“Non andar via, Ester”
“Non posso andar via, sono già andata via”
“Com'è che ti sto parlando, allora?”
“Ci parliamo da sempre, ci parleremo per sempre, Alex”
“Così, al telefono?”
“Apro la chat?”
“No, non sono veloce quanto te a digitare, restiamo al telefono”
“Come vuoi. Lo sai che succede adesso, vero?”
“Lo so. Lo sappiamo solo noi due. Noi parliamo e il mondo cambia. Noi inventiamo universi, e gli universi divengono reali”
“E lo sappiamo solo io e te, Alex”
“Non è possibile, comunque. Come non è possibile che siamo al telefono e io senta il tuo profumo”
“È possibile perché ne abbiamo parlato. Al telefono si sentiva il profumo dell’interlocutore”
“Era il respiro”
“Hai detto profumo. Si sentiva il profumo, hai detto precisamente l’odore. Il respiro al telefono lo si sentiva già nel mondo di prima. Poi tu hai detto che nella storia che volevamo raccontare si sentiva l’odore dell’altro, al telefono”
“Ho detto anche che si sentiva la pelle dell’altro, potevi sfiorargli la mano con le labbra, sentirla al tatto. Ma era un ricordo. Era il ricordo dell’interlocutore. Ricordavi il suo odore, la sua pelle. Era come se sentissi tutto questo. Non era la telefonata”
“So cosa hai detto, e la prova è che adesso al telefono è così”.
“Tecnologia o altro?”
“Tecnologia. Noi parliamo di fantascienza, se era altro era fantasy”
“Come le squadre robot coi lanciafiamme? Le abbiamo inventate per ridere. Volevo farti ridere”
“E ci sei riuscito. Ma adesso ci sono le squadre robot”
“Coi lanciafiamme”
“Ci stavamo mettendo i lanciapannamontata . Ma faceva troppo Oggi le comiche”
“È tutto così semplice? Basta l’idea di qualcosa e cambia la realtà?”
“Non è affatto semplice avere idee. Infatti non capita tutti i giorni. Parliamo d’altro, in genere. Di mia zia, dei tuoi figli. Le idee arrivano di rado. Tra un gossip e una discussione sui massimi sistemi.”
“Ma , più normalmente, non è che noi immaginiamo qualcosa che desideriamo, oppure qualcosa che riteniamo probabile, e … ci azzecchiamo? Ester, non siamo noi a cambiare l’universo, abbiamo solo immaginato una storia che poi si realizza perché era la naturale evoluzione delle cose. Quante profezie erano solo previsioni indovinate?”
“Le nostre storie non si realizzano poi, un domani. Si manifestano il giorno dopo. Esattamente il giorno dopo”
“Si realizzano presto”
“No. Si manifestano l’indomani. È diverso”
“E se avessimo solo l’intelligenza del prevedere il giorno dopo?”
“Hai detto niente”
“Non sarebbe sovrannaturale, in questo caso”
“Chi ha parlato di sovrannaturale? Tutto quello che è manifesto da oggi, ieri non c’era. È sempre così”
“Allora parliamo, in fondo, senza accorgercene, solo di cose annunciate”
“Non è così. Se fosse così...”
“...l’avremmo saputo”
“Non ti puoi commuovere dicendo una cosa divertente”
“Come sai che mi sono commosso?”
“Adesso si sa, al telefono, se gli occhi diventano lucidi”
“Non siamo in videochiamata”
“Si sa. Non ho detto che si vede. Abbiamo immaginato che si potesse sapere al telefono. In una normale telefonata. Quelle col filo. Facendo un numero che comincia con lo zero”
“Senza zuccheri”
“L’umorista...”
“Ma a te piace come vanno le cose? Se immaginiamo che...”
“Me lo hai chiesto altre volte. Il mondo cambia, i fatti accadono, se noi desideriamo che le cose debbano andare in un certo modo la realtà non cambia. Non sono i nostri desideri, è la nostra immaginazione che cambia determinati aspetti, non tutti. Ma alcune cose che immaginiamo si realizzano”
“Non hai le prove del rapporto causa-effetto. Non siamo noi, è che quel qualcosa era nell'aria, noi lo abbiamo immaginato come tanti altri. Se immagino che non esista più il cancro...”
“Non vale immaginare un desiderio, è così difficile?”
“No, hai ragione. È la stanchezza. È stata una giornata pesante. Ci sentiamo domani. Ci sei, domani?”
“Io ci sono sempre, Alex”
“Lo so, Ester. Ciao”
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Questo racconto è stato candidato al Premio Italia 2021 nella categoria
"Racconto di autore italiano su pubblicazione amatoriale" .
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Interessante dialogo!
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