai inciso.

    Non finirebbe qui, l'articolo. I momenti memorabili della storia del Festival sono tantissimi, e i soggetti che li hanno evitati e hanno intenzione di dribblare ogni altra occasione di emozione artistica che potrebbe scaturire da quel palco sono molti di più. Vivono in mezzo a noi, vivono senza quel "Perché" indefinito che a loro non dice nulla, ma che a noi dice tanto. Non puoi spiegarlo, puoi solo scandire, con un coro che ti attraversa la mente: "Perché Sanremo è Sanremo". 
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Ogni riferimento a fatti, persone, cose realmente accaduti o esistiti è da considerarsi puramente casuale, frutto dell'immaginazione dell'autore. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali,  è del tutto casuale.
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